31 maggio 2012
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Biografia di Gianni Amelio
• San Pietro Magisano (Catanzaro) 20 gennaio 1945. Regista. «Io ho, nella vita, un’aspettativa grandissima. Guadagnarmi il diritto di non andare ai festival».
• Elogi sperticati al romanzo di Walter Veltroni Senza Patricio (Rizzoli, 2004): «Gianni Amelio (che il cronista, Luca Telese, descrive come visibilmente commosso): “È un libro magico. Mi fa quasi paura, perché parla di noi, di me. Walter, tu mentre scrivevi non potevi saperlo, ma io sono Patricio! E io sono, anche, il papà di Patricio!”» (Aldo Cazzullo).
• Vita Padre di meno di vent’anni (partì per l’Argentina quando lui era appena nato e tornò che di anni ne aveva quindici) e madre di quindici, crebbe con la nonna materna, infermiera, che lo fece studiare fino all’università, Filosofia a Messina. • «Avevo quindici anni. Mio padre era tornato dall’Argentina da appena due giorni. Mia madre gli dice: esci un po’ con tuo figlio. Così andiamo sul corso, e passiamo davanti all’edicola dove è esposto il numero di Cinema nuovo con in copertina la foto di Jeanne Moreau in Ascensore per il patibolo. Volevo quella rivista (e quella foto), ma costava 400 lire. Mio padre era arrivato senza portarmi nessun regalo, io gli chiedo di comprarmi quel giornale. Ma lui mi risponde: “Con i soldi ci si compra il pane, non la carta”. Quel giorno, l’ho odiato con tutte le mie forze» (a Ranieri Polese) [Cds 29/7/2010].
• Nel 1965 Vittorio De Seta lo prese come assistente volontario sul set di Un uomo a metà. Nel 1969 diresse il primo spot pubblicitario (Smarties), seguito da altri cinque per Alitalia nel 1970 e due corti di carattere sportivo per la rubrica Tv Sprint. «A vent’anni, di passaggio a Roma, ho avuto la sfrontatezza di fare una telefonata a Vittorio De Seta, che aveva già fatto Banditi a Orgosolo, e lui mi ha ingaggiato per il film che stava preparando, offrendomi pure un modesto settimanale. Era una pacchia. Mi svegliavo alle quattro di mattina, per paura di arrivare in ritardo alla convocazione, mentre la troupe ancora dormiva beata… Ho avuto bisogno di tempo per metabolizzare la fortuna che mi era arrivata addosso. Per anni sono stato assillato da un incubo: che tutto potesse finire e che fossi costretto a tornare indietro» (a Franco Montini) [Rep. 1 /9/2013].• Con Porte aperte (1990) vinse il Nastro d’argento e ottenne la nomination all’Oscar come miglior film straniero; con Il ladro di bambini vinse David di Donatello e Nastro d’argento (1992); con Lamerica (1994) il Nastro d’argento; con Così ridevano il Leone d’oro a Venezia (1998); con Le chiavi di casa il Nastro d’argento (2005). Ultimi film: La stella che non c’è (con Castellitto, 2006), Il primo uomo (tratto dal romanzo omonimo di Albert Camus, 2011) e L’intrepido (con Antonio Albanese, 2013, presentato alla Mostra del cinema di Venezia).
• Nel 2009 è direttore artistico del Torino Film Festival.
• Critica «Il suo mondo poetico ruota intorno alla figura del padre. Carnali o putativi, i padri sono assenti o lontani o inadempienti sebbene a tratti i rapporti con i figli siano interscambiabili. È un mondo declinato al maschile, pur permeato da sensibilità e tenerezze femminili: le figure di donna sono in disparte, opache, sfumate. L’assenza di storie d’amore è una costante» (Fernaldo Di Giammatteo).
• «È un regista solitario, irregolare, fuori dagli schemi. Ha scritto e diretto film profetici, drammatici, moralmente forti. Ma non è un predicatore, non ama comizi e proclami» (Barbara Palombelli).
• Politica «La sinistra trinariciuta esiste ancora, eccome. Lo posso dire io, che ho sempre votato per il Pci, che voterò per tutte le sue diramazioni, io che ho amato il pragmatismo di Palmiro Togliatti, io che ero diessino già allora, io che avvertivo la luce di Enrico Berlinguer, io che mi sento orfano di quella forza, di quella guida insostituibile. Lo posso dire senza paura perché sono stato un vero sottoproletario, figlio e nipote di generazioni di emigranti, io che mangiavo carne una volta al mese, io che quando da bambino chiesi a mia madre: chi sono i poveri? Mi sentii rispondere: noi. La sinistra che ha ancora tre narici è quella che non perdona a Massimo D’Alema di avere una barca e di divertirsi a usarla. È quella che pensa di essere ancora una chiesa in grado di scomunicare la televisione di massa, quella che ha insegnato ai nostri padri la lingua italiana. È quella che non capisce che per gli extracomunitari fa più Maria De Filippi, con il suo Kledi, valorizzando ragazzi che diventano idoli dei nostri figli, di cento convegni seriosi sull’immigrazione».
• Molto apprezzato da Rutelli.
• Vizi Non guida la macchina («mio padre invece faceva l’autista e io ho faticato parecchio a prendere la patente e anche adesso guido in maniera micidiale»), non fa vita mondana, vive per le nipotine Alida, Sara e Audina («era il nome di mia madre»), figlia del suo figlio adottivo albanese, Luan. La nonna ha superato i cent’anni.
• «Ho smesso da tempo di fumare, bevo con moderazione, e in quanto ai peccati capitali non li pratico proprio tutti e sette. Se andrò all’inferno, com’è probabile, sarà per aver abusato del cinema, fin da ragazzino» (nella prefazione al suo libro Il vizio del cinema, Einaudi, 2010).