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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Matteo Arpe

• Milano 3 novembre 1964. Banchiere. Amministratore delegato e socio di maggioranza di Sator. Presidente e amministratore delegato di Banca Profilo. «Da studente sognava per sé un futuro come questo? “È molto meglio di quello che mi aspettavo”» (a Milena Gabanelli).
• Nel 2006 il presidente di Capitalia, Geronzi (vedi), voleva fondere la sua banca con la Banca Intesa di Giovanni Bazoli. Ma fu sospeso da tutti gli incarichi nell’ambito dei processi Ciappazzi e Italcase. In sua assenza, l’amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe, presentò allora al consiglio d’amministrazione della banca una richiesta di acquisto di un pacchetto del 2,02 per cento di Banca Intesa, vincolando l’operazione al voto unanime del consiglio, che lo diede. Da quel momento in poi, Capitalia diventò per Banca Intesa costosissima e di fatto inaccostabile: la legge infatti prescrive che una banca possa lanciare un’Opa su un soggetto che la possiede con una percentuale superiore al 2% solo in contanti e solo impegnandosi a prenderne un minimo del 60%. Questa mossa scatenò tra i Geronzi e Arpe una guerra molto violenta. Geronzi, recuperate le sue cariche, cercò di indurre Arpe alle dimissioni, che Arpe si guardò bene dal concedere. Geronzi tentò allora di indurre il consiglio d’amministrazione a ritirare le deleghe al suo giovane amministratore. Ma la comunità finanziaria internazionale manifestò grande sconcerto per queste iniziative prese nei confronti di un amministratore che aveva risanato Capitalia e ne aveva moltiplicato per sette volte il valore di Borsa. Intervenne Roberto Colaninno e indusse i due a un armistizio. Arpe scrisse una lettera di scuse, acconsentendo che venisse resa pubblica. Le deleghe gli furono sostanzialmente lasciate. Quando poi Geronzi perfezionò l’operazione di fusione con Unicredit (vedi anche PROFUMO Alessandro), Arpe abbandonò il gruppo intascando la liquidazione, prevista dal contratto, di 31 milioni di euro che ne fece il banchiere più pagato del 2007. Questi soldi vennero investiti nella Sator, società di servizi finanziaria valutata (secondo quanto ha riferito lo stesso Arpe) 250 milioni e il cui presidente è Luigi Spaventa.
• Sulle ragioni dell’acquisto del 2,02% di Intesa circola questa versione: che Arpe volesse mettersi piuttosto d’accordo con Citigroup per lanciare un’Opa su Abn Amro (all’epoca primo azionista di Capitalia con l’8,59). La versione di Arpe è che in questo modo sarebbero stati tutelati i piccoli azionisti in un momento «di mercato in preda alle speculazioni». Quando Geronzi, rientrato in gioco, fece entrare nell’azionariato di Capitalia Bolloré e i francesi del Santander (la spiegazione di Geronzi era che in questo modo la banca avrebbe resistito meglio agli assalti degli istituti stranieri), Matteo Arpe commentò, e fece in modo che la battuta si risapesse, «Francia o Spagna purché se magna».
• Dopo una rigorosa procedura d’ammissione durata due anni, a gennaio 2008 ha pubblicato su una rivista di matematica un saggio scientifico sui numeri primi.• È stato condannato a 3 anni e 7 mesi per bancarotta fraudolenta nella vicenda della vendita delle acque minerali Ciappazzi, inchiesta legata al crac Parmalat.
Vita Famiglia di origini modeste, frequenta il liceo scientifico Paolo Frisi di Monza e in terza, piuttosto che presentarsi a settembre per un 5 in italiano, si iscrive a un istituto privato e ripete l’anno. I commentatori vedono in questo comportamento la prova di una certa irriducibilità di carattere. Dopo il diploma, frequenta la Bocconi e si laurea con 110 e lode in Economia aziendale nel 1987.
