3 giugno 2012
Tags : Furio Scarpelli
Biografia di Furio Scarpelli
• Roma 16 dicembre 1919 – Roma 20 aprile 2010. Sceneggiatore. «L’Italia passa per essere un paese di superficiali. Ma nel cinema non lo siamo mai stati».
• In coppia con Age (Agenore Incrocci, 1919-2005) ha firmato capolavori come La grande guerra e I compagni (Monicelli). Nastro d’argento 1959 per I soliti ignoti (Monicelli), 1965 per Sedotta e abbandonata (Germi), 1967 per Signore e Signori (Germi); David di Donatello 1975 per Romanzo popolare (Monicelli), Nastro 1980 per La terrazza (Scola), David e Nastro 1987 per La famiglia (Scola), David 1996 per Celluloide (Lizzani). Da ultimo Baciami Piccina (Cimpanelli 2006) e N - Io e Napoleone (Virzì 2006), entrambi scritti insieme al figlio Giacomo, che ha seguito le sue orme.
• «Uno dei più grandi sceneggiatori del cinema italiano. Possiede la dote rara della semplicità, dote che solo i grandi hanno. Si appassiona nel raccontare i segreti della scrittura, le differenze tra il descrivere e il narrare; l’arte di Henry James, quel certo racconto di Cechov, pubblicato con titoli diversi “che è un vero capolavoro ed è una lunghissima descrizione, e alla fine hai visto la fabbrica, gli operai, la figlia dell’industriale chiusa nella depressione. Pagine perfette”» (Silvia Fumarola).
• «Chi comincia a scrivere per il cinema deve sapere che cosa lo deve animare. Non solo scrivere un testo che diventerà film: distaccato da ogni responsabilità. Vengono fuori solo frescacce. Gli spunti devono venire dalla società. La domanda da farsi non è che film potrebbe venir fuori dal tale testo, ma dove nasce quel testo che dovrebbe far venire fuori un film. Lo spirito che una volta ispirava il cinema era semplice, lo si poteva condensare in poche parole: l’osservazione del reale, un nuovo spirito ricostruttivo, l’ironia unita alla drammaticità. Un insieme che si è espresso in tanti modi: commedia, neorealismo, i filoni di genere. Il modo lo stile il tono sono fondamentali. La vicenda in sé si compra dal tabaccaio. Il giovane che vuole scrivere o diventare regista al quale domandi perché, risponde “perché mi piace il cinema”. Ma si deve pretendere di più».
• «La forza della verità è impalpabile ma potentissima. Il successo di certe commedie che noi abbiamo fatto era questo: avevamo l’orecchio sul selciato, e lo spettatore lo sentiva. Anche se poi veniva tutto affidato all’immaginazione di Sordi. Ogni volta che torni a mettere l’orecchio sul selciato e senti il pulsare del cuore di quello che c’è dentro, è più difficile sbagliare» (da un’intervista di Paolo D’Agostini).
• «Un grande signore dotato di una grande cultura non solo letteraria, ma anche musicale. Uno che aveva letto i grandi classici russi da Cechov a Gogol e anche letterati francesi come Maupassant, tutti autori a cui non ha mai nascosto di aver attinto» (Carlo Verdone). «Un fine intellettuale con un profondo senso del valore di un linguaggio popolare che ha fatto grande il cinema italiano e ha onorato il Paese che amava e che lo faceva soffrire» (Walter Veltroni).