La Gazzetta dello Sport, 1 giugno 2012
Ieri, nella solita area emiliana, la terra ha tremato altre 84 volte, con scosse fino al 4° grado della Mercalli
Ieri, nella solita area emiliana, la terra ha tremato altre 84 volte, con scosse fino al 4° grado della Mercalli. In due giorni i sommovimenti sono stati più di trecento. Gli esperti dicono che si andrà avanti così per parecchi giorni, forse per qualche mese, qualcuno dice addirittura per qualche anno. Questo significa che è problematico tornare a lavorare. Questione gravissima e, nella storia dei terremoti italiani, forse nuova: né il Belice né il Friuli né l’Irpinia né l’Umbria né l’Aquila avevano la valenza industriale del territorio squassato in questi giorni, dove si producono 9 punti di Pil (135 miliardi di euro) e dove rischiamo di perdere, per il cataclisma, un punto intero di prodotto lordo, cioè una quindicina di miliardi puliti. Con conseguenze gravi sull’indotto e sull’occupazione. A un tratto ci si rende conto che l’Emilia è una specie di ombelico del Paese, dove si concentrano le virtù del Nord e quelle del Sud, l’automobile le ceramiche e il biomedicale da una parte, l’agricoltura e l’alimentare dall’altra. Ciascuno di questi comparti fa rete, cioè ha indotto nel territorio una serie di servizi comuni, si tratta vogliamo dire di attività fortemente radicate e il terremoto le ha in questo senso colpite a cuore perché, ad esempio per il biomedicale e per l’high tech in genere, si discute adesso se non sarebbe il caso di traslocare da qualche altra parte. Gli inglesi della Titan (metalmeccanica) hanno già deciso di spostare per qualche mese la produzione in Turchia e Francia. Avevano 33 mila metri quadri di capannoni a Finale Emilia ed è andato tutto in malora. I 250 dipendenti sono in cassa integrazione. Fatturavano 70 milioni di euro.
• Che accadrà tra “qualche mese”?
La risposta è: «Si vedrà». Quali sono le caratteristiche geologiche vere dell’area colpita dal terremoto? Quante probabilità ci sono che i sussulti continuino o che torni magari un sisma di intensità uguale o più forte? Squinzi ha ragione quando giustifica gli imprenditori che avevano ripreso a lavorare: l’area non era stata giudicata sismica, si poteva costruire a un costo compatibile. Che succederà se per ottenere il permesso di innalzare un capannone bisognerà obbedire a norme antisismiche severe? Ci vorranno investimenti più forti e allora una multinazionale potrebbe essere indotta a trasferirsi in qualche posto del mondo dove la terra non trema e costruire costa meno.
• Si può fare un quadro generale della situazione sotto questo punto di vista?
La valutazione di una perdita pari a un punto di Pil è del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. La Cgil dell’Emilia-Romagna ha calcolato che le aziende crollate sono 3.500 e le persone rimaste senza lavoro per questo sono ventimila: cinquemila nella meccanica, quattromila nell’alimentare, altre quattromila nel biomedicale, duemila nella ceramica.
• Che cos’è il “biomedicale”?
È la tecnologia applicata alla sanità. Esclusi i farmaci, naturalmente. Intesa San Paolo ha messo questo distretto tra i venti poli ad alta tecnologia del Paese. Stiamo parlando di 800 milioni di fatturato, con un centinaio di aziende e, appunto, quattromila addetti che fanno capo soprattutto a Mirandola. Di queste cento aziende, un quarto sono di taglia media e hanno dietro, oltre alle solite famiglie, anche multinazionali e fondi di private equity. Dario Di Vico ha scritto ieri sul “Corriere” che è indispensabile prendere decisioni che salvino tutto il distretto, magari spostando la produzione di qualche chilometro, in zona sicura. È giusto: se ognuno decide per sé, è pressoché certa la dissoluzione del comparto con danni incalcolabili per l’intera Emilia. Ma a prendere decisioni che riguardano tutti può provvedere solo la politica. E qui mi fermo.
• Siamo tutti rimasti impressionati da quelle forme di parmigiano deformate…
Il 20 maggio sono andate a remengo 70 mila forme, l’altro giorno ne sono state colpite altre 260 mila. Danni per 70 milioni, relativi al solo grana padano. L’aceto balsamico ha perso 15 milioni. Coldiretti e Cia stimano, tra macchinari distrutti, animali morti, crolli e sversamenti di prodotti nelle campagne, fienili, stalle, stabilimenti per la lavorazione della frutta danneggiati o inutilizzabili, che sia andato in fumo un mezzo miliardo di euro. Il sindaco di Mirandola, Maino Benetti, ha interdetto finora cinquemila imprese. Renzo Vacondio, amministratore delegato di Ceramica Moma, intervistato da Elvira Serra, valuta i danni diretti in cinque milioni: «I miei forni si sono spostati di altri cinque centimetri, che si sommano ai venticinque centimetri di domenica scorsa». Dice che ogni giorno di fermo costa centinaia di migliaia di euro.
• Mi pare che dobbiamo abbandonare la speranza di non vedere l’Iva aumentata in settembre.
Dobbiamo sperare che l’aumento sia di soli due punti, come previsto fino ad ora.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 1 giugno 2012]