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 2012  giugno 01 Venerdì calendario

Biografia di Vasco Rossi

• Zocca (Modena) 7 febbraio 1952. Cantante. Autore. Tra i suoi più grandi successi: Albachiara (1979), Colpa d’Alfredo (1980), Vado al massimo (presentata nell’82 al Festival di Sanremo), Vita spericolata (Sanremo 1983), Bollicine (vincitrice del Festivalbar 1983), C’è chi dice no (1987), Liberi liberi (1989), Gli spari sopra (1993), Un senso (2004, Nastro d’argento 2005 come miglior canzone originale in Non ti muovere, di Sergio Castellitto). «Non sono un drogato, ma neppure un borghese travestito da balordo».
Vita Figlio di un camionista, nel 1965 vinse a Modena il concorso Usignolo d’oro (con la canzone Come nelle fiabe). Nel 1979 il padre morì: «Ero con un piede sul palco e l’altro all’università, fuori corso. È stato un momento terribile. Da lì sono scaturite la rabbia, la cattiveria, la grinta che hanno alimentato il mio talento. E la creatività, che a me viene solo quando sono con le spalle al muro».
• «“Scrissi Vado al massimo e sfidai Sanremo perché non avevo scelta” racconta “perché tutto stava andando da cani, ero nella merda fino al collo. Se fossi tornato a Zocca da perdente mi avrebbero fatto a fette”. Ci tornò l’anno dopo con Vita spericolata, il suo manifesto. “Mi dissi, se vogliamo uscire dall’Emilia e entrare in Italia dobbiamo passare per Sanremo”. Ma dall’Emilia, in fondo, non è mai uscito. Gli anni in cui era un dj di Punto Radio sono ancora lì dietro. Ricorda ancora quando invitò Zero a suonare a Zocca. “Avevo da poco scoperto Springsteen, ma mi piaceva anche Renato. Vennero in quindici a vederlo, ma lui fece uno spettacolo come se ce ne fossero diecimila. Alla radio passavamo Madame ogni dieci minuti, e l’anno dopo tornò da star”. Le sue “fughe” da Zocca sono rimaste leggendarie: “Avevo voglia di evadere, ma non ce la feci. Fuggii a Modena, volevo andare a Milano, ma per qualche ragione rimasi bloccato a Bologna”. Dentro il suo stupore esistenziale – la provincia è rassicurante quando si naviga nell’incertezza – ciondola come un rocker di razza. È finito in manette per droga nell’84, come Keith Richards o come i tanti molestatori di lolite degli anni Cinquanta, da Buddy Holly a Chuck Berry. Se non fosse la compagna Laura Schmidt a tenerlo al guinzaglio (quando può) lui ne combinerebbe di tutti i colori (le lolite che lo adorano). Spiriti spericolati come Vasco hanno bisogno di stare nel nido per non cacciarsi nei guai. Non è un concetto inedito per un rocker» (Giuseppe Videtti).
• «La combriccola del Blasco è nata dalla nonna di un’amica: si era a Rimini, era tornata a casa all’alba, e mi raccontò che sua nonna il giorno dopo era incazzatissima, e non sapendo il mio nome le disse: “Voi della combriccola del Blasco...” e io aggiunsi poi: “...che son tutta gente a posto”. Altre canzoni sono nate come risposte: Siamo solo noi è una frase di mia madre che sempre mi urlava: “Sei solo te che fai questo e quello”. Non le ho mai detto che mi ha ispirato, e tanto continua a dire le stesse cose».
Tutti dissero che su Vita spericolata lei fosse ubriaco. «Non ero ubriaco, ero diversamente lucido, vorrei fosse chiaro. L’anno prima mi avevano accusato di attentare al Festival perché mi era caduto il microfono. Io non mi girai a raccoglierlo, non si fa: l’avevo imparato da Jagger» (intervistato da Carlo Moretti) [Rep 25/4/2014].
• Nel 2005 lo Iulm di Milano gli ha conferito la Laurea honoris causa: «Appena l’ho saputo mi sono scaraventato a telefonare alla mamma poverina, ci teneva tanto a quel foglio di carta».
