31 maggio 2012
Tags : Pino Arlacchi
Biografia di Pino Arlacchi
Gioia Tauro Marina (Reggio Calabria) 21 febbraio 1951. Sociologo. Mafiologo. Eurodeputato Pd (nel 2009 si è presentato alle elezioni tra le fila dell’Idv, ma nel 2010 è passato al Pd). Ex capo dell’agenzia Onu per la lotta contro coltivazione, commercio, produzione della droga (1997-2002). Considerato una delle massime autorità mondiali in tema di sicurezza umana. Ha contribuito a fondare la Dia • Tra i suoi libri La mafia imprenditrice (ripubblicato da il Saggiatore nel 2007, quasi 25 anni dopo la prima edizione) e L’inganno e la paura. Il mito del grande caos (Il Saggiatore, 2009) • Molto controversa l’esperienza alle Nazioni Unite, da lui definita «una scorribanda intellettuale e politica nella cittadella più impenetrabile di tutte: il riciclaggio del denaro sporco effettuato dalle maggiori banche internazionali». Roberto Fabiani: «Non ha combinato niente, ha umiliato i suoi specialisti con una gestione dispotica e dilettantistica, si è fatto mandare a quel paese da tutta l’Onu (americani esclusi), mentre produzione e traffico di droghe naturali e sintetiche aumentavano a vista d’occhio». Pietrangelo Buttafuoco: «L’idea è semplice: per eliminare la droga dal mondo basta non produrla. E per non produrla basta pagare i paesi dei papaveri perché non la coltivino. Geniale» • Tra il 2006 e il 2008 ha fatto parte del comitato internazionale costituito dalla Repubblica cinese per la sicurezza dei Giochi Olimpici 2008 • Dal 2011 è responsabile Sicurezza internazionale del Partito Democratico italiano • Attualmente è professore ordinario di Sociologia generale all’Università di Sassari, dopo aver insegnato alla Columbia University di New York ed all’Università della Calabria e di Firenze • «Dico semplicemente che non bisogna fare confusione, perché trattative fra Stato e mafia ce ne sono sempre state. In quegli anni cruciali ce n’erano in piedi più d’una, addirittura tre o quattro ed erano intrattenute da centri marginali dello Stato. Marginali non vuol dire ininfluenti: era gente che stava nei servizi, nei Ros e negli apparati investigativi d’eccellenza. Perché trattavano? Un po’ per cercare pentiti, molto per arginare i successi della polizia molto ben organizzata da Parisi e da De Gennaro. Perché è bene che si sappia: il cancro della lotta alla mafia è sempre stata la concorrenza, le gelosia tra apparati dello Stato».