3 giugno 2012
Tags : Renato Giuseppe Schifani
Biografia di Renato Giuseppe Schifani
• Palermo 11 maggio 1950. Politico. Senatore, eletto nel 1996, 2001, 2006, 2008 e 2013 (Forza Italia, Pdl). Presidente del Senato dal 29 aprile 2008 al 14 marzo 2013. Dapprima fedele a Berlusconi in Forza Italia, a novembre 2013 aderì al Nuovo Centrodestra e ne fu presidente fino ad aprile 2014. «Nell’ipnotica partita a ping pong tra Berlusconi e Alfano, in questo gioco di furbizie e omissioni, lui, a volte deve avere l’impressione di essere la stranita pallina» (Salvatore Merlo) [Fog 1/11/2013].
• Figlio di una coppia di impiegati. Laurea in Giurisprudenza. «110 e lode. Vinsi un concorso al Banco di Sicilia. Quando entrai in banca dissi a me stesso: “Da qui devo andare via”. Cominciai a fare pratica legale il pomeriggio e a studiare la notte. Dopo due anni ero avvocato».
• «Nel 1994 nacquero i club di Forza Italia, conobbi Gianfranco Miccichè che mi propose di occuparmi dei dipartimenti, del reclutamento delle intellighenzie. Cominciai a girare tutta la Sicilia. Nel 1996 venni eletto in Parlamento».
• «Non perde mai il controllo della situazione. Una volta si presentò al cinema, a Palermo, e nella calca provò a far largo alla sua signora al grido di “lei non sa che tesserino ho io”. Ne nacque un parapiglia, un giornale pubblicò, ma fu costretto a un articolo di rettifica. Schifani diventò famoso, con la consegna di un “Tapiro d’oro”. Non andò meglio a Filippo Mancuso, che lo tacciò come “esperto in recupero crediti”: ne sortì una litania di amicali sentimenti feriti. E così pure quando notò, a proposito del conflitto di interessi di Berlusconi, che pure il conte di Cavour ne soffriva, e non poco. Valse a nulla che Rosario Romeo obiettasse che “il conte però vendette tutto prima di ricoprire cariche”» (Antonella Rampino).
• Nel 2003, capogruppo di Forza Italia al Senato, primo firmatario di un emendamento che quasi subito si chiamò per questo “lodo Schifani” (era stato per pochi giorni il lodo Berlusconi, sostituiva il lodo Maccanico): la norma prevedeva che non potessero essere sottoposti a processi penali «per qualsiasi reato, anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime», i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio e della Consulta, salvo per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione. Un adeguamento dell’Italia alle moderne democrazie che attendono l’espletamento delle funzioni istituzionali prima di poter mettere sotto inchiesta, se del caso, le alte cariche dello Stato, secondo la maggioranza di allora (centrodestra) che lo proponeva. «Un indultone per Berlusconi» (Bordon), una norma incostituzionale e immorale, per l’opposizione. Il provvedimento fu approvato nello stesso anno, ma nel 2004 venne bocciato dalla Corte costituzionale. Tornò, in un adattamento aggiornato e corretto, come “lodo Schifani bis” quindi all’approvazione come lodo Alfano (ministro della Giustizia nel Berlusconi IV) nell’estate 2008. La Consulta non l’aveva respinto in toto. «A uscire bocciato quattro anni or sono “per illegittimità costituzionale” era un solo articolo della legge, il numero uno, che nella versione attuale risulta tolto di mezzo (...) C’è poi il giudizio di “un interesse apprezzabile” formulato dai giudici, a proposito della norma originaria. Ossia il riconoscimento della “tutela del bene costituito dall’assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche”, interesse che “può essere tutelato in armonia con i princìpi fondamentali dello Stato di diritto» (Marzio Breda).
