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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Renzo Arbore

• (Lorenzo) Foggia 24 giugno 1937. Conduttore tv. Musicista. Regista. Deejay. Con la trasmissione Alto gradimento (1970) rivoluzionò il linguaggio della radio, con L’altra domenica (1975) e soprattutto con Quelli della notte (1985) e Indietro tutta (1987) innovò profondamente quello della televisione. «Mi considero un jazzista della parola».
Vita Famiglia in vista di Foggia. «In casa, anzi a palazzo, c’è un padre dentista, uno zio sindaco, una nonna nobile, il ricordo di un avo famoso come Carlo Cafiero, anarchico ricchissimo e pazzo, morto in manicomio» (Camillo Langone).
• Il padre rappresentava l’autorità, la madre sbrigava le pratiche quotidiane ed era petulantissima con l’educazione: «Renzo, ringrazia», «Renzo, saluta», «Si fa un sorriso, quando si conosce una persona», «Mangia composto», «Non parlare col boccone in bocca», «Stai dritto», «Tagliati i capelli». Aveva anche il culto dei proverbi: «Chi troppo in alto sale, cade sovente», «Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te», «Chi va piano va sano e va lontano», «Chi troppo vuole nulla stringe», «Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi», «La farina del diavolo va tutta in crusca»: «Noi la prendevamo in giro e mamma ci ammoniva: “Quando sarò morta, vi accorgerete che sono la saggezza dei popoli”». Una volta che Arbore le disse che andava in America in aereo, lei rispose: «Vai piano».
• «Mio padre aveva un carattere gioviale. Gli piacevano gli amici, le barzellette e la musica».
• «Difficile pensare che tra il 1945 e il 1946, Foggia possa essere stata la culla d’una flaubertiana educazione sentimentale (in senso musicale). La guerra, con le sue macerie e le ferite, era appena terminata, la ricostruzione di là da venire, l’umore malconcio anche se la speranza stava rinascendo. Ma l’incontro con la canzone della vita non vuole pensieri, tanto più in un bambino di terza elementare. Ed è stato così, un puro incantamento, che su Renzo Arbore si sia cosparsa Polvere di stelle (Stardust). Lui alla finestra della casa di famiglia nella centrale piazza Giordano. E di fronte Palazzo Frattarolo, sede del comando americano, con un circolo ufficiali da dove usciva una musica ammaliante per mano e fiato di musicisti pazzeschi (tipo Stan Getz) che giravano le basi americane in Europa. Dopo quella contagiosa polvere stellare in pieno dopoguerra, la vita di Renzino non sarebbe stata più la stessa. “Il mio amore per la musica – ricorda – è nato allora. La trama melodica di Polvere di stelle è complessa, un po’ contorta, quasi misteriosa, ma poi sfocia in un bellissimo ritornello: un capolavoro del jazz, scritto da un gigante come Hoagy Carmichael autore pure del gioiello Georgia on my mind, portata al successo da Ray Charles. Fra l’altro Carmichael, venuto in Italia da soldato, ha scritto la musica d’un pezzo che tutti ritengono italiano e invece manco per niente. Quello che fa ‘Io t’ho incontrata a Napoli/bimba dagli occhioni blu/e t’ho promesso a Napoli/di non lasciarti più’. Tipica canzone del soldato americano che s’innamora d’una bellezza locale all’ombra del Vesuvio”» (Gian Luigi Paracchini) [Cds 18/8/2015].
