1 giugno 2012
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Biografia di Claudio Ranieri
• Roma 20 ottobre 1951. Allenatore, dalla stagione 2015/2016 sulla panchina del Leicester, con cui ha vinto la Premier League, «forse la più grande impresa nello sport di tutti i tempi» (New York Times). In passato al Cagliari, Napoli, Fiorentina, Valencia, Atletico Madrid, Chelsea, Parma, Juventus, Roma, Inter, Monaco e Nazionale greca. Ex calciatore. Difensore, giocò in serie A con Roma, Catanzaro, Catania. «Un allenatore è come un paracadutista che non sa se il paracadute si aprirà».
• Figlio di Mario, macellaio a Testaccio. «Da giocatore ero uno qualunque, quindi da allenatore non ho avuto le porte aperte: sono partito dalla Calabria e sono arrivato qui. Un paio di volte mi hanno cacciato, altre due mi sono dimesso. All’Atletico Madrid, per esempio: la società era in esercizio controllato, la gestiva un giudice che un giorno mi disse: Ranieri, o vince o la caccio. Gli ho risposto: guardi, me ne vado io. Un giudice non può cacciare un allenatore».
• Dal 2009 al 2011 allenò la Roma, squadra di cui è tifoso. «Ho avuto questa fortuna e ho deciso di affrontare l’occasione senza condizionamenti ambientali. A Roma, il proposito confina con l’utopia. Però io prima di essere un ex curvarolo sono un tecnico. Magari vivo una scissione, ma sono pagato per allenare, scegliere, scontentare a volte».
• «Da piccolo, quando dopo pranzo mi precipitavo a prendere il tram per raggiungere l’Olimpico, mi aspettavo soprattutto una cosa: che la mia squadra desse tutto dall’inizio alla fine. Perdere o vincere, è secondario rispetto al fatto di potersi guardare allo specchio. Da ragazzo, pretendevo che i miei idoli dimostrassero attaccamento (…) Non sono tra quelli che nella vita hanno percorso a tutta velocità corsie preferenziali. Sono partito dall’interregionale. Non sono cambiato di una virgola. Ma ho viaggiato. La valigia che ho riempito di voci, suoni e colori distanti dall’effimero bar dello sport italiano mi è servita. Ho allenato in Spagna e in Inghilterra, correndo l’azzardo di farmi dimenticare. Ma non sono un calcolatore e rifarei tutto quello che ho fatto. Amici, incontri, culture, musei, panorami. Quello che ho appreso evadendo dalla gabbia nazionale non ha prezzo» (a Malcolm Pagani).
• «Per me il rimpianto è uno stimolo a fare meglio. Le mode passano. Sento parlare di calcio moderno da allenatori che vantano il cambio del modulo in corsa e mi viene da ridere. Lo facevo a Cagliari già 20 anni fa. Pubblicizzare il proprio prodotto, autopromuoversi, vendere la Fontana di Trevi, siamo sempre da quelle parti. Con piacere, con divertimento».
• «In Italia novanta minuti servono a dividere gli allenatori in fenomeni e brocchi. Perdi una partita e ti senti dire che è il momento di andare a casa; vinci una settimana dopo e sei il padrone del mondo».
• «L’allenatore è come il marito cornuto, è sempre l’ultimo a sapere le cose…».
• «Quando chiedi in giro informazioni su di lui, senti rispondere tutti alla stessa maniera: è una scala di aggettivi che va dal serio, al preparato, al moderato, al tranquillo, al sereno. Signore. Cioè quello che è perché uno lo vede in tv e lo sente che sembra l’anti-Grillo: la parola giusta detta col tono giusto, senza offendere nessuno, per-carità-signora-mia-non-sia-mai. La Juve dice di averlo scelto proprio per quello (…) Col Chelsea, Claudio è diventato global. Gli è piaciuta la vita british anche se continua a ripetere che il pezzo di sé l’ha lasciato a Valencia. Però al Chelsea è entrato nelle radici del club tanto che quando se ne è andato per far spazio a Mourinho, la società non credeva di dover faticare tanto per farlo dimenticare alla gente. A settembre 2004, ha scritto il Mirror, è stata fatta circolare tra lo staff dei Blues una mail in cui si invitava a non menzionare in nessun contesto l’uscita dell’autobiografia di Ranieri, Proud Man Walking. Quasi contemporaneamente, il nome dell’ex tecnico è scomparso dal sito del club e da tutta la pubblicistica ufficiale del club. Secondo il tabloid i vertici dei Blues hanno invitato i propri giornalisti a citare il meno possibile il nome di Ranieri nei loro articoli, nelle trasmissioni di Chelsea Tv così come nei programmi radiofonici di radio station Big Blue. Quando gliel’hanno raccontato, Claudio s’è fatto una risata. Forse c’è rimasto male, ma non s’è visto. Ha coperto con un suono caldo. Bello grasso, come quelli che gli si sentono fare ogni tanto in diretta, quando decide di auto-rilassarsi e smettere i panni del paludato e serioso allenatore, allora tira fuori una battuta di Eduardo de Filippo. Che alla fine poi neppure lui sa quale parte di sé gli piaccia di più: si vede col completo di Pignatelli a rever stretto e cravattino nero e però si vede anche figlio di Mario e difensore che in allenamento a Catanzaro doveva tenere Massimo Palanca e a un certo punto non ce la faceva più. Si vede anche rompiscatole, che è una parola adorata e usata come segno distintivo» (Beppe Di Corrado).
• «In mezzo a tanto pagliacciume, una sola verità resta intatta, immutabile in Inghilterra, Italia e Francia: qualunque squadra alleni, Claudio Ranieri arriva secondo» (Jack O’Malley).
• «È molto bravo, intelligente. Ci sa fare. Sa essere anche psicologo se necessario» (Alberto II di Monaco).
• Come indennizzo dopo l’esonero, avrebbe ricevuto dal Monaco 4,5 milioni di euro.
• Sposato con Rosanna, conosciuta ai tempi di Catanzaro. «Cucina divinamente». Una figlia, Claudia, che ha sposato l’attore Alessandro Roja.