31 maggio 2012
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Biografia di Giovanni Arvedi
• Cremona 28 agosto 1937. Industriale. Numero uno dell’omonimo gruppo siderurgico, leader in Europa. Cavaliere del Lavoro. «L’ uomo che chiama l’acciaio per nome e governa un impero con 2.600 dipendenti, 2 miliardi di fatturato e un mol di 180 milioni nel 2012» (Paolo Griseri).
• «Non sono solo la finanza o la moda a determinare il successo di un Paese. C’è anche l’acciaio».
• Nato in una famiglia che sta nel commercio e nella lavorazione dei metalli per antica tradizione. Prime esperienze di lavoro nell’azienda paterna: «Provengo da una famiglia in cui mio padre, Dante, pagava tutti i fornitori a fine settimana. Io compilavo gli assegni e lui li firmava. E alla domenica si arrivava senza dovere una lira a nessuno».
• Nel 1963 si mette in proprio e fonda nell’area cremonese due aziende, una commerciale e una produttiva: la Arvedi Commercio e la Ilta. Agli inizi degli anni 70 realizza a Cremona lo stabilimento Acciaieria e Tubificio Arvedi, dove vengono applicate le tecnologie più avanzate per la saldatura e la laminazione a caldo dei tubi. Nei primi anni 80 acquisisce, dal Gruppo Falck, la società Celestri, una delle maggiori aziende commerciali e di servizi siderurgici in Italia. Poi rileva, ristruttura e rilancia i complessi industriali milanesi e liguri della ex Fit-Ferrotubi. Acquisisce inoltre una significativa partecipazione nella Afl Falck ed entra nel Consiglio. Alla fine degli anni 80 il salto, che proietta il Gruppo ai vertici mondiali dell’innovazione tecnologica nella siderurgia, con una nuova tecnologia di fabbricazione di laminati piani in acciaio.
• Nel 1983, su invito del ministro dell’Industria, collabora alla stesura del piano Nazionale dell’industria dei tubi saldati e senza saldatura.
• Nel 1984 è tra coloro che intervengono per salvare la Rizzoli e il Corriere finiti in mano alla P2. Arvedi è l’unico a mettere sul piatto ben 145 miliardi di lire in contanti per l’operazione di salvataggio.
• Negli anni 90, crisi. Progetta una miniacciaieria dieci volte più piccola degli impianti tradizionali, che produca nastri di acciaio di alta qualità in spessori sottili, allo stesso costo di quelli spessi. Arvedi ordina gli impianti ai tedeschi della Mannesmann: «Pasticciano, commettono errori sui tempi di fluidificazione, costruiscono macchine sbagliate. Un disastro. E dopo tre anni li abbiamo sbattuti fuori dalla fabbrica. In seguito ci hanno anche risarcito con una cinquantina di miliardi ma intanto noi abbiamo perso tempo, soldi e abbiamo dovuto ricostruirci le macchine. Con costi enormi e ricorrendo ai debiti, mille miliardi» (ad Alberto Mazzuca).
• Da giovane ha fatto il fotografo.
• Nel 2007 ha comprato la Cremonese (calcio, C1) e l’ha affidata a Emiliano Mondonico (poi esonerato).
• Ama la musica classica. Ha donato alla città di Cremona un museo del Violino.
• Sposato con Luciana Buschini, non ha figli ma tre nipoti, figli della sorella della moglie, Mirella, maritata Caldonazzo. Hanno cariche operative Mario Caldonazzo (1967), che segue una delle società di tubi; Maurizio Calcinoni (1962), marito di Caterina Caldonazzo, responsabile commerciale dell’acciaieria (è anche vicepresidente della Cremonese); Luigi Vinci (1966), marito di Maria Luisa Caldonazzo, incaricato del controllo di gestione del gruppo. Per la successione a capo del gruppo «se la vedranno tra di loro» (Daria Egidi).