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 2012  giugno 01 Venerdì calendario

Biografia di Eva Robin’s

• (Roberto Coatti) Bologna 10 dicembre 1958. Attrice. Da ultimo protagonista degli spettacoli che Teatri di Vita col regista Andrea Adriatico dedicano a Elfriede Jelinek: a Bologna, Delirio di una trans populista, a Chiusi Jackie e le altre, sul mito di Jacqueline Kennedy. Nel 2007, l’ultima apparizione al cinema in All’amore assente (Andrea Adriatico). «La vecchiaia per una donna è una tragedia, per una bella donna è un disastro, ma per un omosessuale che deve sembrare una bella donna è una catastrofe».
• «Ex ermafrodito miracolato dai mass media» (Stefano Jesurum), tra i suoi film Belle al bar (Alessandro Benvenuti 1994). Impegnata in tv dall’87, fu lanciata da Antonio Ricci prima come trasgressiva critica letteraria di Lupo solitario, poi come impietosa critica cinematografica de L’Araba Fenice, quindi in Primadonna di Gianni Boncompagni.
• «È nello stesso tempo la figlia, la stupida, invadente madre, la occhialuta cameriera, la psicanalista (una bambola gonfiabile), un topo, un cane. Come cane, la Robin’s è meravigliosa. Raggiunge una punta di ironia prima mai vista, mai percepita. È impressionante anche il suo trasformismo, sia fisico sia verbale (...) Se deve essere spiacevole, o antipatica, non si tira indietro. Ma tanto meno si tira indietro se deve essere seducente. Anzi, seducente lo è in modo formidabile» (Franco Cordelli a proposito della sua interpretazione ne Il frigo).
• «Papà Franco “non ha nemmeno provato a capire. Arrivava con delle macchine pazzesche, pensava mi potessero piacere”. E magari riportare il figlio sulla retta via... “Figurarsi se potevo emozionarmi per un macchinone. I miei miti erano altri. Le dive del cinema. Quando mia mamma giocava a carte, io avevo un tato che mi portava al cinema, vedevamo anche due film al giorno”. Dopo, Roberto diventò Eva. “È stato verso i sedici anni, prima mi limitavo a mecharmi i capelli, li ho sempre avuti molto belli, sembravano un mantello muliebre. Poi ho iniziato a frequentare un travestito che abitava sopra di noi e con lui ho iniziato a iniettarmi ormoni. È stato tutto naturale, se così si può dire, semplicemente è successo. A ventun anni vivevo ancora con mia madre ed ero completamente femmina. Guardavamo la tv abbracciate, tutte coccolone, condividevamo la passione per i mercatini, il bricolage, gli animali”» (Stefania Ulivi).