31 maggio 2012
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Biografia di Aldo, Giovanni e Giacomo
• Trio comico formato da Aldo Baglio, Giacomo Poretti e Giovanni Storti. «Ma è legale quello che stiamo facendo?» «Tranquillo, non è legale».
• Gran successo di Anplagghed, film tratto senza modifiche dallo spettacolo teatrale del Trio, diretto da Rinaldo Gaspari e Arturo Brachetti e con la partecipazione di Silvana Fallisi, la moglie di Aldo: nel primo weekend di programmazione (25-26 novembre 2006) incassò 2.128.227 euro, balzando subito al primo posto del box office. Il Trio ha continuato a interpretarne gli sketches anche in teatro (per esempio al Castello Sforzesco di Vigevano, il 29 agosto 2007). Il 16 ottobre 2013, in un’unica data-evento, arriva al cinema anche il loro ultimo spettacolo teatrale, Ammutta Muddica, con la regia ancora una volta di Arturo Brachetti e la partecipazione di Silvana Fallisi: nel 2012, in cinque mesi e 80 repliche, lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito e 180 mila spettatori. Dopo quattro anni di assenza, nel 2014 sono al cinema con il film Il ricco, il povero e il maggiordomo.
• Aldo – da solo – è nel cast di Baaria (2009), film di Giuseppe Tornatore.
• Da segnalare Il Quiz sinfonico, andato in scena per una sola volta all’Auditorium di Milano il 7 febbraio 2007: i tre hanno intrattenuto il pubblico con 15 domande di musica classica, facendosi accompagnare dagli ottoni dell’Orchestra Verdi. L’incasso della serata è poi stato interamente devoluto all’Orchestra Verdi. Con l’occasione Aldo ha fatto sapere che gli piacerebbe suonare il sax, Giovanni il clarinetto, Giacomo la tromba.
• Paolo Ciardi, titolare del ristorante-albergo Ciardi a Barzago nella Brianza lecchese, ha chiamato Aldo Giovanni e Giacomo i tre squali (due nutrici e uno squalo roccia) che alleva nella piscina del locale e che ne costituiscono l’attrazione turistica.
• Il Trio Il Trio si forma nel 91, quando Giacomo si unisce ad Aldo e a Giovanni, che dopo parecchi anni di sodalizio in coppia cominciavano a entrare in crisi. Aldo: «A un certo punto io non andavo più tanto d’accordo con Giovanni: s’era creato tra noi due qualcosa di personale senza che fosse successo niente di reale. E non riuscivamo più a comunicare come prima». Incontro allo Zelig, poi Giovanni cura la regia di due spettacoli che Giacomo aveva scritto con Carlo Turati, Mens sana in corpore nano (1989) e Non parole ma oggetti contundenti. Alla fine, la fusione.
• «Il Trio nasce col discutibile nome “Galline vecchie fan buon Brothers”, con Aldo e Giovanni che avevano già fatto la gavetta in coppia e Giacomo Poretti che aveva battuto i cabaret da solo. L’anno dopo s’inaugura anche il sodalizio con Marina Massironi, l’interfaccia femminile del gruppo, titolare di una cifra comica che miracolosamente si armonizza con quella corale dei tre maschietti. Dopo gli esordi al Caffè Teatro di Verghera di Samarate (Varese), a un passo dall’aeroporto della Malpensa, il primo salto di qualità arriva con le apparizioni televisive a Su la testa (92) con Paolo Rossi e a Cielito lindo (93) insieme alla nuova aristocrazia del cabaret meneghina cresciuta sulle tavole dello Zelig. Nel 94, per Aldo, Giovanni e Giacomo inizia la fortunata partecipazione a Mai dire gol della Gialappa’s, vero trampolino verso il grande pubblico, mentre nel 95 lo spettacolo teatrale I corti gira l’Italia in una tournée che poco a poco si rivela un trionfo. Nel 97 l’inatteso esordio cinematografico, circondato da generale perplessità: come osano, tre comici ancora tutti da verificare, misurarsi con il grande schermo? La risposta sta tutta in Tre uomini e una gamba, l’exploit più sensazionale nella storia del cinema italiano che conduce tre esordienti e un budget ultraridotto (2 miliardi di lire) alla conquista del box office nazionale con un colpo da 45 miliardi che sovverte qualsiasi pronostico. La ricetta, gli ingredienti e la confezione di questo film che diverte e fa ridere diventano il segreto meglio custodito della ditta AG&G: vicende di eroi al contrario, povere