3 giugno 2012
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Biografia di Lucetta Scaraffia
• (Lucia) Torino 23 giugno 1948. Storico. Insegna all’Università La Sapienza di Roma. È membro del Comitato nazionale per la bioetica. Scrive sull’Osservatore romano.
• Cattolica, studiosa delle donne, soprattutto sotto la specie religiosa (Santa Rita, Francesca Cabrini). Ha curato con Eugenia Roccella il volume Italiane, 247 ritratti femminili (Poligrafico, 2004). Altri libri, più di recente: Due in una carne. Chiesa e sessualità, con Margherita Pelaja (Laterza 2008), Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati, con Eraldo Affinati (Lindau 2012), Per una storia dell’eugenetica. Il pericolo delle buone intenzioni (Morcelliana 2013).
• Sorella di Giuseppe Scaraffia, moglie di Ernesto Galli Della Loggia.
• Un primo matrimonio, con un compagno di università della Statale di Milano, dichiarato nullo dal Tribunale del vicariato di Roma: «“Mi sposai in chiesa solo per accontentare mia madre. Era il 1971. A celebrare le nozze fu il cappellano di San Vittore”. Nel 1982 ebbe una figlia con lo storico Gabriele Ranzato, anch’egli reduce da un matrimonio fallito» (a Stefano Lorenzetto) [Pan 1/9/2009].
• Già vicepresidente di Scienza e Vita (associazione in cui milita tra l’altro la senatrice teodem Paola Binetti); nel 2008 si candidò a Roma con una lista civica pro Rutelli (non eletta). «Non sono una ex femminista, ma una femminista che si batte da tempo contro “il pensiero unico femminista”».
• Un suo articolo sull’Osservatore romano del 3 settembre 2008 proponeva (implicitamente) di riconsiderare la possibilità di definire la morte in base all’arresto cardiocircolatorio (come si faceva prima del 1968) invece che in base all’encefalogramma piatto, come avviene dopo il rapporto di Harvard (1968). Una decisione di questo genere avrebbe conseguenze enormi, per esempio, sulla disciplina dei trapianti e sulle decisioni relative agli interventi di eutanasia o di non accanimento terapeutico (vedi anche Eluana Englaro e Mina Welby). Dopo l’uscita dell’articolo, la Santa sede precisò che non rappresentava l’attuale punto di vista della Chiesa (che accetta il rapporto di Harvard).
• «M’ero limitata a recensire due libri sul fine vita. L’Unità è arrivata a sostenere che per colpa mia sono morti alcuni pazienti in attesa di trapianto. Persino The Economist e Le Monde hanno riconosciuto che ho posto un problema reale, che la discussione su questo tema spinoso è aperta in tutto il mondo. Solo in Italia sembra proibito parlarne» (a Lorenzetto, cit.). «Le polemiche divamparono. Molte vennero dai più autorevoli esponenti del mondo cattolico. Ma qui occorre dire una cosa: anche se l’articolo portò il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, a precisare che non si trattava di “un atto del magistero della chiesa né un documento di un organismo pontificio” e che le riflessioni ivi espresse erano “ascrivibili all’autrice del testo e non impegnano la Santa Sede”, probabilmente quella volta il pensiero espresso dalla Scaraffia non era tanto lontano da ciò che pensa Joseph Ratzinger in merito» (Paolo Rodari) [Fog 13/2/2010].
• Ammette di sentirsi poco a suo agio nell’Italia di oggi, e di trovare i giovani sempre più incolti e smarriti: «L’altro giorno citavo un passo della Divina commedia. Alza la mano un ragazza: “Professoressa, mi può ripetere titolo e autore?”. Io, pronta a tutto, ripeto. E lei: “Mi può ricordare per favore la trama?”. Lo spreco della gioventù è tristissimo» (a Lorenzetto, cit.).