Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Giovanni Anceschi

• Milano 12 settembre 1939. Grafico. Insegna comunicazione visiva al Politecnico milanese.
• «Avevo un’idea, cambiare il mondo con l’arte».
• Figlio del critico letterario Luciano Anceschi, studiò Filosofia a Milano e fu allievo di Cesare Musatti. «Tuttavia nel 1957-58 ho detto a mio padre: “Non mi laureo, voglio fare il pittore”. Mi ha risposto: “Devi imparare a disegnare”. E così mi ha portato da Achille Funi che insegnava a Brera».
• Imparò a fare l’affresco, fu affascinato dall’arte cinetica e programmata, fondò il Gruppo T (come Tempo) con altri artisti che cercavano di utilizzare materiali nuovi per costruire opere mobili, rifiutando i concetti di forma e stile, di figurativo e astratto, in cui lo spettatore veniva invitato a interagire. Da lì nacquero la computerart, l’arte percettiva e interattiva (Umberto Eco uno dei teorici).
• Nel 1962 va a studiare a Ulm in una nuova scuola diretta dall’argentino Maldonado, considerata la nuova Bauhaus, e si innamora della semiotica. «Prendevamo alla lettera le parole delle avanguardie: faremo delle opere con dentro la luce elettrica».
• Nel 68 è in Algeria a lavorare all’immagine dell’Ente petrolio, appena nazionalizato. «La parola che circolava all’epoca era: cambiamento radicale; e poi: rivoluzione. Abbiamo cambiato il colore delle stazioni di servizio dell’Algeria. C’erano le insegne e i colori delle compagnie straniere e noi abbiamo dato il bianco a tutti gli edifici lasciando solo un paletto nero con il marchio SH. Ci sembrava un grande cambiamento».
• Negli anni Settanta torna a Roma, chiamato a insegnare Disegno industriale e Comunicazione visiva. Con Fabio Bonzi disegna il logo di Potere Operaio e quello per la Camera di Commercio di Roma. Una mattina Milli Graffi, la sua compagna poetessa, gli dice: «Voglio dedicarmi allo yoga». «Le ho replicato: Ci sei cascata anche tu! Il giorno dopo penso: ha ragione lei. Erano iniziati gli anni Ottanta».
• Comincia l’attività di saggista con Monogrammi e figure, testo con cui trasforma la grafica in un’attività anche teorica. Oggi si occupa di interfacce, ovvero i pulsanti del cellulare, i bottoni dei distributori automatici. «Servono a rendere migliore il mondo. Sono qualcosa di etico e di politico insieme. In fondo, in tutti questi anni ho lavorato sempre a una cosa sola: creare una disciplina complessiva che tenga insieme arte e politica, grafica e cultura. Si chiama teoria del progetto di comunicazione. Sono sempre rimasto un artista» (a Marco Belpoliti) (a cura di Lauretta Colonnelli).