3 giugno 2012
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Biografia di Agostino Saccà
• Taurianova (Reggio Calabria) 7 febbraio 1944. Giornalista, poi manager Rai, alla guida di Raiuno, direttore generale, capo di Rai Fiction, socialista, primo collaboratore di Letizia Moratti, amico di Silvio Berlusconi, oggi produttore di successo con la su Pepito. «Sono sempre stato di sinistra. Solo che la sinistra oggi sta a destra».
• Lasciò la Rai dopo l’archiviazione dell’inchiesta che l’aveva visto indagato a Napoli per corruzione (inchiesta poi trasferita a Roma), da dicembre 2007 le trascrizioni delle telefonate in cui Silvio Berlusconi gli raccomandava alcune attrici (Evelina Manna, Elena Russo, Antonella Troise), in certi casi col presunto intento di convincere qualche senatore loro amico a far cadere il governo Prodi, avevano riempito le pagine dei giornali: «Lo scontro al calor bianco tra Berlusconi e i giudici ha avuto la sua degna conclusione in alcune esternazioni di sabato e domenica dell’ex ministro Di Pietro, il quale ha senz’altro apostrofato il premier dell’appellativo di “magnaccia” facendosi intanto fotografare alla guida di un trattore mentre miete il grano (Berlusconi, pochi giorni prima, aveva definito “cancro” certi pm). Il lenocinio di Berlusconi risulterebbe evidente dalle telefonate pubblicate dall’Espresso in cui il Cavaliere, parlando sempre con il capo di Raifiction Saccà (diciamo “sempre” perché una prima puntata di queste intercettazioni era già uscita a suo tempo), raccomanda questa o quella, oppure giudica e si lamenta, sempre di ragazze veline attrici e simili. Nel corpus reso noto dall’Espresso non è tuttavia solo Berlusconi a parlare con l’intercettato Saccà, ma un mucchio di altra gente, tra cui per esempio Minoli o Rutelli. E il bello è che sostanzialmente l’indagato-epurato Saccà non dà soddisfazione a nessuno, per cui il chiacchiericcio telefonico mostra da un lato la solita desolante Italia delle raccomandazioni, e dall’altro un funzionario, calunniatissimo e che si vorrebbe a questo punto definire integerrimo, che con le migliori maniere non dà però soddisfazione a nessuno dei potenti che lo scocciano» (Dell’Arti, 30 giugno 2008).
• Il Comitato etico della Rai giudicò invece i comportamenti di Saccà gravi perché rappresentavano una «indebita influenza esterna» sulle attività del Consiglio di amministrazione. Autosospesosi dalla direzione di Rai Fiction, dopo sei mesi fu reintegrato per sentenza del giudice del lavoro. Il 16 luglio 2008 la proposta di licenziarlo in tronco, presentata dal direttore generale della Rai Claudio Cappon, venne bocciata dalcda: votarono contro Giuliano Urbani, Angelo Maria Petroni, Gennaro Malgieri (tutti PdL) e Giovanna Bianchi Clerici (Lega); a favore Claudio Petruccioli, Nino Rizzo Nervo e Carlo Rognoni (Pd); astenuti Sandro Curzi (sinistra radicale) e Marco Staderini, Udc. Il 28 luglio però il Tribunale di Roma accolse il ricorso Rai sull’ordinanza del giudice del lavoro annullando di fatto il reintegro. In agosto l’avvicendamento con Fabrizio Del Noce deciso dal Consiglio di amministrazione (contro il quale annunciò subito il ricorso): «Ha pesato l’assenza voluta di Gennaro Malgieri (An), l’ha affossato la presenza di Marco Staderini (Udc) che ha votato no però, restando in sala, ha consentito il numero legale» (Giovanna Cavalli). Per il consigliere di maggioranza Urbani è stata «una delle pagine più nere di Viale Mazzini, non siamo riusciti a salvare il soldato Saccà. Non l’abbiamo mollato, non noi. Le intercettazioni erano robaccia: l’80 per cento non si sente proprio. Il resto è come la spazzatura napoletana».
• «Il sistema è così in tutti i paesi, solo che all’estero sono più coperti, passano meno attraverso la politica e più grazie alle lobby degli amici e dei sistemi di potere. La cosa importante è che i meccanismi di selezione siano neutrali. Alla fine io ho detto no a Letizia Moratti, no a Berlusconi, no a Gianni Letta e a tantissimi altri. Perciò sono uscito da questa vicenda più forte di prima».
