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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Giorgio Albertazzi

• Fiesole (Firenze) 20 agosto 1923 – Roccastrada (Grosseto) 28 maggio 2016. Attore. «Non ho avuto amanti, ma amate». Fino a novantadue anni compiuti continuava a cavalcare le scene riempiendo i teatri: «Probabilmente vengono in tanti perché pensano che potrebbe essere l’ultima volta che mi vedono» (a Stefania Rossini) [Esp 28/2/2014].
• Intensa attività teatrale: oltre a svariate letture di Dante, ha interpretato il Moby Dick di Antonio Latella, ha continuato a portare in giro per i teatri italiani le Memorie di Adriano (con la regia di Maurizio Scaparro), suo cavallo di battaglia da vent’anni, il Satyricon – La cena di Trimalcione (con Michele Placido), ha dato la voce per un Notturno in jazz milanese, ha interpretato e diretto un Caro Franz, da Kafka. Ha anche scritto il libretto per l’opera lirica Titania la rossa su musiche di Sergio Liberovici, di cui poi ha curato la regia per il Teatro Municipale di Piacenza. Ha fatto clamore la regia della Salomé di Strauss dove ha fatto spogliare il soprano Francesca Patanè. Ha lasciato dopo sei anni la direzione artistica del teatro Argentina a Roma. Ha registrato una lettura della Divina Commedia tra le rovine del centro storico della città dell’Aquila, devastata dal terremoto.
• «Adoro sentire le vibrazioni del pubblico e mi piace Albertazzi» (ad Antonio Gnoli) [Rep 25/11/2012]. Il suo ricordo più bello quando fece l’Amleto con Franco Zeffirelli all’Old Vic di Londra, nel 1964.
• Il 12 dicembre 2007 ha sposato la nobildonna toscana Pia de’ Tolomei, sua compagna da 25 anni. «Discendente diretta della sua omonima, ricordata da Dante nel Purgatorio, è una toscana di gran razza che vive in Maremma, fra cani (otto bovari bernesi, il preferito si chiama Fico) e cavalli» (Il Messaggero). Albertazzi: «È venuta per un mese di fila a teatro, prima che mi accorgessi del suo interesse». Nozze officiate dal sindaco Walter Veltroni, testimone per lo sposo Maurizio Scaparro. Alla domanda: farà la prima notte di nozze?, ha risposto: «Per forza, è d’obbligo». L’ha definita «un folletto simile ad Ariele, lo spirito immortale della Tempesta» che, il giorno del matrimonio, «arrivò a cavallo vestita da uomo, coi capelli sciolti. Come si fa a non amare una creatura simile?» (Enrico Groppali) [Grn 18/8/2013].
• Ha manifestato per Welby (vedi Marco Pannella).
Vita Debuttò subito dopo la guerra con Il candeliere di De Musset, arrivò al successo nel 1956 con Il seduttore di Diego Fabbri nella tournée americana della compagnia formata con Nora Ricci, Eva Magni, Anna Proclemer, Tino Buazzelli. Rimarranno nella storia una Figlia di Iorio di Gabriele D’Annunzio e L’uovo di Marceau (1957), Requiem per una monaca di Faulkner-Camus, Spettri di Ibsen (1958), I sequestrati di Altona di Sartre (1960) ecc.
• «Sono fiorentino, nato a Fiesole nella dépendance della villa del grande critico americano Bernard Berenson. Mio nonno era maestro muratore di Berenson. Era lui che aggiustava, rifaceva le serre, il giardino e la manutenzione delle case. Fu così che diventai architetto».
• «Ero stato da piccolo a vedere un’opera lirica, La figlia di Jorio, a Settignano con mia nonna Leonilde. Quando Mila uscì di scena, io corsi a vedere dove andava dietro le quinte... L’eros è femminile, l’eros è teatro. C’era Memo Benassi che diceva “un attore deve essere femmineo sennò che attrice è?”».
• «La televisione aveva iniziato a trasmettere da soli ventisei giorni quando Albertazzi ha inaugurato il suo primo programma dal titolo La prosa del venerdì» (Aldo Grasso). Inaugurò il divismo televisivo con la serie ideata da Carlo Terron L’appuntamento con la novella: leggeva da solo, sotto l’occhio della telecamera, novelle di grandi autori della letteratura italiana. Bellissime mani, che all’inizio venivano inquadrate da vicino mentre aprivano un libro. Poi venne L’idiota di Dostoevskij («ci furono 14 milioni di telespettatori»), che lo fece diventare famoso come Vittorio Gassman (di cui è stato considerato a lungo il rivale). Memorabili in televisione anche un Don Giovanni di Molière e un Romeo, da Shakespeare, in cui inciampando in un cavo dovette poi andare ad abbracciare Giulietta strisciando (era il 1960, tutto si svolgeva in diretta: in Un giorno di pioggia Arnoldo Foà lo picchiò in testa con una bottiglia che doveva esser finta e invece era vera: Albertazzi continuò a recitare sanguinando).
