1 giugno 2012
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Biografia di Paolo Rossi
• Monfalcone (Gorizia) 22 giugno 1953. Attore. Comico. Tra i suoi programmi tv più famosi: Su la testa (1992), Il laureato (1994-1995, con Chiambretti). Nel 2007 in gara al Festival di Sanremo con In Italia si sta male (si sta bene anziché no) di Rino Gaetano (il cantautore scomparso nel 1981 che a suo tempo l’aveva scartata), polemiche perché si disse che il brano era già stato eseguito nel 2005 durante un Festival a Crotone. Visto al cinema recentemente in Benvenuti al Nord (2012 di Luca Miniero, con Claudio Bisio), e in tele con Confessioni di un cabarettista di m. (Sky, 2012). Tra i suoi ultimi lavori in teatro: La cimice, di Majakovskij, (regia di Serena Sinigaglia, 2009), Il Mistero Buffo nella versione pop 2.0, (di e con Paolo Rossi, 2010), L’amore è un cane blu (di e con Paolo Rossi, 2012).
• «Sono un attore, dico delle gran palle, dove però c’è più verità che nei fatti».
• «Attore scomodo e di culto per maree di giovani» (Rodolfo Di Giammarco), «certamente il più carismatico dei teatranti della sua generazione» (Ugo Volli).
• Figlio di un repubblichino, i genitori si conobbero in una sede del Msi. «Anch’io, con papà che stava alla Solvay come mio nonno, ero destinato a fare il perito chimico. Ma mi piaceva di più il mondo dello spettacolo. Visto dal basso. Ho cominciato facendo il tuttofare nella compagnia di Gianni e Cosetta Colla. Come manovratore di marionette, addetto alle scene, ai rumori di fondo, e anche come attore. La sera, per 2.500 lire, m’impegnavo in un teatro sperimentale, il Cth di Milano (la sigla stava per Centro teatrale dell’hinterland), una cantina di 70 posti in un condominio di Via Valassina dove regnava l’off e il politico, con pubblico che c’era e non c’era». «Con un amico psicologo mettemmo in cantiere anche psicodrammi, reclutando Gigio Alberti che era stato mio collega in un corso di recitazione d’un attore del Living Theatre, e una biondona presa con un annuncio sui giornali. Volevamo proporre agli alunni delle scuole un lavoro, e un manager con forte nevrosi ci organizzò la vendita di biglietti in alcuni istituti (dal Manzoni al Carducci) per un collage di Prévert intitolato Il prevertimento. Dopo tre repliche chiudemmo. Ma non mi davo per vinto. Frequentai la scuola del Piccolo Teatro, i corsi mimo di Marise Flach. Lì venne a vedermi Dario Fo e mi prese nel cast dell’ Histoire du soldat. Condusse un laboratorio per noi che eravamo una trentina di ragazzi. Ebbi più parti a rotazione. Con me c’erano Marco Columbro, Lucia Vasini».
• La Vasini è stata sua compagna di vita, «una storia che, comprese le interruzioni, è durata 12 anni e da cui è nato un figlio, Davide». Altre relazioni «con la madre non teatrante di Georgia e poi c’è stato per la prima volta il matrimonio, con Nadia, eritrea (un destino, perché l’altro mio nonno ha vissuto per un certo periodo in Eritrea, e decantava la bellezza delle donne di lì), danzatrice, con cui ho avuto il terzo figlio, Shoan».
• «Posso dire con certezza di non essere mai stato comunista. Devo la mia educazione politica a Remo, anarchico ferrarese di quelli veri. Aveva fatto la guerra di Spagna e seppe riprendermi da una sbandata comunista».
• «È inutile negare che ho conosciuto la droga. Nell’ambiente ne girava parecchia. Ma siccome mi toglieva dal teatro, ho fatto vincere quest’ultimo» (da un’intervista di Stefania Rossini).
• Tifa per l’Inter: celebre il suo monologo sui due rigori sbagliati da Evaristo Beccalossi in un incontro delle coppe europee.
• «Da Fo ho preso l’affabulazione, da Gaber il rigore, da Jannacci la follia, da Strehler la teatralità».