anime tutte innocenza e goffaggine alle prese con un mondo che pare non accorgersi di loro. L’insieme condito da quell’ossessione per il moto perpetuo che diventa una costante delle loro storie, commedie “on the road” all’italiana nelle quali, a sangue e inseguimenti, si preferiscono imprese e birichinate da Bertoldo e Bertoldino e travolgenti innamoramenti. Nel 98 Aldo, Giovanni e Giacomo, ormai eroi popolari, ripetono il rituale sbancando con Così è la vita con la differenza che questa volta i miliardi rastrellati al botteghino sono 60 (e 7 quelli investiti). Il 99 li vede fermi al cinema, ma ai blocchi di partenza in libreria con la prima accoppiata videocassetta-libro: Tél chi el telun, versione multimediale del loro ultimo spettacolo in teatro che raggiunge le 350 mila copie. Per il Natale del 2000 il trio torna a invadere le sale cinematografiche: il terzo film è Chiedimi se sono felice e ormai nessuno nutre più dubbi sull’efficacia commerciale di quella che nel frattempo s’è trasformata in una vera factory della comicità italiana. Si tratta solo di vedere quanto in alto si salirà e il risultato dice 75 miliardi, migliore incasso della stagione, corredato da critiche onorevoli che lodano la maturazione del trio quanto a dimensione narrativa. È tale l’impatto di Aldo, Giovanni e Giacomo sulla cinematografia nazionale, che il mensile Ciak nella classifica 2001 dei potenti del cinema italiano, non esita ad assegnar loro il numero uno assoluto: Chiedimi se sono felice vale da solo il 6 per cento di tutti i biglietti venduti nel corso della stagione, con cinque milioni di spettatori paganti» (Stefano Pistolini).
• Marina Massironi è stata il quarto elemento del Trio in tutta la prima fase, sia in teatro (Lampi d’estate, Ritorno al gerundio, Aria di tempesta) che al cinema. In La leggenda di Al, John e Jack (2002) e in Tu la conosci Claudia (2004), il Trio si è fatto affiancare da Paola Cortellesi. Con Il cosmo sul comò si cimenta con la commedia a episodi. La banda dei Babbi Natale (2010) è il secondo film più visto nella stagione 2010-2011 dopo Che bella giornata di Checco Zalone. Tutti i film e i dvd hanno realizzato incassi record.
• «Siamo molto criticoni con noi stessi. Certe sere a teatro ci si arrabbia di brutto. Magari lo spettacolo è andato bene, il pubblico è rimasto soddisfatto, ma non sa cosa succede in automobile tra noi tre di ritorno dalla serata: ognuno rinfaccia all’altro qualche errore e si fanno le pagelle» (Giovanni).
• Dicono di essere come un minestrone: Giacomo le verdure, Aldo i borlotti, Giovanni il brodo, il succo (Maurizio Porro) [Cds 26/10/09].
• Giovanni alla Repubblica: «Per noi creare vuol dire inventare. Le nostre storie non sono mai dialogo, sceneggiatura. Non siamo Woody Allen che forgia le battute. Noi accenniamo l’idea, poi la improvvisiamo. Il dialogo cambia continuamente. A restare fissi sono i personaggi. Tant’è che i nostri quaderni di lavoro sono fitti di canovacci, storie appena abbozzate, non di veri e propri testi perché battute e intrecci sono molto scarni, vengono fuori poi, scherzando, rimpallandoci l’un l’altro le frasi. Provando molto specie se facciamo teatro» (Anna Bandettini) [Rep 9/11/2008]. Giacomo: «Una sera a Milano allo Smeraldo non veniva giù un telo e abbiamo dovuto inventarci qualcosa, Giovanni è sceso in platea a vendere bibite: sembrava fosse organizzato, invece era tutto davvero improvvisato, ma non ci perdiamo d’animo. Noi s’improvvisa con Aldo che ha frequenti vuoti di memoria perché pensa sostanzialmente ai fatti suoi e una sera nello sketch del museo a un certo punto ha fatto scena muta. Un ictus? No, solo s’era bloccato, cosa che con l’età accadrà sempre più spesso. Ma l’improvvisazione funziona, è anche segno di creatività, di energia e la platea apprezza molto l’estemporaneità di una sera, si sente privilegiata» (Maurizio Porro) [Cds 26/10/2009].
• Altezza dei tre comici: Aldo, 175 cm; Giovanni, 165 cm; Giacomo, 158 cm «scarsi».
• Baglio Aldo (Cataldo) Palermo 28 settembre 1958. «Basta essere pirla e tiri fuori il massimo».