• Liceo classico al Vincenzo Lanza (lo stesso di Nadia Desdemona Lioce). Poi Giurisprudenza a Napoli. «Sognavo di andare in una grande città e fare l’artista. Sognavo la radio, costruivo delle radio. Poi ho ricevuto in regalo il mio primo strumento, una fisarmonica, ma ne ho suonati molti prima di fermarmi al clarinetto. I miei genitori vedevano Roma come una città peccaminosa e quindi inadatta a un ragazzo. Erano gli anni della dolce vita. Napoli sembrava più pacioccona e poi mio padre aveva studiato e lavorato proprio a Napoli. Avevo affittato una stanza a casa di amici. Facevo grandi passeggiate per risparmiare. C’erano molti americani a Napoli e il mio maggiore divertimento era farmi prendere per un americano. Misi su un complessino che suonava nei locali durante i matrimoni. Poi fummo scritturati in un locale riservato ai militari americani della Nato». Per laurearsi in Giurisprudenza a Napoli ci mise sette anni. Chiesto al padre un anno di tempo per fare l’artista, il padre glielo concesse assicurandogli che non avrebbe avuto a disposizione un giorno di più. Andato a Roma, quando il periodo stava quasi per finire partecipò a un concorso Rai come «maestro programmatore di musica leggera»: arrivò prima di Gianni Boncompagni (e ci tiene a farlo sapere).
Bandiera gialla (realizzato alla radio con Boncompagni, che lo presentava) «fu la prima finestra per la musica giovane. Dai Beatles all’Equipe 84, passando per Otis Redding e i Rolling Stones. E il goliardico Alto gradimento è un po’ alle radici della mia tv».
• «Io sono quello che ha sempre inseguito l’altra tv e ha fatto tutto il contrario di quello che andava di moda. Anche quando mi è stato offerto da Agostino Saccà e da altri di fare la prima serata del sabato ho detto di no. Io continuo a fare l’altra tv, come faccio l’altra radio, l’altro cinema e persino l’altro spettacolo».
L’altra domenica fu il suo primo programma tv di grande successo: «Dal 1976 al 1979, l’Italia era negli anni di piombo, la gente di domenica stava in casa, il nostro cazzeggio era salutare. Come scelsi i corrispondenti? Come un novello Mario Pastore scelsi Isabella Rossellini (New York), Françoise Riviere (Parigi), Michel Pergolani per Londra. Silvia Annichiarico per Milano e Milly Carlucci per lo sport. Tanti giornalisti: Gianni Minà, Fabrizio Zampa, Mario Marenco, Mimma Nocelli, Fiorella Gentile, Irene Bignardi, Patrizia Schisa. Roberto Benigni era il cine-critico improbabile, Andy Luotto parlava da cugino italoamericano, Maurizio Nichetti e Guido Manuli, erano i Gasad, Otto e Barnelli sostituivano l’orchestra classica. Le Sorelle Bandiera, mai volgari, introdussero il tema dell’omosessualità con il “fatti più in là”. E riconoscetemi un merito: abolii le vallette mute. Con il femminismo capii che era venuta l’ora delle vallette parlanti. Dora Moroni e Sabina Ciuffini, anche se intelligenti, non le facevano parlare».
• «Negli anni di piombo persino i brigatisti rossi volevano telefonare in diretta a L’altra domenica. Forse provarono, ma col successo del quiz “Da dove chiama?” devono aver trovato le linee occupate. Adriana Faranda di recente mi ha rivelato che durante il caso Aldo Moro lei sentì che le Br pensarono di chiamarci. Era nell’aria: io e Andrea Barbato valutammo questa eventualità. Io avevo paura che accadesse, lui era disposto a farli parlare».
