1 giugno 2012
Tags : Antonio Rezza
Biografia di Antonio Rezza
• Novara 5 marzo 1965. Attore. Scrittore. Visto a teatro in Fotofinish, Pitecus, Bahamut, 7-14-21-28, Fratto X; in televisione in Wikitaly (Raidue, 2012) e NeriPoppins (Raitre, 2013) «Godiamo della censura vera, quella che dimentica, che non fa nemmeno sapere che siamo censurati».
• «Mio padre lavorava nella polizia e, dopo una breve sosta a Roma, ci trasferimmo a Nettuno quando io avevo due anni e mezzo. Mia madre era maestra elementare. Sono figlio di un padre armato e di una madre insegnante. Con le armi in casa, e col senso dell’istruzione obbligatoria. Per la parte guerrigliera della velocità del pensiero prendo spunto dalle munizioni, e per la parte di radicale ricerca ascetica c’è lo spirito di mia madre docente. Altro destino è stato quello di una sorella più piccola di me di tre anni, doppiamente laureata, che ha preferito lo studio all’istinto» (a Rodolfo Di Giammarco) [Rep 18/8/2013].
• «Autore totale (con la complicità essenziale di Flavia Mastrella) di corti geniali e quasi invisibili, poi di un film folle e “maledetto” fatto forse troppo presto, EsCoriandoli. Ma soprattutto esponente quasi unico di una comicità spigolosa, aggressiva, molto contemporanea, che mette il corpo fisico a confronto con il virtuale e la tecnologia. Un comico destinato all’impopolarità quando usa il cinema o si spinge dentro le fortificazioni della tv (vedi la serie provocatoria di Troppolitani). Ma di effetto certo e deflagrante, sia pure per pochi affezionati, sul palcoscenico» (Fabio Ferzetti).
• «Ho troppa pelle. Andava deformata e io l’accorciavo, davanti allo specchio. Facevo un sacco di smorfie. Ho cominciato a recitare a pezzi. La genesi del lavoro me l’ha suggerita Flavia Mastrella: esprimersi con alcune parti del corpo, incorniciando o escludendo il viso con dei passepartout» [a Di Giammarco cit.].
• In Fotofinish «indossato nel corpo magrissimo e super elastico di quel diabolico geniaccio di Rezza, il tulle elasticizzato si deforma per prendere mille forme: dal cliente all’esperto fotografo, dal politico che arringa la folla promettendo ospedali ambulanti che vanno a casa dei malati, alle “suore podiste” come le chiama il protagonista, “in corsa per la vittoria dell’agonia della vita”» (Livia Grossi).
• Dal 2004 al lavoro sul progetto Ipotesi su Cristo morto: «Interpreto Cristo perché mi assomiglia, si tratta di un atto di pura estetica. Non ho la minima intenzione di fare un film che parli di religione, ma di Cristo che è agli antipodi...».
• «All’università ho studiato Storia delle religioni, mi mancava la tesi in Storia del cristianesimo in cui volevo approfondire il significato clientelare della preghiera, dove il fedele chiede a Dio dei benefici instaurando quasi un rapporto che io definivo mafioso: tesi chiesta, rifiutata, e poi sfociata in un pezzo dello spettacolo Pitecus» [a Di Giammarco cit.].
• «Un’immagine che ho del teatro? Il pubblico che entra piano piano, azzoppato dall’imprevedibile incertezza, lento e timoroso alla ricerca della poltrona che sarà di lì a poco la sua fossa. E l’attore, che si affaccia dal buio con la stessa lentezza, perché è importante dare tempo agli zoppi di piegare la giacca sul bracciolo dello zoppo a fianco... Io il teatro l’ho visto come deportazione coi pullman a Roma col liceo. Una volta Glauco Mauri si interruppe perché davamo fastidio, e poi fatalità ha voluto che lui sia stato un mio spettatore».
• Non vota da anni. «Non considero il pensiero politico come attività del pensiero puro, perché è basato sul compromesso. Facendo un lavoro che è produzione di idee, credo che ogni società sia giusta, e non me la sento di dire che questa è la peggiore, come suggerisce il teatro di impegno civile: l’arte non deve istruire, deve dare emozioni non codificate dove ognuno vede quello che vuole».
• Un figlio, Giordano, avuto con la compagna Stefania.