3 giugno 2012
Tags : Edoardo Sanguineti
Biografia di Edoardo Sanguineti
• Genova 9 dicembre 1930 – Genova 18 maggio 2010. Poeta. Traduttore. Critico. «L’odio di classe è come il segreto di Pulcinella: c’è ma non se ne parla. Allora io propongo la sua restaurazione. I potenti odiano i poveri e il proletariato deve rispondere all’odio della borghesia con lo stesso sentimento».
• «Cavaliere di Gran Croce e Corona d’Oro per la poesia in Macedonia, è anche Faraone Poetico dell’Istituto patafisico di Milano, nonché, così la biografia, Satrapo Trascendentale. Titoli che parodiano il filone ludico-ironico delle sue bizzarrie linguistiche: le poesie di Laborintus (1956), Triperuno (1964), Bisbidis (1987), o saggi come Ghirigori e Scribilli. Vena risalente all’antologia dei Novissimi, 1961. Da lì sbocciò il Gruppo 63: scrittori, poeti, studiosi d’estetica (c’era pure Umberto Eco), a caccia di nuove forme espressive. Sanguineti non era ancora accademico di Letteratura (in ruolo dal 1968 al 2000, nelle università di Torino, Salerno e Genova, la sua città). In un dibattito del 1965, con Calvino, Citati e Fortini (secondo il quale l’ideologia del Gruppo 63 coincideva con quella del consenso), Sanguineti spiegava: “La nuova letteratura non vuole più sentirsi dogliosa per poteri fittizi che ha smarrito e dei quali non sente alcuna nostalgia”. “Fui lungimirante quando proposi il titolo di Novissimi per la nostra antologia poetica (con Balestrini, Giuliani, Pagliarani e Porta). Da un lato, c’era l’idea di essere estremi, in tono vagamente apocalittico, come antipoesia rispetto al gusto dell’epoca; dall’altro, mi sembrava l’ultimo movimento possibile, rispetto a una certa condizione culturale. Pur con qualche goffaggine nei casi meno insigni, il gruppo produsse un risveglio cui non si sotrasse neanche Calvino, il quale cambiò pure lui modalità di scrittura. Fu una cosa contagiosa, i cui esiti mi sembrano ancora validi. Sostenevo che compito del critico è non di ‘missione’ ma di ‘dimissione’. Il problema non è stabilire ciò che è bello o ciò che è poesia, quanto di farsi storici: uscire fuori dalla categoria giudicante dei critici, verso un’interpretazione storica concreta. La ‘missione’, insomma, è di dare le dimissioni da critico ‘puro’”. S’è collaudato in responsabilità istituzionali: consigliere al Comune di Genova, nel 1976; deputato (1979-1983), indipendente nelle liste del Pci. “Per me era un impegno significativo, in circostanze di rischio per le istituzioni repubblicane, negli anni del terrorismo. Ma i miei compiti di militante li ho svolti molto più nel lavoro culturale che partecipando alle istituzioni politiche. Non si può fare tutto nella vita. O ci si dedica alla politica, o si cerca, da intellettuali, di sviluppare la propria azione sul terreno culturale”» (Pietro M. Trivelli).
• Nel 2007, candidato della «sinistra diffusa» (Pdci, Rc, Unione a Sinistra) alle primarie del centrosinistra per la scelta del sindaco di Genova, pronunciò la frase messa all’inizio di questa voce (prese il 14% dei voti). Imbarazzò non poco gli stessi alleati con un’altra opinione sui fatti di piazza Tienanmen: «Quelli erano dei ragazzi, poveretti, sedotti da mitologie occidentali, un poco come quelli che esultarono quando cadde il Muro. Insomma, erano dei ragazzi che volevano la Coca-Cola». Nel 2008 ha firmato l’appello per votare la Sinistra l’Arcobaleno.
• Nel 2007 una sua canzone affidata alla cantante-attrice Ottavia Fusco non fu ammessa al Festival di Sanremo. I primi versi recitavano: Vola colombo, vola nella gabbia: «In pratica ho creato una commistione fra la Carmen di Bizet e una serie di uccelli citati da Dante nell’ Inferno nel canto di Paolo e Francesca come lo stornello e l’usignolo. Naturalmente l’attacco strizzava l’occhio all’indimenticabile «Vola colomba». Insomma era una canzone d’amore in un allegro mix fra sacro e profano».
• Nell’agosto 2008 il suo saggio Smorfie (Feltrinelli 2007) vinse il premio intitolato a Giuseppe Tomasi Lampedusa, che Sanguineti andò regolarmente a ritirare dalle mani del regista Giuseppe Tornatore. Il critico letterario Franco Cordelli, sul Corriere della Sera, se ne indignò: «Negli anni Settanta si aveva, di Edoardo Sanguineti, questa idea: che fosse un buon poeta, diciamo un poeta medio. Aveva cominciato interpretando a modo suo la lezione dei Cantos di Pound, un modo che a tanti, a troppi, sembrava rivoluzionario di per sé e che era una variazione sul tema. Poi, col passare del tempo, ammorbidendo quel suo modo irto e iper-ellittico, Sanguineti era diventato un poeta intimista, perfino crepuscolare. Non aveva scritto quel bel saggio su Guido Gozzano? Ecco, il saggio su Gozzano; ma anche quello su Moravia, ritenuto a torto o ragione un suo bersaglio polemico, e i saggi danteschi: quanto bastava per fondare la convinzione che il saggista Sanguineti fosse un buon saggista, migliore del poeta. Personalmente, anch’io avevo questa idea. La cambiai vent’anni dopo, proprio leggendo il saggio che Sanguineti dedicò a Tomasi di Lampedusa e al suo Gattopardo. Quel saggio, lo dico senza filtri, senza infingimenti, era un orrore! Non riesco a capire come, ancora oggi, lo si possa considerare in modo serio (...) questo premio è intitolato, appunto, ad un nemico simbolico di Sanguineti, quali che siano i distinguo, ovvero gli apprezzamenti successivi. Pazzia della giuria o sua larghezza di vedute? O, per essere maliziosi, uno schiaffo morale? Infine. A questo comportamento alla moda, e benché la letteratura non sia la politica, a questo comportamento in stile Attali (vedi Alemanno-Amato) cosa segue se non un’imperturbabile accettazione del premio da parte di Sanguineti? In effetti, non si vede perché avrebbe dovuto declinare il dono. In nome di che? In nome di quale idea? In nome di quale ideale?». Pochi giorni dopo, Cesare Segre, sempre sul Corriere della Sera, difese sia Sanguineti che i giurati del Lampedusa.
• Il 18 maggio 2010 fu ricoverato d’urgenza in ospedale, a Genova: un aneurisma da giorni gli provocava lancinanti fitte all’addome. Il trasferimento in sala operatoria fu immediato, ma da lì non riemerse mai. La procura aprì un’inchiesta con l’accusa di omicidio colposo a carico di ignoti.
• Fu sposato con Luciana Garabello, quattro figli. La moglie dopo la morte di Sanguineti donò il suo patrimonio letterario, 24mila libri in tutto, alla Biblioteca Universitaria della città di Genova.