• A maggio 2008 Marco Travaglio lo accusò durante la trasmissione tv Che tempo che fa di avere «amici mafiosi». Annunciò querela («azione altamente diffamatoria»). Il 18 giugno 2010, Travaglio fu condannato dal tribunale di Torino, VII sezione civile, a risarcire 16.000 euro a Schifani, che ne aveva chiesti 1.750.000.
• «Nonostante la sicilianità, Renato non è mai stato accostato alla mafia, se non capziosamente da Travaglio e affini, condannati a pagare i danni. L’uomo è questo: più luci che ombre, nessun bagliore» (Giancarlo Perna) [Grn 4/2/2013].
• Giuseppe D’Avanzo: «Le lontane “amicizie pericolose” di Schifani furono raccontate per la prima volta, e ripetutamente, da Repubblica nel 2002 (da Enrico Bellavia). In quell’anno furono riprese dall’Espresso (da Franco Giustolisi e Marco Lillo). Nel 2004 le si potevano leggere in Voglia di mafia (di Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo, Carocci). Tre anni dopo in I complici (di Lirio Abbate e Peter Gomez, Fazi). Se dei legami dubbi di Schifani non si è più parlato non è per ottusità, opportunismo o codardia né, come dice spensieratamente Travaglio a un sempre sorridente Fabio Fazio, perché l’agenda delle notizie è dettata dalla politica ai giornali (a tutti i giornali?). Non se n’è più parlato perché un lavoro di ricerca indipendente non ha offerto alcun, ulteriore e decisivo, elemento di verità. Siamo fermi al punto di partenza. Quasi trent’anni fa Schifani è stato in società con un tipo che, nel 1994, fonda un circolo di Forza Italia a Villabate e, quattro anni dopo, viene processato come mafioso».
• «È più adulatore Bondi o Schifani? “Io voglio molto bene a Bondi. Lui voleva espiare la sua esperienza comunista e vede in Berlusconi l’uomo che lo ha salvato. Schifani è un caso imbarazzante. Ci sono due adulazioni, una dolce e positiva, di Bondi, e una reale e forte, di Schifani”» (Sergio Scalpelli a Claudio Sabelli Fioretti).
• «Questo è Schifani: un’assennatezza al servizio della sopravvivenza nella convinzione – democratica e antifascista – che cento giorni nel gregge sono più fruttuosi di uno da leone» (Perna, cit.).
• Tifa per il Milan: «Sin da bambino. Erano i tempi di Rivera e di Nereo Rocco. Il Milan è la squadra che mi ha dato e mi dà grandi emozioni prestigiose, grandi risultati, grandi campioni. Ma che non incontri il Palermo: allora il mio cuore batte in una sola direzione...».
• Ha superato l’imbarazzo della caduta dei capelli: «Una calvizie, quella di Schifani, che, dai suoi esordi in politica (1996), attirò l’attenzione universale. Infatti, non accettando la progressiva perdita delle chiome, Renato si era fatto un vistoso riporto detto “riportone Schifani” – colossale opera di ingegneria tricologica. Fu probabilmente il Cav, molto sensibile in materia, a suggerirgli di liberarsi di quella posticceria. Fatto sta che, quando nel 2006 la fece fuori, fu lui il primo a complimentarsi con Renato del suo attuale look dicendogli pubblicamente: “Sei un gran figo”» (Perna, cit.).
• Appassionato di pesca subacquea, che praticava in apnea: «Poi un amico compagno di pesca, a causa di un incidente subacqueo, è morto e io ho cominciato a immergermi con le bombole» (a Giulia Cerasoli) [Chi 25/5/2011]. Vacanze espressamente dedicate alle immersioni, Maldive e Favignana tra le destinazioni predilette.
• A tavola ama le vongole, ma che gli vengano servite sgusciate.
• «Freno a mano»: era il nomignolo che gli avevano dato gli amici di Palermo. Motivo: era un tipo piuttosto prudente.
• Sposato con Franca Oliveri, due figli: Andrea, laureato all’università Lumsa di Palermo, e Roberto, avvocato civilista, marito di Antonella e papà di Clara.