Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Giovanni Scattone

• Roma 7 febbraio 1968. Professore di storia e filosofia, condannato insieme a Salvatore Ferraro per il delitto della studentessa Marta Russo (9 maggio 1997), uccisa da un colpo d’arma da fuoco mentre camminava lungo un vialetto dell’Università La Sapienza di Roma. «Sono innocente. Non c’è l’arma del delitto. Non c’è un movente. E anche nella testimonianza decisiva dell’Alletto ci sono molte contraddizioni».
• «Il caso Marta Russo è stato uno dei processi più controversi e discussi degli ultimi anni e ha suscitato polemiche anche in Parlamento. Giovanni Scattone è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione, il 15 dicembre 2003, a cinque anni e quattro mesi di reclusione per omicidio colposo. Al suo amico e collega Salvatore Ferraro furono inflitti quattro anni e due mesi. Scattone ha passato in cella complessivamente due anni e 4 mesi. Il 2 aprile del 2004 uscì dal carcere di Rebibbia e il tribunale di sorveglianza di Roma decise di ammetterlo in prova ai servizi sociali, alla formazione dei portatori di handicap» (Federica Angeli).
• «Se fossi stato io, l’avrei confessato subito, risparmiandomi mesi di carcere. In assenza di qualsiasi movente, l’unica tesi credibile sarebbe stata quella di un incidente: confessare l’omicidio colposo avrebbe significato, tra patteggiamento e condizionale, uscire dopo pochi giorni. Mi sarebbe convenuto confessare. Anche nell’ipotesi assurda del delitto gratuito. Se avessi detto che mi era partito involontariamente un colpo, sarei stato sicuramente creduto o comunque nessuno mi avrebbe potuto smentire. Ancora più assurda, se fossi stato io a sparare, sarebbe stata la posizione di Salvatore Ferraro. Accusandomi, sarebbe uscito subito e definitivamente dal carcere».
• Polemiche nell’ottobre 2005 quando fu nominato supplente di Storia e filosofia al liceo scientifico Primo Levi di Roma. Lui si giustificò: «Devo lavorare per risarcire i genitori di Marta Russo».
• Nel novembre del 2011 Scattone va a insegnare storia e filosofia al liceo scientifico Cavour di Roma, lo stesso dove si diplomò la ragazza uccisa. Diede le dimissioni dopo una settimana: «Io non lo sapevo che in quel liceo aveva studiato Marta Russo. Quando l’ho saputo era ormai troppo tardi, s’è scatenato un pandemonio, dei ragazzi di estrema destra si sono presentati davanti scuola con uno striscione enorme: “Scattone assassino”. Insomma, impossibile continuare a insegnare, al Cavour come in un’altra scuola. Così, l’unica strada responsabile era rinunciare alla cattedra. (…) Ho pagato, ho scontato la mia pena e da sei anni faccio supplenze nei licei romani. Al Cavour facevo nove ore alla settimana di supplenza per meno di 800 euro al mese. Con quelle io e mia moglie tiravamo avanti: ora lei proverà a chiedere di fare la commessa in un negozio. Io cercherò di trovare un altro lavoro. Insomma, ci arrangeremo».
• Il 5 maggio del 2011 il giudice della tredicesima sezione del tribunale civile di Roma, Roberto Parziale, riduce le somme che Scattone e Ferraro dovranno risarcire ai familiari di Marta Russo: da 199 milioni ad un solo milione di euro. [Cds 6/5/2011]
• Cinzia Giorgio, detta Giò, caschetto nero, minuta, decisa, originaria di Venosa, Potenza, laureata in Lettere all’Università di Napoli. Lei, invaghitasi di Scattone nel 1998, seguì tutto il processo e, quando lui si fece i diciotto mesi di carcere preventivo a Regina Coeli era una delle tante fan che gli scrivevano: tra le lettere, lunghe poesie su Napoli. Lei ricorda: «Un mio amico, che all’epoca difendeva Salvatore Ferraro, mi parlò di quei due ragazzi che, a suo dire, erano stati ingiustamente accusati. Ho iniziato a scrivere a Giovanni, poi c’è stato il colpo di fulmine».