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 2012  giugno 01 Venerdì calendario

Biografia di Enrico Rava

• Trieste 20 agosto 1939. Trombettista. Il jazzista italiano più famoso nel mondo. Negli ultimi anni è comparso nella rivista americana Down Beat come quarto miglior trombettista al mondo. Fa parte di un quintetto insieme con Gianluca Petrella, Roberto Gatto, Rosario Bonaccorso e Andrea Pozza (che ha sostituito Stefano Bollani). «Mia madre, ancora quando aveva 80 anni, ogni tanto si lasciava scappare: “Sì, sei bravo, però un posto fisso...”».
• «Studiavo al D’Azeglio, poi mi hanno respinto e son finito al San Giuseppe. Ma non mi piaceva. Amavo il jazz però non suonavo. Sui 17/18 anni, ho visto Miles Davis al Nuovo e mi sono comprato una tromba. Ho cominciato per ridere e mi son trovato a suonare con gente brava. C’era un club nei Cinquanta che si chiamava Escargot, vicino a Porta Nuova, e molti circoli e associazioni. Io lavoravo con mio padre nella sua azienda di trasporti, ma facevo altri sogni: con Franco Mondini studiavamo tutta la notte, andavo a letto alle 7, mi alzavo alle 8, dormivo in bagno in ufficio. Poi, una sera a Chivasso ho conosciuto Gato Barbieri per caso: mi ha fatto i complimenti. E poco a poco sono arrivato fin qui» (da un’intervista di Marinella Venegoni).
• La passione per il jazz nacque «grazie a una mamma diplomata in pianoforte e a un fratello, più grande, che possedeva una piccola collezione di dischi di jazz. Avevo nove anni. Da noi quella musica era roba per carbonari. Mio padre la trovava incomprensibile. (…) Dichiarò guerra. Andavo male a scuola, e non è che me ne fregava molto, ma all’ennesima bocciatura mio padre prese il trombone che mi avevano regalato e lo buttò via. Disse: o vieni a lavorare con me o ti caccio. Fui tentato di andarmene, poi cominciai a lavorare nell’impresa di famiglia, una ditta di autotrasporti internazionali. Ma non potevo continuare a fare quella vita a lungo. Era un inferno. Poi, una sera venne a Torino, città nella quale vivevo, Miles Davis. Fin a quel momento lo avevo sentito sui dischi. Ma il suo concerto dal vivo fu cento volte meglio. (…) Nel giro di poco tempo mi procurai una tromba e mi misi a suonare sui suoi dischi. Il giorno stavo chiuso in ufficio, ed era un inferno. La sera suonicchiavo ed era la sola cosa che mi manteneva in vita» (Antonio Gnoli) [Rep 1/9/2013].
• «Non importa cosa suoni con l’inseparabile Stefano Bollani al piano e i suoi musicisti, tutti italiani. Che sia il jazz più emozionante, ispirato ai suoi maestri Chet Baker e Miles Davis, o musica leggera d’autore rivisitata con tocco personale, colleziona entusiasmo e tutti esauriti» (Giacomo Pellicciotti). «È un musicista dall’onnivora curiosità, capace di sintetizzare l’informalità del free jazz più radicale con la felicità melodica della bossa nova o dell’opera italiana tardoromantica (Claudio Sessa). Grande scopritore di talenti (Urbani, Gatto, Bollani, Fresu ecc.)».
• «La prima spinta l’ho avuta alla metà dei Settanta quando ho registrato una serie di dischi per la Ecm. Poi nel 1993, quando è uscito l’album Rava l’opera va per la Label Bleu, ho avuto un altro rilancio. Certo oggi mi fa impressione vedere la gente che non riesce a entrare nei teatri. Ma questo non succede solo a me. Sta emergendo un pubblico nuovo, trasversale, che s’interessa ai musicisti italiani».
• «La vera libertà nasce da questo, riuscire ad essere libero all’interno dei limiti imposti. L’errore grave del free jazz degli anni Sessanta, quello che poi gli ha dato vita così breve, è stato di aver cercato e preteso una libertà totale. La libertà totale funziona un giorno o due, dopo tre giorni ti sei creato degli altri cliché, che però sono meno interessanti».
• «Per non annoiarmi ho diverse band. Un’orchestra di 12 elementi, un gruppo per musica più standard e poi suono in duo con Stefano Bollani. Oggi più raramente, lui è straimpegnato. È un talento vero».
• Noto anche per il personaggio di Fiorello a VivaRadiodue (Paolo Fava, almeno nel nome a metà fra lui e Paolo Fresu).
• «Ho questa faccia dal 72. Da quando mi sono fatto crescere i baffi perché tagliare la barba mi irritava il labbro e non potevo suonare la tromba» (a Marco Molendini).
• Sposato con Lidia Panizzut, incontrata a Milano a metà anni Ottanta, quando lei dirigeva il jazz club Le Scimmie.
• Divoratore di libri, ha letto tre volte la Recherche di Proust.
• Nel 2011 ha pubblicato Incontri con musicisti straordinari. La storia del mio jazz (Feltrinelli).
• Quando non è in giro per il mondo vive a Chiavari (Genova).