1 giugno 2012
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Biografia di Gian Luigi Rondi
• Tirano (Sondrio) 10 dicembre 1921 - Roma 22 settembre 2016. Critico cinematografico. Presidente del premio David di Donatello. Nel 2008 il nuovo sindaco di Roma Alemanno lo ha messo a capo della Fondazione Cinema per Roma e del Festival cittadino creato a suo tempo da Veltroni (al posto di Goffredo Bettini). Vi rimarrà fino a febbraio 2012. La decisione creò sorpresa e in alcuni, data l’età (87 anni), sconcerto. Camillo Langone sul Foglio: «Ma è vero? Gian Luigi Rondi presidente della Festa del cinema? E allora Fellini sta per tornare dietro alla macchina da presa? Col cappello e la sciarpa e la vocina? Ci sarà anche Marcello? E Anita? E Giulietta? Vittorio Gassman ha ripreso a guidare la Lancia Aurelia? Ugo Tognazzi a guardare le belle donne? E Totò le zuppiere di pastasciutta? Laura Antonelli è già in cima alla scala in vestaglia e giarrettiere? E io sono un bambino? Ho ancora i nonni? La mamma mi sta chiamando perché mi ha fatto l’uovo sbattuto con lo zucchero?» (6 giugno 2008).
• «Tra le idee c’è quella di lasciare a Venezia l’“arte” e portare a Roma il cinema che è anche spettacolo, i film accettati dagli intellettuali e amati dagli spettatori. E vorrei fare omaggi agli attori».
• Figlio di un ufficiale dei Carabinieri, era con Andreotti «il giorno del 1947 in cui l’allora giovane sottosegretario annunciò che in quel luogo, tra fontanelle e panni stesi, sarebbe presto rinata Cinecittà. Quindi Rondi ha collaborato con Silvio D’Amico, il suo maestro, con René Clair, maestro del cinema francese, con il padre gesuita Lombardi, “il microfono di Dio” e su richiesta apostolica, per giunta in ginocchio come usava allora, ha fornito i suoi consigli in materia filmica a Pio XII. Era allora poco più di un ragazzo, per quanto prodigio» (Filippo Ceccarelli).
• Molto devoto alla madre, ha chiesto a numerosi artisti (tra cui De Chirico, Vespignani, Clerici, Caruso e Maccari) di farne un ritratto: «A lei devo tutto: le mie letture, il formarsi del gusto e le scelte nella vita. La sua morte nel 1979 fu straziante per lei e per me. Però continuo a parlarle, come in una specie di dialogo ininterrotto. Sono convinto che non sia un’illusione, resto un uomo razionale che sa che la realtà è qualcosa di tangibile. Ma anche quell’altra è in qualche modo realtà» [Antonio Gnoli, Rep 21/7/2013].
• «Nel ’53 a Venezia fece premiare Rashomon di un allora sconosciuto Akira Kurosawa, e si entusiasmò per un giovane regista svedese, Ingmar Bergman, frequentato da pochi. Ambedue divennero suoi sodali. Lui, cattolicissimo, difese La dolce vita contro gli strali del cardinale Montini, arcivescovo di Milano, poi papa Paolo VI, uomo di lettere ma ignorantissimo di cinema. E, anni dopo, sempre a Venezia, Rondi presentò I diavoli di Ken Russell, con suore che facevano allegri giochi con le candele. Insorsero i cattolici della Laguna. Lo difese il cardinale Luciani, non ancora Giovanni Paolo I: “Va’ avanti ti proteggo con la mia porpora”. Pasolini gli cavò la pelle con un epigramma: “Sei così ipocrita che quando l’ipocrisia ti avrà ucciso / sarai all’inferno e ti crederai in paradiso”. Per Rondi è una medaglia, lo recita e sorride; PPP è un grande poeta. Rara avis, Rondi parlò bene di Salò o le 120 giornate di Sodoma. E neanche il Terzo Reich sapeva a cosa andava incontro quando Gian Luigi incrociò la sua strada. In piena occupazione nazista, Rondi, partigiano combattente nelle file catto-comuniste, si travestì da ufficiale della Wehrmacht e si fece consegnare un italiano destinato alla fucilazione. Preso in consegna il prigioniero, lo liberò. Discretissimo, di questa cosa non si vanterà mai» (Dante Matelli).
• «Il suo metodo consiste nell’iniziare con un breve riassunto, che nel rispecchiare la storia, l’ambiente, il peso drammaturgico dei personaggi, costituisce già di per sé una prima lettura critica, da cui poi è agevole scivolare nel giudizio» (Alessandra Levantesi).
• Frasi «Passo dei momenti in cui avverto l’ala della depressione scendere su di me. È come se sentissi un grande avvenire dietro le spalle. Fu Gassman a coniare questa espressione. Sa qual è il problema? Non accetto la mia età, da ogni punto di vista la osservo, rifiuto l’idea che ho quasi 92 anni. Non voglio ripiegare su me stesso (…) Non mi rassegno alla noia, al non far niente, alla morte» [Gnoli cit.].