• Il siciliano del Trio, quello alto e senza capelli. Frequentava lo stesso oratorio di Giovanni. Hanno fatto insieme la scuola di mimo del Teatro Arsenale di Milano (diploma nel 78).
• Prima di darsi al teatro, aveva trovato un impiego alla Sip.
• Debutto nel 79 con E domani? cui segue I suggestionabili (82).
• «Ero un lattante grosso, grossissimo, e i figli grossi a Palermo allora erano quelli belli. “Quant’è beddu ’stu fiiiiju” dicevano a casa mia. Ero come il carosello della Philco, sembravo uno del pianeta Papalla. Dovevo essere un maiale: pesavo quattro chili e mezzo. Ho sempre odiato studiare e ho avuto un cattivo rapporto con i compiti che sul diario non segnavo mai; non riuscivo a stare al passo neppure con quello. Di matematica, inglese, italiano non ho mai capito niente, e andavo sempre al doposcuola. Volevano bocciarmi anche in terza media, ma con gli insegnanti ho fatto un patto: il diploma in cambio della promessa che non avrei continuato gli studi. Figurati, io non aspettavo che di andare a lavorare. Lo sai cosa hanno scritto sul mio libretto scolastico? “Nessuna attitudine”. Ogni tanto lo riguardo e mi scappa da ridere. Sono belle le rivincite con quelli che hanno detto che non sarei stato niente».
• «Aldo era un uomo indipendente, dall’istinto un po’ selvaggio. Lui era quello che avrei voluto essere io» (Giovanni).
• «Sono una persona che s’è scoperta capace di fare ’sto mestiere dall’oggi al domani. E su cosa dovevo puntare se non sulla fisicità? All’inizio con Giovanni facevamo pantomime e maschere, un repertorio abbastanza lontano da quello che facciamo oggi. Mi capitava anche di abbandonare lo spettacolo a metà. Una volta, a Bassano del Grappa, stufo di prendere insulti da uno che aveva bevuto e interrompeva sempre, Giovanni lo ha mandato a quel paese. Fine dello spettacolo. Alla fine, su dieci serate quattro andavano male, ma sei andavano bene ed eri ripagato. Sono stati anni belli, ma anche difficili. E logoranti».
• «Aldo è il nostro macina-idee, è incontenibile. Ma è anche il terrone, quella parte dell’Italia che ci dà la possibilità di litigare sulla scena» (ad Anna Bandettini).
• È sposato con l’attrice Silvana Fallisi. Hanno due figli, Caterina e Gaetano.
• Il suo accento naturale è quello milanese. Si trasferì con la famiglia a Milano a tre anni. La cadenza siciliana è una trovata artistica per cui ha dovuto anche studiare: «In casa a Milano non si parlava tanto in dialetto, dunque è tutto merito delle vacanze estive in Sicilia. Anche perché dai miei cugini a Borgo Nuovo mi sentivo un estraneo col mio milanese, ma Giovanni e Giacomo non hanno sentito ragioni. Sei un terrone? E parla palermitano! Così ho imparato. A schiaffi, aprendo e trascinando le vocali» (a Sergio Buonadonna) [Rep 21/3/2010].
• I suoi comici preferiti sono Ficarra e Picone.
• Dipinge, canta e compone canzoni.
• Poretti Giacomo Villa Cortese (Milano) 26 aprile 1956. Il Tafazzi che si martellava i cosiddetti sulle mutande bianche.
• Ha cominciato a guadagnarsi da vivere facendo il metalmeccanico a Legnano. «A 14 anni Giacomo andava a scuola all’istituto Bernocchi, a Legnano, e il pomeriggio faceva l’operaio in un’azienda metalmeccanica a Villa Cortese. A un certo punto entrò all’ospedale di Legnano come infermiere nel reparto ortopedia; frequentò dei corsi e divenne caposala a neurologia. Aveva una grande passione per il calcio e, col tempo, per la lettura. Non lo sentii mai dire: “Mi piacerebbe fare il comico”» (testimonianza di Lucio Martignoni a Paolo Ziliani).
• «Poi a 19 anni sono diventato infermiere caposala. Quando stavo per tagliarmi la giugulare ho incontrato Marina Massironi, l’ho sposata e mi sono licenziato. Insieme abbiamo fatto teatro per ragazzi e perfino un quiz televisivo. Ci chiamavamo Hans e Strudel, ma di noi faceva ridere solo il nome. Il 1987 è stato l’anno della fame. Quando non sfondi subito, questo mestiere diventa una bara. Così dopo tre anni ci siamo mollati nella vita e sul palcoscenico. Ho lavorato da solo finché non ho incontrato allo Zelig Aldo e Giovanni e abbiamo deciso di fare il trio».