• Nel 2007 ha pubblicato il singolo Basta poco, che non era venduto in nessun negozio e poteva essere ascoltato solo per radio o scaricato dal web; l’anno dopo l’album Il mondo che vorrei (il 15° in studio), «criticatissimo e vendutissimo». Solito successo con i concerti tenuti in tutta Italia, Vasco.08 tour, dal 29 maggio 2008: due notti all’Olimpico di Roma, due a San Siro (Milano), due ad Ancona, una a Salerno, una a Messina. In contemporanea alla prima data uno speciale di tre ore trasmesso su Raidue ne ha raccontato la storia con un’inedita testimonianza di mamma Novella (ascolti deludenti, polemiche di Michele Santoro il cui Annozero fu costretto a lasciargli spazio nel palinsesto). I concerti cominciavano con la sua voce fuori campo che citava il filosofo Spinoza: «Diceva che chi detiene il potere vuole che le persone siano affette da tristezza. Noi siamo qui questa sera per portarvi un po’ di gioia» (fu criticato per questo da Antonio Socci, a cui rispose per le rime).
• Nel marzo del 2010 Topolino gli ha dedicato una storia a fumetti, in cui Vasco è diventato il Comandante Brasko. A giugno dello stesso anno, ha tenuto il suo primo concerto in Gran Bretagna, all’Hammersmith Apollo di Londra.
• Nell’estate del 2011 è stato costretto a fermarsi perché colpito da un’infezione da stafilococco aureo, che gradualmente gli ha causato un’osteomielite al torace, un’endocardite e una polmonite: «Non una malattia, ma la mia guerra contro un batterio killer che ho battuto. La chiamano “malattia del terzo millennio”: l’11 settembre dello scorso anno (2012 – ndr) ho avuto la terza ricaduta, ho dovuto fermarmi, è stata pesantissima ma ora tutto è superato. Sono stato di nuovo in terapia intensiva, attaccato alle flebo, ho perso conoscenza per tre giorni, poi venti giorni di cure e la riabilitazione. Questo streptococco vive normalmente sulla pelle ma quando trova una ferita o un’infiammazione entra in circolo e, se ti trova con le difese immunitarie basse, comincia a distruggere tutto sino a farti fuori, in un mese. È la stessa cosa che nell’800 ha ucciso Johnny Walker, quello del whisky: si potrebbe dire di tutto e invece, guarda un po’, a me e a Johnny Walker ci unisce solo lo streptococco. Lui però è morto, io sono ancora qua: ora per fortuna ci sono gli antibiotici. (…) Negli ultimi tempi ero stanco di tutto, le dimissioni da rockstar erano figlie di questo sentimento. In realtà volevo decostruire, volevo tornare al Vasco Rossi che scrive le canzoni, abbandonare il ruolo della rockstar, che è fatto di gesti e modi di essere, di luci. Volevo tornare ad essere il cantautore che sono. Ho pensato anche al suicidio. Ma non ho visto la luce nella fede, mi ha aiutato l’affetto della mia famiglia, dei fan, mi è stato di conforto Internet» (a Filippo Ceccarelli) [Rep 31/5/2013].
• Torna sulle scene alla grande con il Live Kom 2014, sette concerti tenuti durante l’estate a Roma e Milano con cui ha raggiunto la cifra record di 390 mila spettatori. L’ultimo album, il 18° in studio, esce il 4 novembre 2014. Si intitola Sono innocente e ha tre immagini di copertina diverse: «Volevo far vedere un uomo e un artista in tre pose differenti: in una viene accusato e si difende, nell’altra è interrogato con la luce di una lampada dritta negli occhi e nell’ultima, invece, è lui che interroga e accusa. Tre stati d’animo da buono e da cattivo» (a Leonardo Iannacci) [Lib 31/10/2014].
• Il 2016 è l’anno del “Live Kom ’016 Roma”, che lo vede esibirsi il 22, 23, 26 e 27 giugno all’Olimpico: «Quattro volte non l’ha fatto nessuno, neanche Vasco Rossi, e io voglio battere Vasco Rossi, anche nel senso di picchiarlo» (a Luigi Bolognini) [Rep 15/3/2016].
