Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 01 Venerdì calendario

Biografia di Edoardo Raspelli

• Milano 19 giugno 1949. Giornalista. Prima firma italiana nella critica gastronomica. Scrive sulla Stampa, dal 1998 conduce Melaverde (prima su Retequattro, dal 2012 su Canale 5), da ultimo anche programmi investigativi: Attenti al lupo, Psyco (tutti su Retequattro). È stato curatore e supervisore della Guida dei ristoranti d’Italia dell’Espresso. «Come diceva suor Germana, la gola si sconta vivendo...».
• «Mio padre è stato segretario nazionale degli ospedalieri, prima fascisti, poi Cisl. Era un grandissimo uomo, un cuore così. Però... Non sopportava odori, sapori, gusti. Io sono cresciuto senza aglio, prezzemolo, pomodoro, cipolle, rosmarino, carota. Allora scappavo sul lago di Garda dove mia zia aveva un albergo e finalmente mangiavo roba buona, ero magrissimo. Gli amici mi chiamavano Mauthausen. Sette anni per finire il liceo. M’è venuto l’esaurimento nervoso. Leggevo tanto. A 16 anni Gide, Peyrefitte, France, Wedekind. Il primo articolo l’ho scritto sul Corriere della Sera. Avevo 16 anni. Era sulle scuole estive di tennis. Mi pagarono 35 mila lire, mica male. Portavo notiziole, scrivevo articoletti».
• «Entrai in cronaca, al Corriere d’Informazione, nel 1971 e mi sono fatto tutti gli anni di piombo. Fui il primo giornalista ad arrivare dove uccisero il commissario Calabresi il 17 maggio 1972. I miei compagni di redazione erano allora Walter Tobagi, Ferruccio De Bortoli, Vittorio Feltri, Gian Antonio Stella, Massimo Donelli. Cesare Lanza era il nostro direttore di allora e fu lui a farmi fare la pagina dei ristoranti. Mi piace moltissimo il cibo e non è solo gratificazione del palato, per me è come sesso» (da un’intervista di Alain Elkann).
• «Nel 1978 arrivai alla Guida dell’Espresso. Il curatore era Federico Umberto D’Amato. Abbassai il voto alla Locanda dell’Angelo di Angelo Paracucchi, ad Amelia. Buttarono via la mia critica e alzarono il voto. Forse perché Paracucchi e D’Amato erano entrambi della P2? Il mio lavoro è sacro: mandai una letteraccia all’Espresso e venni licenziato. Quindici anni dopo mi richiamarono. La Guida era alla canna del gas, sbeffeggiata da tutti, inattendibile e ridicola. In cinque anni la portai al massimo di vendite, 100.000 copie, e di credibilità» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti).
• «Trenta querele e altrettante assoluzioni per aver svolto correttamente il diritto e il dovere di cronaca e critica. McDonald’s mi ha chiesto addirittura un risarcimento di 25 milioni di dollari e la stampa mondiale, compreso il Wall Street Journal, si è schierata dalla mia parte. Un giorno, nel 1979, trovai sotto casa una corona di fiori con tanto di nastro viola e la scritta “al nostro caro Edoardo”. Questa la mia risposta dalla prima pagina del Corriere d’informazione: volevo ringraziare chi mi ha mandato la corona di fiori, ma anche rassicurarlo che la sua cucina è sicuramente fetente, ma non letale» (a Rosanna Scardi).
• «È un localista che ha condensato il suo credo nello slogan “Terra, tradizione e territorio”» (Camillo Langone). «Continua a fare il critico della buona tavola ma è uno di quei mestieri, se lo si vuol fare con scienza e coscienza, che esigono l’anonimato. E Raspelli ama apparire, qualcuno sostiene che è molto vanitoso, vittima di un inguaribile narcisismo (chi non è narcisista scagli il primo specchio). Anni fa, ricordo una sua divertente recensione di un albergo ligure: una solenne stroncatura, piena di passione e competenza. In realtà, però, leggendo fra le righe si capiva che il grande disappunto di Raspelli nasceva da un solo fatto: non era stato riconosciuto dai proprietari» (Aldo Grasso).
• Nel 2007 per Mondadori ha scritto L’Italia in tavola (e l’ha definito «un libro reazionario»): oltre 400 ricette tradizionali elaborate da 51 ristoratori.
• «Si sente spesso dire questo o quello è il prodotto che tutto il mondo ci invidia. Ma quando mai? Cosa gliene frega del parmigiano reggiano al Nicaragua? Le grandi cucine sono tre: italiana, francese e cinese. Rispetto alla Cina e alla Francia noi abbiamo un ruolo importante per pasta e riso, che nella cucina orientale sono solo un accostamento. Però la tradizione francese è grande. Basta tenere presente che il vino è normato con l’Aoc (Appellation d’origine contrôlée) dal 1855. La legge omologa italiana, la Denominazione d’origine controllata, nasce nel 1963».
• Pesa 120 chili: «La gola è un lavoro, anzi un alibi, che mi ha causato un infarto, un’infezione alimentare... Senza contare l’obesità. Certo, oggi l’angioplastica è quasi routine, ci sono le compresse per la pressione. Ma la verità è che sono un infelice: giocavo a tennis con Panatta, ora fatico a salire in auto. Ogni giorno mi sveglio con la fissa del peso. Se tornassi indietro? Cederei alla gola. Limitandomi, però, ad assaggiare, senza “spazzolare”».
• Non si definisce un critico ma piuttosto «un cronista della gastronomia»: «Racconto i ristoranti con l’occhio del cronista, quello che ho sviluppato nei primi anni di mestiere quando facevo la nera per il Corriere della Sera durante gli anni di piombo. Amo descrivere le atmosfere, ma anche la strada da percorrere per sedersi a tavola, il servizio, il locale, il paesaggio. Non sopporto chi si perde in fiumi di parole per lamentarsi della troppa mentina, delle salsine e della lieve bruciatura» (Claudia Cervini) [Iog 1/9/2011].
• Ha un’assicurazione di 500 mila euro sul gusto e l’olfatto.
• Ha recitato la parte di un cameriere nel film di Piero Chiambretti Ogni lasciato è perso (2000) ed è nel cast di Asfalto rosso di Ettore Pasculli (2012).
• Veste sportivo, in tv indossa abiti Beretta.
• Abita a Bresso (Milano), dove è stato anche assessore comunale. Sposato con Clara Cortemiglia, due figli.
• Frequenta spesso il comune piemontese Mozzo di Crodo, in provincia del Verbano-Cusio-Ossola, al confine con la Svizzera. Qui c’è un ristorante che ama, l’Edelweiss.