• Questo posto di Verghera di Samarata, vicino a Varese, dove il Trio fece le prime prove, «era un locale terribile, non ci sarebbe entrato nemmeno un lebbroso. Il padrone ci ha detto: “Fate quello che vi pare”. In tre domeniche il posto era zeppo. Ogni sera imitazioni a gogò. Dimenticavo: il Trio ha debuttato con Giacomo, cioè io, in carrozzella, perché mi ero fatto male. Gli altri due facevano la ruota della fortuna sul mio cerchione. È andata avanti per un anno tutte le domeniche a inventare. E poi la stessa cosa anche allo Zelig» (a Stella Pende).
• «Giacomo è stata una sferzata d’energia» (Aldo), «Giacomo è quello che pur essendo una schiappa nelle cose fisiche, mentre noi siamo lì a sudare e faticare, trova quei due o tre gesti maledetti che la gente poi ricorda. Prendi Tafazzi, l’interista masochista in tuta nera che si martellava i genitali. Con quella cazzata è pure entrato nello Zingarelli».
• Come gli altri membri del trio, tifa per l’Inter.
• Dopo Marina Massironi, si è sposato con Daniela Cristofori. Hanno un figlio, Emanuele.
• Ha pubblicato un libro: Alto come un vaso di gerani (Mondadori 2012).
• A Milano è impegnato nel Centro culturale «San Fedele».
• Storti Giovanni Milano 20 febbraio 1957. Il cinico del Trio. «A dieci anni suonavo la tromba. Nessuna tradizione in famiglia però i miei genitori erano entusiasti. L’ho abbandonata presto. All’oratorio ero nel gruppo di teatro, il bellissimo teatrino dell’oratorio di Porta Romana, dove ti insegnavano, prima ancora che a recitare, a tener presente che i vecchi chiodi, quelli già usati, non si buttano via, ma si raddrizzano».
• «Io e Aldo all’inizio ci siamo trovati per una questione di carattere, di compatibilità. Io avevo delle qualità, lui ne aveva altre. Com’ero io? Come adesso: cinico e ironico. Fisicamente c’eravamo, tanto che più tardi ho anche insegnato Acrobatica alla Civica scuola d’arte drammatica (...) Ci vede Arturo Conso, il direttore artistico del Derby di Milano, e ci chiama a fare un provino. Avevamo un repertorio di appena venti minuti, ma quel primo spettacolo tutto nostro andò bene. Anche perché la gente rideva in un modo diverso rispetto al numero successivo, quando entrava in scena un cabarettista classico. Nei posti normali, nei locali dove la gente veniva per vedere lo spettacolo, eravamo apprezzati. E se non piacevi non è che stavano a fischiarti. Ma in altri… Non avevamo mica un agente, allora, e prendevamo tutte le offerte di lavoro che venivano. A volte era una sofferenza. Le discoteche non avevano un angolo riparato dove farti recitare: la gente, che era lì per ballare, del nostro spettacolo se ne fregava. A volte ti andava bene, altre no. A Calcinaia di Pisa c’era un posto famoso perché a tutti i cabarettisti tiravano le monetine addosso, un po’ come ai Blues Brothers nel saloon country: ma lì, a me e ad Aldo andò bene; una gran bella soddisfazione. Certi posti avevano una fama… Uno si chiamava Ghiffa, era dalle parti di Novara. Sapevi che come cominciavi, quelli prendevano a gridare, però le serate dovevi farle» (Giovanni a Cesare Fiumi) «A Mai dire gol, quando all’inizio facevamo i personaggi degli arbitri, non è che funzionasse troppo. Poi, alla terza domenica, è bastata un’invenzione. Giovanni ha fatto il geco, e via» (Aldo).
• «Giovanni è il mimo, la fisicità ma anche “il pilastro, quello che nei momenti chiave ha deciso il nostro destino”» (Anna Bandettini).
• Ha recitato da solo come protagonista in Ci vuole un gran fisico (Sophie Chiarello 2013), con Angela Finocchiaro. Aldo e Giacomo compaiono con due piccole parti.
• Vive a Milano, ma ha preso casa a Monferrato, dove coltiva la sua passione ecologica.
• Per quindici anni ha insegnato acrobatica alla scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano. È un maratoneta.
• Sposato. Le sue due figlie compaiono nel film Il cosmo sul comò, nei panni delle figlie del suo personaggio in uno degli episodi, e in Chiedimi se sono felice in due piccole scene.