• Ha riconosciuto due figli, Davide (vedi) a Roma e Lorenzo a Ferrara, concepiti lo stesso anno (1985) con due donne diverse (un fan gli scrisse: «Ma con le Lucky Strike non danno il preservativo?»). La madre di Lorenzo, Maria Gabriella Sturani, ha raccontato la loro storia a Vanity Fair: «Avevo 13 anni ed ero con mia cugina in un locale di Rimini, il Quinta dimensione, con un gruppo di amici: uno di loro conosceva Rossi. Ma era l’estate del 1980, e io figurati se sapevo chi era quello lì. Un giorno mi passa sotto le mani un album con la faccia di questo qui e io dico: ma io lui lo conosco. Così scopro che quel tipo incontrato anni prima si chiamava Vasco Rossi, che faceva il cantante e che era abbastanza famoso. Così arriviamo all’11 luglio 1983, concerto al Baccara di Lugo. Incontro uno che lavora nel suo staff, Guido Elmi, amico di mio fratello. Gli dico di portarmi da Rossi. Lui conosce i miei, prova a farmi cambiare idea, poi si arrende e mi indica la stanza di Rossi. Io entro, chiudo la porta e gli dico: “Adesso non mi scappi”». La relazione durò due anni, poi si lasciarono quando lei rimase incinta: «Quello, per Rossi, non era il momento giusto per diventare padre. Ma io decisi di tenere il bambino, forse per incoscienza, non so. Di certo non lo rimpiango» (a Deborah Dinari) [Vty 17/7/2013]. Adesso sta con Laura Schmidt, sua compagna da oltre venticinque anni, che ha sposato a Zocca il 7 luglio 2012 e dalla quale ha avuto il figlio Luca (1991).
Critica «L’aveva intuito bene, già alla fine degli anni Ottanta, Pier Vittorio Tondelli: “Con la sua faccia da contadino, la sua andatura da montanaro, la sua voce sguaiata da fumatore”, Vasco ha saputo interpretare la grande anima rock della provincia italiana, offrendo non tanto “un sublime messaggio musicale, quanto piuttosto un atteggiamento, una storia vissuta, una mitologia”. Perché Vasco ti dà l’idea, molto americana, che tutti ce la possono fare, persino tu» (Roberto Barbolini).
• «Quella di Vasco è una specie di terza via tra le canzoni festivaliere, retoriche e convenzionali, e le canzoni poesie dei cantautori, che parlano della realtà inglobando un punto di vista etico o politico. Queste, le canzoni dei cantautori, sollecitano ovviamente il coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore, ma nello stesso tempo cercano anche, se non soprattutto, il suo assenso razionale. Le canzoni di Vasco provocano invece un effetto di rispecchiamento. (...) Vasco non è immobile, fissato per sempre nell’immagine che ha dato di sé negli anni Ottanta: il fondo ribellistico nel corso degli anni si è progressivamente tramutato in disillusione, pur attenuata da qualche concessione al “politico”, tra virgolette. Eppure, non sono cambiati né il tono, pessimista e doloroso, né la sostanza, creaturale, delle cose che dice. Il successo e la maturità non lo hanno intaccato. (...) Così come è rimasto se stesso, riconoscibile, il suo linguaggio poetico. La sostanza privata delle sue canzoni si riflette nella forma dei testi: che non è la forma ordinata e razionale dei cantautori, ma una specie di flusso di coscienza o monologo interiore, fatto di parole che si ripetono, di frasi che restano in sospeso, spesso con un effetto di “parlato”. Probabilmente queste caratteristiche formali sono alcune delle più notevoli e influenti innovazioni introdotte da Vasco nello stile delle canzoni contemporanee» (dalla “laudatio” scritta da Marco Santagata, anche lui originario di Zocca, per il conferimento del diploma accademico honoris causa allo Iulm di Milano).
• «La poetica di Vasco è così: da una parte lui, il sognatore contro tutto e contro tutti, dall’altra il mondo reazionario (“Non si può fare quello che si vuole / non si può spingere solo l’acceleratore / guarda un po’ ci si deve accontentare / qui si può solo perdere / e alla fine non si perde neanche più”). L’approccio di Vasco, chioserebbero i politologi, è qualunquista. In apparenza ribelle, nei fatti attentissimo a non ferire: nient’altro che la reiterazione del “piove governo ladro”» (Andrea Scanzi).