• «Mamma mia, ero proprio bello... È incredibile che non abbia praticamente mai fatto cinema. Colpa della sinistra, che prediligeva altre facce: era l’epoca dei tassinari. Io, invece, ero aristocratico, poco italiano».
• Al cinema, molto importanti L’anno scorso a Marienbad e la voce di Mercuzio nel Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli.
• Lunga relazione – sentimentale e professionale – con Anna Proclemer (1923-2013), con cui ha rifatto coppia in scena per un Léautaud diretto da Ronconi (Diario privato). Ha raccontato la sua vita nell’autobiografia Un perdente di successo (Rizzoli 1988). Subito dopo la sua morte, ha raccontato alla Repubblica di come lei gli avesse chiesto di aiutarla a morire: «Non ho fatto niente. Ma non perché sia contrario all’eutanasia. Anzi, sono convinto che ognuno abbia il diritto di morire, di scegliersi la morte. No, l’ho fatto per un gesto egoista: volevo vederla viva. La morte ti sottrae qualcosa ai sensi, prima che al cuore: non vederla più per me era peggio» (Anna Bandettini) [Rep 26/4/2013].
• In un’intervista al Corriere della Sera, in occasione dei suoi 90 anni, ha detto: «Mi trovo davanti a una platea di uomini e soprattutto donne che sono desiderosi di abbracciarmi, complimentarsi, baciarmi. Ormai tutti mi vogliono toccare come fossi un santo. Un mio amico mi disse che quando Mussolini era impegnato nella campagna del grano, un giorno si avvicinò un uomo che spingeva davanti a sé la moglie tenendola per le anche. E gridò al Duce: “Pigliala! Voglio un figlio da te!”. Ci manca poco che lo chiedano pure a me» (Emilia Costantini) [Cds 12/8/2013]. Tra Casanova e Don Giovanni dice di essere stato più il primo: «Le geometrie mentali del Don Giovanni, dove quel che conta è solo il numero e non il sentimento, non le capisco. Casanova invece è uno che ama la bellezza femminile e non si vanta, anzi, accetta anche le sconfitte. È un artista. Per quanto mi riguarda, ripeto sempre che tutti i fatti artistici della mia vita sono stati ispirati da una presenza femminile» (ibidem).
Critica «Il più inquieto dei nostri attori, il più dolorosamente creativo. Un camaleonte. È energia pura traversata da forze devianti che si riconnettono a una certa qualità sciamanica. Albertazzi ha la vocazione della fenice. Ne deriva una specie di felicità elettrica che costringe questo attore difficilmente catalogabile a spendersi in continuazione. Tutto ciò che ha fatto, i progetti irrealizzati, le grandi creazioni drammatiche, gli spettacoli sbagliati, la vena di scrittore scavata sotto la pelle d’attore, la provocazione scagliata come un sasso contro le tentazioni della routine, tutto è catalogabile come un’anomalia. Hanno detto che ricorda Frank Sinatra. E come Frank Sinatra ha una voce che, nel suo flusso, modula una recitazione nervosa, labile, scattante, soffiata. Questa voce che sembra avere la facilità dell’acqua è stata da sempre il suo marchio» (La Stampa).
Frasi «Un grande attore deve essere un po’ stupido».
• «Quando l’attore ha trovato una chiave, deve abbandonarla».
• «Io dico sempre che non c’è bisogno di professori, ma di maestri. “Il maestro – cito Roland Barthes nel suo discorso di insediamento alla Sorbona di Parigi – insegna quello che non sa, il professore quello che sa”. Tanto, e questa volta cito il terzo atto del Faust: “Tutto quello che sai di meglio, non potrai mai insegnarlo ai tuoi allievi”».
• «Dario Fo parteggia per Ulisse, io tifo per Achille».
• «Ho anche un difetto fisico, mi dissero che avevo perso circa quattro centimetri d’altezza perché il latte di mia madre non era buono e ne devo aver risentito».
• «Io romperò le scatole ancora per molto. Mia nonna Leonilde è morta a 101 anni, e sua madre aveva vissuto fino a 108».
• «Preferisco i cavalli alle donne perché si cavalcano meglio».
• «Le cosce delle donne sono una prova dell’esistenza di Dio».
• «Se davvero esiste l’inferno, come diceva Flaiano, i peccatori sono tutti nudi, e magari ci si può anche divertire».
