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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Niccolò Ammaniti

• Roma 25 settembre 1966. Scrittore. «Scrivere è faticoso».
• Con il romanzo Come Dio comanda (Mondadori 2006) ha vinto il Premio Strega 2007. Valutazioni critiche diametralmente opposte, molte polemiche. Ultimo libro: la raccolta di racconti Il momento è delicato (Einaudi 2012). Il titolo si riferisce alla frase di rifiuto che gli venne rivolta anni prima: «La prima short story è metafinzione. Una pagina di diario. In E se... Niccolò Ammaniti ricorda quando si presentò in Mondadori con i racconti di Fango sottobraccio, sentendosi dare picche da Gian Arturo Ferrari: “Lasciamo perdere, il momento è delicato”. Il sassolino tolto dalla scarpa diviene una chicca per i fan, una caramella per gli addetti ai lavori. In realtà è una deliziosa excusatio non petita. I racconti non tirano? Dimostratemelo voi, lettori» (Michele Lauro su Panorama).
Vita Figlio dello psicoanalista Massimo (Roma 1941) e dell’architetto Fausta.
• «Dal genitore psicoanalista ti aspetti molto più che da un padre normale. Pensi di essere capito in modo speciale. E invece il mio era un papà come tutti gli altri, amorevolissimo e dunque pieno di paure, di ansie, di attese che temevo di deludere».
• Studi in Biologia, esordio nel 1994 con il romanzo Branchie, nel 1995 pubblicò col padre Nel nome del figlio, nel 1996 la raccolta di racconti Fango. Lo si dice “cannibale” perché Einaudi lo inserì in una raccolta di racconti che raggruppava, con quel nome, giovani scrittori italiani (di quel gruppo è l’unico citato dall’ultima Garzantina, insieme con Tiziano Scarpa). Nel 1997 Ti prendo e ti porto via, nel 2001 Io non ho paura (premio Viareggio, più giovane vincitore della storia). Nel 2009 Che la festa cominci, nel 2010 Io e te (da cui è stato tratto il film omonimo del 2012: «Ho mandato Io e te a Bertolucci, mi son detto: mah, può darsi che gli piaccia. L’ha letto subito, mi ha chiamato e ha detto: lo voglio fare io. Sono rimasto a bocca aperta, non ci potevo credere....»).
• «All’università avevo superato 15 esami, ma avevo detto d’averne fatti 18. Dopo il diciannovesimo devi cominciare la tesi. Io ero molto lontano da poter scrivere una tesi. Quando mio padre mi ha proposto di andare a scriverla nel suo ufficio ho detto di sì, perché mi sembrava una specie di punizione. Il mio stato mentale era completamente disturbato, fino a quando ho deciso di accendere il computer e scrivere. Ho scritto la storia di un malato terminale, che aveva tre mesi di vita. Era abbastanza autobiografica, perché dopo tre mesi avrei dovuto dire a mio padre che non mi sarei laureato. Era una storia tristissima. Poi incontrai un ex mio compagno che lavorava per una casa editrice. Doveva fare una collana di scrittori esordienti. Gli ho subito mollato la prima parte, lui mi ha detto che se finivo il romanzo lo avrebbe pubblicato. Così ho cominciato a essere di ottimo umore e, quindi, Branchie ha una prima parte molto triste e una seconda che fa molto ridere».
• «Diciamo che accumulo col tempo una serie di trame. Ne ho parecchie a disposizione e poi ne scelgo una che è più adatta al momento personale che sto vivendo. Quindi è più forte. Ci può essere una storia di gelosia o una di paura, ma se la gelosia in quel momento mi affascina di più, devo scriverla». Dice che fare lo scrittore «è il solo mestiere che ti permetta di continuare a giocare. Ma anche di stare a casa, di annoiarti e di fantasticare. In fondo continuo a fare oggi quel che facevo da bambino, quando d’una trama reinventavo innumerevoli finali, sempre attratto da storie di solitudine e incomprensione».
• «Lo scrivere in se stesso è bruttissimo, la letteratura è una cosa fantastica. Scrivere è faticoso e diventa sempre più faticoso col tempo. Se ti prefiggi di fare ogni volta uno scalino magari con la mente ci arrivi, ma ti accorgi che forse i tuoi mezzi espressivi non sono abbastanza raffinati».
• «Cominci a essere un personaggio alla moda. Vai a una cena e vieni riconosciuto da persone importanti, che dimostrano curiosità per te e i tuoi libri. È allora che scatta la regressione: il successo finisce per riportarti indietro, come una zavorra che ti spalma sul passato, impedendoti di guardare al futuro. Un delirio narcisistico che può farti male, perché il tuo mestiere è guardarti intorno, osservare gli altri. Guardare quelli che ballano, non stare tu al centro della pista».
• Vive «in un palazzetto veneziano dal fascino un po’ cupo, grandi specchi bruniti a coprire le alte porte ora murate, che aprono a chissà quali mondi misteriosi» (Simonetta Fiori).
• «Mi sveglio presto, guardo un film, gioco con la playstation, leggo. Poi mi metto a scrivere fino al pomeriggio, in un dialogo continuo con i personaggi delle mie storie».• «A volte penso che dovrei smettere. Non riesco a dire: basta, non scrivo per un anno. Io sono definitivo, se smetto devo smettere completamente. Il fatto è che sto male quando non scrivo, mi viene un cattivo umore basico su cui galleggio. Poi quando scrivo la gioia è tale che non riesco a condividerla con gli altri. Quindi o sono depresso o sono autistico. Il che è molto difficile anche per chi ti sta vicino. Poi il libro esce, sei contento e hai due mesi liberi in cui puoi fare quello che vuoi» (a Cristina Taglietti) [Cds 9/6/2013].
• È sposato con l’attrice Lorenza Indovina.
Critica «È bravissimo...» (Cesare Segre).
• «Non sbaglia un colpo» (Massimo Onofri).
• «Qualche tempo fa sentii da qualcuno (Cesare Garboli) dire che Ammaniti possiede il talento naturale di raccontare come Francesco Totti di giuocare a pallone e Marco Pantani di correre in bicicletta» (Angelo Guglielmi, a cui però non è piaciuto Come Dio comanda).
• «Una scrittura coatta a una paratassi implacabile: dal lessico spento, monotono, inesorabilmente “Cesira”, per dirla con Carlo Emilio Gadda» (Andrea Cortellessa recensendo Come Dio comanda).
• È citato nel film di Paolo Sorrentino La grande bellezza (2013). Un personaggio dice: «Proust è il mio scrittore preferito. Ma anche Ammaniti».
Vizi È un grande appassionato di videogiochi: «Tutto è cambiato con la playstation: quando ho visto che esisteva la possibilità di una narrazione ho cominciato a guardare i videogiochi con un altro occhio».
• «Ho una grandissima passione per i pesci e per gli acquari, ho moltissima musica, i miei film, tutto quello che mi astrae dalla scrittura». Da ragazzo aveva venti acquari in camera.
•  Non prende mai appunti («Le idee o restano, o se vanno via vuol dire che non erano buone»), è indisciplinato («Mi metto a tavolino solo quando ho voglia) e non naviga su Facebook («Devo conservare la scrittura per il mio lavoro, tutto il resto significa sprecare colpi, anche le mail mi costano fatica»). 
• Non gli piacciono i bambini: «Li sento come dei despoti, perché bisogna dargli sempre attenzione. Al contrario i bambini e gli adolescenti timidi ed introversi mi piacciono, forse perché assomigliano a me quando ero piccolo» (a Irene Bignardi) [Rep. 17/12/2010].