• «Vasco è così popolare perché non è un personaggio, è una persona che richiama irresistibilmente l’Italia profonda, la provincia, la normalità. Proprio così, la normalità. Lui, l’emblema stesso della trasgressione, dello sballo, delle notti smarrite, quello che è stato in galera per il mezzo chilo di cocaina, il lupo mannaro che luma le pupe giovani sotto le luci stroboscopiche, in realtà riassume nel suo modo di essere la regolarità convenzionale delle vite di tutti. Con le sue canzoni sfondate e le sue poesie adolescenziali, non è più nemmeno una star, è uno del popolo, con il Suv strafigo, un’aurea via di mezzo fra un sottoproletario e Briatore» (Edmondo Berselli).
• «Ripete sempre che ha avuto molti problemi con le etichette che i giornali gli affibbiavano. Per esempio, “il rocker di Zocca” lo mandava in bestia. “Meglio provocautore – dice – o sennò, per farla più semplice, diciamo rockstar”» (Ranieri Polese).
Frasi «Sono cresciuto con De André: lui, Guccini e Bennato sono stati i miti della mia adolescenza. Ricordo ancora l’ansia con cui aspettavo ogni nuovo album. Amavo moltissimo anche Lucio Battisti, a differenza degli altri non faceva canzoni politiche ma questo non toglie niente alla sua bravura: io anche punto più sui temi esistenziali che su quelli politici, eppure non credo di essere un cantante disimpegnato».
• «Sul palco provo un’emozione profonda, un attacco di brividi che però devi tenere sotto controllo, sei tu che devi gestire la situazione. L’attimo prima è un attimo di panico totale, che per magia quando comincia la musica si trasforma... sono abituato, ma tutte le volte ricapita... bisogna che ti dimentichi la responsabilità. Io faccio degli incubi nei mesi precedenti: quello ricorrente è che mi dimentico le parole, è una cretinata, ma è così, le parole sono fondamentali. Cerco di scaricare la tensione con tutti i miei riti, faccio stretching, per non pensare, me ne sto in camerino da solo, mi scrivo la scaletta, perché voglio entrarci proprio dentro, l’ordine è fondamentale. Bisogna arrivare alla scaletta perfetta. Io poi parto il giorno prima del concerto, mi chiudo negli alberghi, non voglio neanche ricevere telefonate perché qualsiasi cosa mi può innervosire, voglio arrivare calmissimo sul palco. E poi c’è la preoccupazione di essere in forma... È uno sforzo enorme, perché il mio concerto è molto energetico, mi preparo, faccio un po’ di footing. Non tanto, ma almeno mezz’ora al giorno per fare il fiato. Io sono quel genere lì, il rock è una cosa fisica. Due ore prima smetto anche di fumare, che per me è incredibile. Quando non sono in concerto – e può passare tanto tempo – quello è il momento in cui devo fare i conti con me stesso, con tutti i casini della mia vita privata. È dura, io sarei tentato di stare sempre sul palco, lì tutto funziona, e invece la vita è tutta diversa».
• «In quello che scrivo io parto sempre dal testo, o meglio è il testo che divide la musica e a volte fa la melodia, io parto con la chitarra, un giro di accordi, e penso a una frase che mi viene in mente, non parto da un concetto, da un argomento, parto dalla prima frase, e poi cerco di andare avanti, spesso avviene giocando, ti lasci andare, a volte ho cominciato con frasi che nemmeno io capivo dove sarebbero andate a parare. Poi arriva la frase che dà il senso a tutto. Di sicuro scrivo più con l’istinto che con la ragione (...) Vengo da un paesino di montagna, quando tornavo a casa dopo l’università e magari usavo una parola strana, mi dicevano: hai mangiato un vocabolario?».
• «Avevo una vocina... poi con 150 concerti all’anno sui palchi della Pianura Padana si è allenata. La funzione sviluppa l’organo. La voce è cresciuta per disperazione, perché a fianco avevo Solieri che suonava la chitarra troppo forte...».
• «Da bambini, quando ti mandano in cantina a prendere qualcosa e fa buio, si canta per esorcizzare. Per questo negli stadi, davanti a 50.000, persone canto. Per fare compagnia e per esorcizzare il buio».
