1 giugno 2012
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Biografia di Marco Rizzo
• Torino 12 ottobre 1959. Politico. Segretario del Partito comunista (ex Comunisti sinistra popolare). Nel 1996, 1998, 2001 eletto alla Camera (Rc, Pdci), nel 2004 al Parlamento europeo. Nel 2007 pubblicò il libro Perché ancora comunisti. Le ragioni di una scelta, nel 2012 Il golpe europeo, entrambi editi da Baldini Castoldi Dalai. «Io voglio spaventarle, le principesse! Voglio fare loro paura!».
• Figlio di Armando, operaio Fiat (alle carrozzerie di Mirafiori per 36 anni), «per i vecchi amici è Yul, a causa della sua testa pelata come Yul Brinner. Maria Laura Rodotà, quelli con la testa lucida come lui (Velardi, Rondolino, Minniti, La Torre), li chiamava Lothar. Sull’onda, la pelata era diventata trendy e si era diffusa, ma Marco Rizzo rivendica la primogenitura. “Mi sono rasato a zero nell’82 al campeggio”. Ma non era un look da fascista? “Un po’”» (Claudio Sabelli Fioretti).
• «Ha un glorioso passato di pugile dilettante, prosecuzione naturale della sua giovanile appartenenza al servizio d’ordine dei movimenti extraparlamentari dell’estrema sinistra» (Giancarlo Perna).
• «Quando nacque Rifondazione io divenni il primo segretario a Torino. Alle prime elezioni, a Torino, battemmo pure i Ds, 14,5 per cento contro 13,8. Bertinotti non ama gli operai. L’operaio che fa sciopero non gode, soffre. Bertinotti è estremista e subalterno allo stesso tempo. Non vede l’ora di rompere qualsiasi trattativa. Ma se io andassi in guerra non vorrei mai un generale come lui. È uno che scappa».
• Visto al corteo romano “per la pace in Medio Oriente” dove alcuni estremisti urlarono «dieci, cento, mille Nassiriya».
• Nell’ottobre 2007 fu criticato dal centrosinistra e dai sindacati quando propose di mandare alcune persone a votare più volte al referendum sul welfare, «così si vedrà che si tratta di un referendum finto». Accusò il Pd, ancora prima che nascesse, di muoversi «nel solco della P2, contribuendo a realizzare il programma di Gelli». La sinistra invece, «quella vera, non può essere altro che antiliberista e anticapitalista. Chi non è d’accordo vada nel Partito democratico». Contrario alla scomparsa di falce e martello dal simbolo della sinistra per le politiche 2008, dopo la sconfitta elettorale propose di ripartire proprio da lì e «da un nuovo partito comunista fatto di tutti i comunisti che vogliono superare radicalmente questa società. Un partito collegiale e senza leadership, perché la leadership è di destra» (a Gian Guido Vecchi).
• «Mio padre, operaio di Mirafiori, andava a letto sicuro che, mentre lui dormiva, Secchia e Togliatti, pensavano a lui. Oggi, con Fassino, Rutelli o Bertinotti non se lo sogna più nessuno» (intervistato da Giancarlo Perna nel 2008).
• Nel giugno 2009 fu estromesso dal Pdci, espulsione «motivata dal partito con l’accusa di aver aiutato l’Idv alle ultime europee e da lui accolta in polemica con Oliviero Diliberto (“Mi ha mandato via perché ho osato chiedere conto di suoi incontri con massoni ex P2”)» (Il Corriere della Sera); il mese dopo annunciò la fondazione del movimento politico Comunisti sinistra popolare. Nel 2012 il movimento, ormai costituitosi partito, aggiunse la dicitura “Partito comunista”.
• «Siamo marxisti-leninisti, che vogliono il socialismo. Abbiamo una linea chiara: uscire dall’Unione europea e dall’euro, che con il Patto di stabilità e la Bce sta distruggendo tutto. Vanno nazionalizzate le grandi imprese e le grandi banche. Ridiamo la Fiat alle maestranze: funzionerà meglio di quella di Marchionne» (a Luca De Carolis) [Fat 17/1/2014].
• «Io sono caparbio e riconoscente con la Storia. Sono nato poverissimo, mio padre lavorava alla Fiat Mirafiori, un vita dignitosa ma piena di fatica, ho studiato facendo cento mestieri diversi. Poi a 34 anni arrivo a Roma da deputato, resto a Montecitorio per tre legislature, quindi vado all’Europarlamento. A questo punto, avrei potuto decidere di starmene comodo e tranquillo, no? E invece ho pensato che il mio posto è ancora lì, a sinistra, da comunista, tra i comunisti» (a Fabrizio Roncone) [Iod 1/2/2014].
• Appassionato di boxe e di tiro all’arco: «Amo l’arco da caccia, senza andare a caccia. Tenderlo non è questione di forza, ma di precisione chirurgica. Ci vuole disciplina. È una sfida».
• È tifoso del Torino.
• Ha tre figli.