• Per la tesi era stato aiutato da Giorgio Drago, funzionario di Mediobanca, che lo sollecitò a far domanda di assunzione all’istituto. Entrò in via Filodrammatici in età di 22 anni, stipendio di un milione e duecentomila lire che all’inizio gli venne pagato in contanti perché non aveva un conto in banca. Quando andò via da Mediobanca, guadagnava 420 milioni l’anno.
• Dopo due anni entrò in contatto direttamente con Cuccia, «una persona capace di un tratto umano piuttosto raro». Quando Colaninno, progettando di scalare Telecom, andò a chiedere un parere al presidente di Mediobanca, questi gli mise a fianco Arpe, incaricandolo di accompagnare gli uomini della Bell alla Chase Manhattan e sul resto del mercato, per trovare i soldi. L’operazione fruttò a Mediobanca 200 miliardi e Arpe, dopo, si sentì autorizzato a chiedere un avanzamento di grado all’amministratore delegato Vincenzo Maranghi. «Per Maranghi, abituato a dare le promozioni senza che queste venissero richieste, si trattò di un gesto inconcepibile. Su questo ruppero. Fu Nagel a diventare direttore generale» (Il Foglio). Nagel, entrato in Mediobanca quattro anni dopo di lui, è considerato un suo nemico.
• Molto critico del capitalismo famigliare. Questa concezione è poi alla base delle difficoltà incontrate in Mediobanca.
• Arpe si licenzia e va a Londra a lavorare per Lehman dove guadagna dieci volte di più («In Mediobanca dicevano: “«I posti che ti pagano di più sono quelli che ti danno di meno”»).
• «Prima di passare a Lehman sono stato 4 mesi senza un impiego; non riuscivo ad immaginare un mio collocamento professionale fuori da Mediobanca, dopo 13 anni era una seconda famiglia, fu sicuramente un trauma. Quindi pensai di prendermi un periodo di tempo con i miei figli, allora molto piccoli».
• Nel 2001 lascia Lehman per diventare amministratore delegato e direttore generale del Mediocredito centrale. Stimatissimo dall’amministratore delegato di Capitalia Giorgio Brambilla, ne prende il posto quando Brambilla muore nel 2003. È l’amministratore delegato di una grande banca più giovane in Europa. Durante la sua gestione Capitalia ha moltiplicato per sette il valore di Borsa. Si è dimesso al momento della fusione con Unicredit.
• Ha una società personale che si chiama Mater, «acronimo di Matteo, Elena e Riccardo, i nomi dei miei figli».
• Fratello di Fabio Arpe.
Frasi «Io sono il prodotto di una realtà e di un modo di far banca completamente diverso dal modo di Geronzi».
• «Il sistema estero cerca buoni investimenti, il sistema italiano cerca buoni affari. Mi spiego: l’investimento si ha quando c’è un rischio molto importante e i ritorni sono legati a un medio-lungo periodo, l’affare è subito conveniente e con pochi rischi».
• «Da noi eccelle il desiderio di compiacere la politica, o ai vari poteri, pensando di averne dei ritorni. Succede ovunque, ma altrove la referenza politica è confinata al suo livello di competenza. Quando diventa l’unico driver non ci sono più i requisiti necessari per crescere. Quello che manca in Italia, e vale tanto per i giovani quanto per i più anziani, è un concetto di accountability, ovvero quello che è successo negli ultimi anni viene dimenticato, si riparte sempre da zero. Invece la meritocrazia ha bisogno di memoria» (tutte le citazioni sono prese da un’intervista di Milena Gabanelli).
Commenti «Genietto» (Roberto D’Agostino).
• «Rottweiler» (Paola Pilati).
Politica «La politica non è mai stata la mia acqua».
• La vulgata vuole che Veltroni avesse puntato su di lui e che lo scontro con Geronzi lo abbia preso in contropiede.
Vizi Appena arrivato a Roma fece costruire una palestra nella palazzina del Mediocredito dove aveva l’ufficio. «Nagel giudica un po’ eccessiva la cura di Arpe per se stesso» (Il Foglio).
• Riservato. Calcetto e pizze, magari con Alfio Marchini, Nino Tronchetti (Roma, 3 aprile 1968) e un rampollo Colaiacovo (cementieri di Gubbio).