31 maggio 2012
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Biografia di Luigi Arcuti
• Torino 1 luglio 1924 - 12 gennaio 2013. Banchiere. Mitico presidente dell’Imi (Istituto Mobiliare Italiano, dal 1980), e del Sanpaolo-Imi (dal 1998 al 2001, dopo la fusione), poi presidente onorario.
• Direttore del San Paolo già nel 1974. Periodo più difficile, quello tra il 1979 e il 1984, con tassi d’interesse «feroci»: «Godeva di ottima salute, aveva rapporti buonissimi con Mediobanca e aveva una presenza importante sul territorio. La liquidità fu l’arma essenziale per vincere la sfida. In ogni caso anche le banche dovevano essere capitalizzate. Nacque così l’ idea - credo di aver diritto di paternità - di operare uno split tra fondazione da un lato e attività bancaria dall’altro. Presentammo la proposta (Iozzo che ne scrisse una buona parte ha ancora la documentazione) nel 78 all’allora “mastino” della vigilanza, Mario Sarcinelli, il quale a sorpresa fu d’accordo e ne parlò al governatore Paolo Baffi che condivise. Poi sulla proposta, dopo alcune schermaglie intellettuali, cadde l’oblio fino al momento in cui la illustrai all’onorevole Giuliano Amato, divenuto ministro del Tesoro, che la incapsulò in un contesto giuridico che ancora oggi tiene. Nacquero così i grandi investitori istituzionali anche in Italia».
• Nell’80 il passaggio all’Imi: «Nell’81 fu necessario un nuovo rafforzamento di capitale, dopo quello del 79 da 100 a 500 miliardi, per far fronte ai primi effetti della crisi della Sir. Vennero emesse obbligazioni convertibili, gli azionisti masticarono amaro ma sottoscrissero. I risultati dettero loro ragione: i mezzi propri dell’Imi salirono in breve a 1.650 miliardi più riserve e fondi rischi». Nell’88 la fusione col San Paolo: «L’Imi era un colosso del credito speciale e nel settore finanziario aveva tanta liquidità ma non aveva filiali nel territorio. L’unione si è rivelata felice».
• È tra i banchieri che parteciparono al salvataggio del Banco Ambrosiano, dopo la crisi provocata dalla gestione di Roberto Calvi (vedi CIAMPI Carlo Azeglio): «Era la fine di luglio e l’allora governatore Ciampi assieme al ministro del Tesoro Andreatta ci riunì in una lunga ed estenuante sessione che durò fino alle 4 del mattino in Banca d’Italia per fondare sulle ceneri del banco Ambrosiano di Calvi al nuovo banco Ambrosiano. L’impegno era di 600 miliardi, 300 per gli istituti pubblici (Imi, San Paolo e Bnl) e il restante 50% per quelli privati, lombardi ed emiliani in particolare. La pressione di Bankitalia andava al di là di una semplice moral suasion e il ministro Andreatta non lasciava alternative. A posteriori si può affermare che il compito fu oneroso ma la svolta fu azzeccata».
• Tra i suoi libri Quale modello di banca per l’Europa di domani (Franco Angeli 2003).