• Primo film Il Pap’occhio, poi FF-SS, ovvero Che mi hai portato a fare sopra Posillipo se non mi vuoi più bene?: «Cominciava con me che raccoglievo un copione di Federico Fellini che volava giù dalla finestra mentre faceva pipì. Gli feci vedere la pellicola in anteprima; pensavo di farlo felice; ci restò malissimo». Nell’85, il successo della vita, la trasmissione tv Quelli della notte: in uno studio affollatissimo e arabeggiante (Andy Luotto dovette interrompere la parodia dell’arabo per le minacce di alcuni membri della comunità islamica), Arbore presentò una serie di personaggi pressoché sconosciuti fino a quel momento e che diventarono subito popolarissimi, Nino Frassica, Simona Marchini, Andy Luotto, il professor Riccardo Pazzaglia, Roberto D’Agostino, Marisa Laurito ecc. L’Italia fu invasa dai tormentoni del programma: «Non capisco, ma mi adeguo», «Non è bello ciò che è bello, ma che bello che bello che bello», l’«edonismo reaganiano» ecc. In termini d’ascolto, la trasmissione (in onda tutte le sere sulla Raidue di Giovanni Minoli), fece 800 mila spettatori di media la prima settimana, toccò il milione e 700 mila la seconda, il 22 maggio 1985 superò per la prima volta i 2 milioni, che tenne di media fino alla fine della quinta settimana. Nella sesta e nella settima, effetto valanga, si toccarono i 3 milioni di spettatori con punte di share del 51 per cento (7 giugno 1985. Si tenga conto che eravamo in seconda serata). Due anni dopo Indietro tutta bissò il successo di Quelli della notte: uno sgangherato programma a quiz condotto da Arbore in veste di ammiraglio e da Frassica come bravo presentatore vedeva contrapposti il popolo del Nord e quello del Sud. Ballando, le ragazze Coccodè reclamizzavano l’inesistente Cacao Meravigliao (qualcuno tentò davvero di lanciarlo sul mercato e la Rai dovette stopparlo). Nuovi personaggi: il ragazzino Mario Marenco, il mago Forest (Michele Foresta).
• Dopo Indietro tutta, benché invocato molte volte, Arbore s’è praticamente astenuto dalla tv e ha girato il mondo con la sua Orchestra italiana, nata nel 1989: «Un piccolo fenomeno: un ensemble di quindici solisti che colleziona concerti esauriti in tutto il mondo, con gli spettatori travolti dall’energia di cori, mandolini e melodie napoletane» (Sandra Cesarale).
• Nel 2005 discreto successo, ma non paragonabile a quelli del passato, con Speciale per me, sottotitolato – in polemica con le ossessioni da Auditel – Meno siamo, meglio stiamo. Qui per la prima volta Arbore – sempre attentissimo a non farsi nemici – polemizzò con la Rai che lo mandava in onda troppo tardi.
• «L’altra radio, l’altra tv, l’altro cinema – con un film sul Papa e uno su Fellini –, l’altra musica, perché ho riproposto i classici partenopei quando nessuno riteneva che la canzone napoletana d’autore fosse una canzone sempreverde e straordinaria. Se c’è una cosa che ogni tanto mi viene riconosciuta è che ho fatto molte primogeniture: il primo programma in seconda serata, il primo talk show, il primo rotocalco di spettacolo (L’altra domenica), i primi en travesti (Le sorelle Bandiera), il primo programma nostalgia: Cari amici vicini e lontani, dedicato ai 60 anni della radio, faceva 14 milioni di spettatori con punte di 18» (a Renato Franco) [Cds 21/12/2015].
• Nel 2007, triplo cd con l’Orchestra italiana che ha portato in Cina (primavera 2007) e poi, per Natale, in piazza Duomo a Milano, ha girato uno spot per Unicredit (lo si vede girare per un mercatino al centro di Lodi, la regia è di Carlo Sigon). Per i suoi 70 anni, Minoli gli ha dedicato uno speciale in tv, curato «da quel topo di cineteca» (Aldo Grasso) che è Luca Martera.
• Claudio Cavallaro gli ha dedicato una biografia (Renzo Arbore ovvero quello della musica, Raro Libri 2007), così come il giornalista Gianni Garrucciu (Renzo Arbore: vita, opere e (soprattutto) miracoli, Rai Eri 2013).
• È tornato al cinema con un cameo nel docu-film Focaccia Blues di Nicola Cirasola (2008, la storia vera di un piccolo panettiere di Altamura che ha vinto la concorrenza di McDonald’s) e con la commedia L’era legale (2011).
• Il 24 giugno 2015 si è esibito al Palazzo dei Congressi del Cremlino, a Mosca.
