3 giugno 2012
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Biografia di Antonio Sciortino
• Delia (Caltanissetta) 28 luglio 1954. Frate paolino. Giornalista. Direttore del settimanale Famiglia Cristiana.
• Secondo di sei figli. Il padre Calogero era impiegato in un negozio di scarpe, la mamma Grazia casalinga. Quando Pino, il fratello più grande, faceva i compiti, Antonio gli si metteva vicino e stava a guardare. Imparò così a leggere e il padre, previo esame davanti al Provveditore (che diede al bambino un giornale da declamare ad alta voce), lo iscrisse direttamente in seconda classe. I due fratelli si trovarono così a scuola insieme e insieme andarono poi al seminario vescovile di Caltanissetta (e presero poi tutt’e due gli ordini).
• In seminario vennero un giorno due paolini a spiegare la missione della Compagnia: così come aveva fatto San Paolo, essi avevano ricevuto dalla Chiesa il compito di comunicare in tutte le forme possibili il messaggio del Vangelo. Incantati da quello che avevano sentito, Antonio e Pino andarono a lavorare presso i paolini di Catania, dove facevano i linotipisti o i correttori di bozze.
• Liceo ad Alba, dove si stampava (e si stampa) Famiglia. Qui tutte le settimane veniva a chiudere il giornale don Giuseppe Zilli, che fu direttore dal 1954 al 1980. Con i suoi discorsi confermò Antonio nella volontà di fare il giornalista.
• Studi di filosofia presso la Pontificia Facoltà San Bonaventura, di teologia presso l’Università Pontificia Gregoriana. Studiando, lavorò alle riviste interne della San Paolo, poi frequentò il corso di giornalismo presso la Cattolica di Milano. Dal 1984 a Famiglia Cristiana, il direttore don Leonardo Zega gli diede sei mesi di tempo per dimostrare quello che valeva. Dopo quattro anni lo nominò condirettore. Dall’8 agosto 1999 è direttore: «Riservato, cordiale, poco versato nei rapporti “politici”, lo descrivono. Non certo un portento della comunicazione giornalistica come don Giuseppe Zilli, il direttore-sacerdote che in trent’anni, dal 1954, trasformò Famiglia cristiana in un impero editoriale. E neanche un sacerdote-direttore come don Leonardo Zega, accorto e abile nel tenere il timone progressista della rivista attraverso due agitati decenni di rivoluzione wojtyliana, dal 1981 al 1997. La vera passione di don Sciortino è piuttosto lo spettacolo, nel senso della comunicazione pop» (Maurizio Crippa).
• Critiche, anche per questo: «Del resto quando una rivista cristiana sceglie la discoteca Alcatraz di Milano per reclamizzare un restyling all’insegna dello slogan, applaudito da Dario Fo, “Non è mica casa e chiesa»”, poi non bisogna chiedersi perché tanti buoni credenti la caccino di casa e una moltitudine di parrocchie la rimuovano dal bancone della chiesa e neppure lamentarsi se in giro qualcuno la chiama Fanghiglia Cristiana» (Stefano Lorenzetto).
• Ma la polemica più forte è stata quella scoppiata con il governo nell’estate del 2008 in seguito all’editoriale “Il presidente spazzino nell’Italia da marciapiede”, in cui denunciava «il rischio di una guerra tra poveri», certe «buffonate» dell’esecutivo e «l’inutile gioco dei soldatini nelle città», rinforzato poi da un articolo di Beppe Del Colle, uscito nel numero successivo, in cui il giornale si augurava che non rinascesse, «sotto altre forme», il fascismo. Il Vaticano prese le distanze ufficialmente da questa posizione, ma il papa, la domenica successiva, si raccomandò di non cedere a «nuovi razzismi».
• «La dislocazione del settimanale non è così schematica. Per esempio negli ultimi anni, dopo ripetute correzioni, ammonizioni, censure e normalizzazioni, si era un po’ smosciato. Vedi le copertine su santi, papi, fiction religiose, temi tranquilli o confessionali. Inoltre, qualche mese fa Famiglia Cristiana aveva fatto notizia perché ce l’aveva con il Pd, “pasticcio in salsa pannelliana”; promuoveva appelli contro la legge sull’aborto; sosteneva che per una ragione o per l’altra il povero Veltroni stava tradendo i cattolici; fino a prospettare una scissione dell’ala ex democristiana. E adesso invece, quasi all’improvviso, dàgli al governo: la Finanziaria è sbagliata, la sicurezza è esagerata, le starlette guidano i ministeri, il presidente si fa le leggi ad personam e si coltivano istinti razzisti andando a prendere le impronte ai piccoli rom» (Filippo Ceccarelli).
• «Il ventennio di Berlusconi è finito. Ed è finito anche il berlusconismo, che era peggio di Berlusconi. Il berlusconismo è populismo. Al centro c’è il successo, l’arrivismo, l’interesse di parte. Una concezione che ha spaccato la politica e anche il mondo del cattolicesimo (…) La democrazia dal ventennio un pochino stritolata, le istituzioni sono state messe una contro l’altra, il potere è finito nelle mani di una sola persona» (a Giorgio Dell’Arti) [Come sarà il 2014, Clichy 2013].