• «È chiaro che facendo uso di anfetamine ero pronto a bruciare la mia vita. Sono partito che dovevo risolvere i miei problemi fondamentali: cioè il sentirmi inutile a vent’anni, il venire da un paese senza prospettive, l’aver problemi economici: e pensavo che nel mondo delle rockstar si sarebbero tutti risolti. Non avevo niente da perdere, e volevo arrivare lì. Però poi se vuoi continuare a vivere devi gestirti: ho dovuto cominciare a prepararmi fisicamente ai concerti» (da un’intervista di Marinella Venegoni).
• «La marijuana è pericolosa quanto l’alcol, forse meno però sono 50 anni che viene demonizzata e continuano a dire che uccide e altre sciocchezze. Con le droghe il mondo è sempre andato avanti e non si può farle sparire con la bacchetta».
• «Sono un provocatore, non sono un profeta, né un eroe, sono una persona piena di dubbi. Io non do risposte, faccio solo domande. Non sono neanche un cattivo maestro, cattivo forse, ma sicuramente non un maestro. Non so perché mi affibbiano questa definizione, io non sono un esempio, casomai la voce di chi non ha voce». «Mi dispiace che spesso il messaggio di quella canzone (Vita spericolata – ndr) sia stato travisato e strumentalizzato per sostenere che inneggiavo al non rispetto delle regole e quant’altro. Allora avevo 31 anni e desideravo una vita spericolata nel senso di non ordinaria, non piatta o fatta di sole certezze. Ma chi del resto quando è giovane non sogna di fare esperienze emozionanti e straordinarie?» (da un’intervista di Polizia moderna).
• «I Beatles sono pop, scrivevano le canzoni con gli urletti e i coretti. Gli Stones sono sberleffo, provocazione, sesso. Quando senti Elvis non puoi stare fermo, i Beatles li puoi ascoltare addormentandoti. Tu pensa il re del rock’nroll che si vede questi quattro con i caschetti che gli rubano lo scettro: capisco perché abbia cominciato a drogarsi» (a Carlo Moretti).
• «L’ultima canzone in concerto è sempre Albachiara. Ho provato una volta a toglierla dalla scaletta ma la gente non se ne andava più... Finché non la sentono non se ne va nessuno, così la metto sempre alla fine».
• «Zocca è un posto di montagna, ma pieno di individui vivaci. Ci sono menti sopraffine a Zocca: l’astronauta Maurizio Cheli e gli scrittori Marco Santagata e Gianni Monduzzi. Siamo noi le famose teste di zocca».
Politica «Non ho mai voluto schierarmi in politica, né candidarmi alle elezioni, come mi è stato chiesto. Io poi ricordo ancora quello che mi diceva mio nonno: il voto è segreto, e come votava non lo diceva neanche a me».
• «Non ho mai avuto ideologie. Sono rimasto agli anni Settanta: a Bologna dopo il Sessantotto c’erano Lotta Continua, Potere Operaio e noi, gli anarchici, gli indiani metropolitani, facevamo teatro in strada, non pensavamo certo a sovvertire l’ordine pubblico con la rivoluzione. Ero e sono un individualista, un anarchico con una cotta per Bakunin».
Religione «Io sono agnostico, credo nell’uomo mortale e nel tempo circolare».
Vizi «Amo la barca perché si sta sempre all’aperto, come in un campeggio di lusso».
Tifo Grande fan di Valentino Rossi («Sì, come si evince dal cognome, siamo legati da una lontanissima parentela») conosciuto nel 1999 in Spagna, «Io con la mia scuderia, forte di Roberto Locatelli, poi campione del mondo nel 2000, Valentino su una 125. Ci siamo piaciuti, platonicamente s’intende, c’era feeling, niente di artificiale né di industriale, ma naturale, siamo diventati amici, adesso sento addirittura di volergli bene. Non mi perdo neanche una sua gara, in tv. Raduno figli e amici, una grande famiglia, una bella combriccola, occupiamo poltrone e divani, Coca-Cola e birre, e seguiamo la MotoGP come se fossimo lì, in pista» (da un’intervista di Marco Pastonesi).
• È interista.