• Di lui Paolo Isotta ha detto: «Poi c’era il Cacao meravigliao. Capii di trovarmi di fronte alla manifestazione del Genio allo stato puro. Che un foggiano sia così intriso di spirito napoletano non deve meravigliare: nel Regno straordinaria era la simbiosi fra le provincie e la capitale. Il più grande concittadino di Arbore, Umberto Giordano, che al Conservatorio napoletano si era formato, parlava napoletano persino con Verdi, che di tutti i giovani compositori voleva bene solo a lui. La sua città, nata fra le mani di Roberto il Guiscardo, ha per protettrice la Madonna dei Sette Veli: che io prego affinché Renzo ci dia almeno altri cinquant’anni di radio, teatro e persino televisione» [Fat 16/12/2015].
Amori Lunga relazione sentimentale con Mara Venier. Matrimonio continuamente previsto e mai realizzato. La Venier ha raccontato di essere rimasta incinta di Arbore nel 1990 e di aver perso il bambino al quinto mese di gravidanza.
• È stato otto anni con Mariangela Melato, «la donna che ho amato di più e che mi ha insegnato ad amare Milano». Lei, di Arbore, diceva: «Non c’è in giro un Peter Pan come lui». Nel gennaio 2013, quando la Melato è morta, Arbore, al funerale, non riusciva a trattenere i singhiozzi.
• Nel 2003, intervistato da Aldo Cazzullo, fece un bilancio di 7 innamoramenti e 3 grandi amori (senza soddisfare la curiosità dei lettori che volevano sapere in quale categoria mettere Mara Venier&C.).
Frasi «Se usi la satira per rabbia e non per piacere, se tiri sempre fuori i denti, vuol dire che stai impostando, e forse addirittura rovesciando, la storia stessa della televisione. Che non nasce aggressiva, ma ci è diventata. A lungo andare hanno portato la gente a pensare che non ci sia altro modo di farla, la tv. E ad un certo punto conta solo l’abitudine. È come fumare per anni un sigaro forte e poi un giorno ributtarsi su una sigaretta light: non senti niente».
• Della tv di oggi dice: «È una “fast tv” qualche volta accettabile, ma mancano le invenzioni, l’intrattenimento non mi diverte, le risate sono fasulle. Virginia Raffaele è un’artista vera, Crozza è bravissimo, ma non sono il mio genere ho l’idiosincrasia per le imitazioni. Io ho fatto solo l’imitazione con l’imitato. Veniva Benigni ma dicevo che era un imitatore. Oggi per far ridere si fa televisione “contro”: si parla male, si fa satira per finire sui giornali, tutto costruito in laboratorio. A Quelli della notte, nato grazie alla complicità di Giovanni Minoli, tutto scaturiva dall’allegria e dall’umore del momento. La mia non era “tv contro” è sempre stata “tv per”» (a Silvia Fumarola) [Sta 16/6/2015].
• «Ho portato in tv certe serate felici a casa mia, quando suonavamo jazz, canta Napoli e facevamo una bella jam sessione di puttanate. In crociera con Massimo Catalano e Marisa Laurito ubriacavamo la gente con discorsi sconclusionati, lo spirito era quello. Oggi mi confronto con la mia orchestra sulla mozzarella: meglio quella di Cancello e Arnone o di Battipaglia?».
• «Ti prende e non ti molla più: il jazz è davvero uno specchio della vita per come ti coinvolge, ti spinge all’iniziativa, esalta gli assolo e le deviazioni ma ti insegna sempre a stare in sintonia con il gruppo. Adoro la grande tradizione della nostra melodia che porto in tournée con l’Orchestra italiana, ma quel jazz vintage a stelle e strisce mi sta proprio nel cuore».
• «Ho sempre pensato di fare una televisione a futura memoria. Volevo fare delle cose che si conservassero e si potessero vedere anche nel 2050 come con molta presunzione dicevo ai miei collaboratori senza crederci fino in fondo».
Religione «Sono cattolico, ho conosciuto padre Pio, ho vissuto la malattia dei miei genitori nel suo ospedale. Anche quando abbiamo messo in scena Giovanni Paolo II l’ho fatto con delicatezza e rispetto. Eppure Il Pap’occhio è l’unico film di tutti i tempi a non essere mai passato in tv».