• Laureato in Scienze politiche, cominciò come giornalista prima al Giornale di Calabria, poi a Panorama. Nel 1976 arrivò alla Rai (Giornale Radio) dove si occupò di cronaca. Dal 1979 al Tg3 (vi restò fino all’87), iniziò a fare carriera: caposervizio, viceredattore capo, redattore capo centrale, poi vicedirettore di Raidue. Dedicatosi alla riforma del palinsesto, accantonato il lavoro sul prodotto, passò alla guida della Direzione Promozione e immagine. Durante l’era Moratti fu direttore della Comunicazione dell’azienda. Nel 1998 tornò in tv come vicedirettore vicario, poi come direttore di Raiuno. Nel giugno 2000 fu rimosso e passò al marketing strategico, un anno dopo tornò a dirigere Raiuno. Dal febbraio 2002 al marzo 2003 fu direttore generale della Rai.
• «Il lancio ai vertici coincide con l’arrivo della Moratti: ne diventa l’assistente, anzi l’ombra, ne costruisce l’immagine interna ed esterna. Uscita la Moratti e sconfitto il Polo, coglie il frutto delle sue tessiture politiche: bussola su Forza Italia e An ma eccellenti agganci con l’universo Ds, in particolare con Claudio Velardi, gran tessitore con lui di nomine Rai. Tanta trasversalità lo porta nel 1998, con Zaccaria, alla guida di Raiuno “in quota” Polo. Ma è in quel periodo che D’Alema canticchia C’era un ragazzo da Morandi (Raiuno) e si sbilancia riconoscendone “il profilo dello statista”. Per non dire del sodalizio, poi infranto, con Michele Santoro. L’abilità tattica gli consente di sfidare col solito sorriso (e l’eterno sigaro in bocca) gli strali del Vaticano che, con Avvenire e L’Osservatore romano, se la prendono con la più contestata edizione di Domenica in in cui Anna Falchi si spoglia, rimane in baby doll e canticchia “Fammelo vede’...” con quel che segue a Tullio Solenghi il quale le pizzica il sedere. Se la cava gettando acqua sul fuoco cattolico, “monitorando” e adottando l’invincibile tattica del rinvio. Con tanti saluti alla Santa Sede e ai suoi corsivisti. Niente male per un uomo che nel tempo libero legge spesso Sant’Agostino e spesso dibatte di “qualità televisiva”. In qualche modo, insomma, l’uomo incarna l’eterna impermeabilità Rai alla critica» (Paolo Conti).
• Tra le accuse che gli sono state mosse, quella di parlare con la concorrenza per organizzare una sua società di produzione. Ha risposto spiegando che i suoi partner sarebbero stati Luca Cordero di Montezemolo, Corrado Passera, Ratan Tata: «Già il fatto che questi personaggi credessero in me la dice lunga sul valore che mi viene attribuito e dicono molto anche dell’invidia che queste cose generano sui mediocri. La Mediaset poteva essere un cliente, non un socio» (da un’intervista di Mario Sechi).
• «Forse non tutti sanno che proprio ad Agostino Saccà si deve il preclaro slogan regolarmente invocato, con un misto di sorpresa e di sconforto, davanti a tutti gli impicci, alle stranezze e alle vergogne della Rai: “Di tutto, di più”. Lo promosse lui, ormai quasi una ventina di anni orsono, come responsabile della struttura Promozione e Immagine dell’azienda» (Filippo Ceccarelli).
• «Dottor Saccà, il potente e trasversale "partito Rai", che lei ha di fatto guidato per circa tre lustri, è morto definitamente col fallimento dello sciopero di oggi contro il prelievo del governo Renzi?: "Errore clamoroso. Oggi il partito Rai, morto da tempo, è rinato. E io, ormai da fuori, ne sono felice"» (all’Huffigton Post).
• Sposato, tre figli. Poca vita sociale: «Non esco mai e vivo in una casa di 60 metri quadrati». Ha confessato un peccato d’orgoglio intellettuale: è il narcisismo di lavorare sull’immaginario del Paese e se azzecchi una fiction puoi cambiare una cultura. Questo dà un senso di potenza» .