• «Da bambino servivo la messa alla chiesa di Gesù e Maria di Foggia, alle nove del mattino, e per me che ero già allora un nottambulo era una bella fatica. Continuo a seguire i precetti cattolici ma ritengo che si possa comunicare con il Padreterno anche senza seguire la messa. Purtroppo col passare degli anni ci vado quasi solo per i funerali. E quel rito mi fa sentire un po’ più protetto».
Politica «Mi considero un liberale radicale. Non sono mai stato comunista, sono sempre stato filoamericano; anche al tempo del Vietnam, anche nel 1968».
• Il 14 settembre 2007, discutendo con Fassino al Festival dell’Unità di Bologna, ha detto: «Una volta, non sapendo per chi votare, ho scritto sulla scheda Abramo Lincoln».
Vizi «Non ho vizi, non fumo, non mi drogo, non bevo più, ma sono affetto da acquistomania».
• Collezionismo sfrenato di ogni tipo di oggetti, frenetica caccia ai kitsch più improbabili, specialmente se di plastica: swatch, sveglie arabe col canto del muftì oppure programmate per riprodurre dieci suoni naturali (uccellini, rumore del mare ecc.), cibi conservati e congelati di tutto il mondo comprese le razioni degli astronauti, camicie hawaiane, cappelli e stivali da cowboy (un armadio pieno), bandiere americane, occhiali da collezionare al mercatino di Borghetto Flaminio a Roma, al Mercante in Fiera di Parma, da una vecchietta che li vende per strada a Soho, New York (quelli da sole Oliver People con montature verdi e lenti sfumate a Los Angeles, quelli da leggere con montature bianco latte o a scacchi o con gli strass nei drugstore di Miami), gli auguri di compleanno registrati su lacca da Mick Jagger (glieli manda direttamente lui) ecc. Nel 2007 ha donato gran parte del materiale al nascente Museo MAXXI.
• Dal 19 dicembre 2015, in occasione del trentennale di Quelli della notte, il Macro di Roma ha allestito una mostra dedicata ai suoi 50 anni di carriera e alla sua collezione di oggetti e memorabilia. «Quando ho cominciato a lavorare, nel 1965, con i miei primi guadagni ho iniziato a dare sfogo al mio desiderio di fare acquisti, quasi come forma di compensazione per i tutti i giocattoli che non avevo posseduto da bambino a causa della guerra. (…) Giravo per mercatini a caccia degli oggetti più disparati. Si sa, io sono innamorato del disutile, dell’oggetto falso che, sostengo, è meglio del vero perché non appassisce».
• «Ho dieci radio in bagno, ciascuna sintonizzata su una stazione diversa. Le ascolto con attenzione mentre mi trucco».
• «Sono accalappiato dal casalingame: ho il Folletto, l’aggeggio per fare gli hotdog, un uovo che s’illumina completamente per rammendare i calzini, la forchetta che si allunga per rubare il cibo dal piatto del vicino ma anche quella elettrica per arrotolare gli spaghetti. Poi ho un phon a forma di Colt e le pantofole con le luci davanti per evitare di cadere di notte».
• Fra l’altro colleziona i dischi di Rodolfo da Angelis («ne ha incisi 400»).
• Cuoco. Ma: «Ho abbandonato pentole sul fuoco, pirofile in forno, macchinette del caffè sul gas. Tutto per una saporita chiacchierata con un amico. Per un single come me, il richiamo del telefono è irresistibile».
• Smise di fumare quando, regista, vietò le sigarette all’intera troupe durante la lavorazione di un film: «Per 20 giorni sono riuscito a non sentire neppure l’odore del fumo. Ora, di tanto in tanto, mi concedo il lusso di un sigaro».
• Possiede una Cinquecento del 1969, color acquamarina, appartenuta alla famiglia D’Annunzio.
• «La vacanza è l’unico sport che pratico».