Politica È stato accusato di essere un repubblichino fucilatore. La sua versione dei fatti (ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera): «Tenevamo una piccola parte del fronte, lungo il Foglia, pressati dai polacchi di Anders e dalla Quinta Armata. Una notte passai le linee per andare a salutare i miei a Firenze; avrei potuto restare ma prevalse il senso di lealtà. Tornai. Qualche giorno dopo i tedeschi ci consegnano due disertori, addestrati in Germania, inquadrati nell’esercito della Rsi, fuggiti e ripresi. Avrebbero potuto fucilarli subito. Invece li processarono. Uno fu assolto, l’altro condannato a morte. Tergiversammo, nella speranza di risparmiarlo. Il comandante del reggimento, Zuccari, ordinò: o lui, o voi. Il plotone d’esecuzione fu comandato da un maresciallo, mi pare si chiamasse Manca. Io non ebbi un ruolo, però c’ero, come sottotenente ero il più alto in grado: il comandante della compagnia era ferito, il sostituto assente. Al processo per salvarmi spostai la data della mia incursione a Firenze. In seguito ho riconosciuto che quel giorno ero lì. Ma questo non fa di me un fucilatore».
• «C’è una cosa, una sola, che mi pesa. Aver sentito talora la mia scelta per la Repubblica sociale, che mai rinnegherò, come un freno per fare sino in fondo quel che avrei voluto, a fianco della sinistra. Voltare gabbana, mai. Le stesse cose che mi avevano spinto a Salò, l’anticlericalismo, l’idea sociale della Carta del lavoro e della partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende, l’istinto dell’anarchia e della libertà, nel dopoguerra mi spingevano a impegnarmi con la sinistra».
• «La fama di fascista non me la sono mai scrollata di dosso. Andai a Salò come tanti ragazzi, convinto che lì si combattesse per l’Italia, ma con altro spirito, e soprattutto consapevole che in quel momento stavo dalla parte di chi già aveva perso. Come dissi in un’intervista all’Espresso nella sentenza del Tribunale militare che mi ha assolto in istruttoria dopo due anni di carcere preventivo, c’è scritto che ho messo in salvo 19 ebrei. Ma non l’ho mai raccontata questa cosa. Non mi andava. Le mie responsabilità, seppur di ventenne, me le prendo tutte. Senza vittimismo o pentitismo. Ma ripeto che quello che avvenne a piazzale Loreto fu un teatro dell’orrore, inutile, anche per l’epilogo della rivoluzione civile» (a Emiliano Liuzzi) [Fat 20/4/2015].
• Su Silvio Berlusconi: «Non sono berlusconiano. Può succedere che quando fa il grande attore, e lo fa, non mi senta di denigrarlo. Ma tra carisma (valori) e immagine (apparenze) so distinguere».
• Alle elezioni 2006 votò Rosa nel Pugno.
• Nel 2013 ai microfoni di Un giorno da pecora su Radiodue: «Ho votato Grillo e direi sì ad un governo monocolore del Movimento 5 Stelle». Per Beppe Grillo provava un sincero affetto: «Gli voglio bene a prescindere. Ma non so se lo voterei ancora. Ha perso quello smalto iniziale. La politica è così, quando entri là dentro è come buttarsi in una vasca, inevitabilmente ti bagni. Lui portava lo spirito radicale, non nel senso pannelliano del termine, mi è piaciuta molto la sua operazione. Ma alla fine si è bagnato anche lui» (a Emiliano Liuzzi) [Fat 28/11/2014].
Vizi «Mi sono occupato in passato di ricerche esoteriche con un gruppo che poi ho lasciato perché aveva preso derive mansoniane. Stavo a Pompei. Uno di loro venne a trovarmi e si schiantò intenzionalmente con la sua Dino Ferrari contro il guard rail. “Tanto Giorgio ci protegge”, aveva detto. Un altro esaltato afferrò una sera un coltello, voleva accoltellarmi».
• «Sono attento a quello che accade come scambio di idee, di sensazioni, ma gli atti sessuali non riesco a ricordarli. A volte non so neppure con certezza se è successo. È curioso, perché dalle mie donne, invece, volevo sapere tutto. Provavo una gelosia retroattiva e le sottoponevo a sforzi terribili: “Dove eravate, come ti toccava?”».
• «Sono stato desiderato da parecchi froci. Da parte mia, c’era una sorta di compiacimento: era un modo per sentirsi donna, per provare quello che sentono loro».
• Mangiava pochissimo, «il crudo prima del cotto, la frutta a distanza dai pasti, e niente aglio».
• Si sa per certo che qualche volta ha giocato: un certo giorno pagò la compagnia solo perché aveva preso il 34 a San Remo. Adesso dice di preferire il lotto.
• Nella vita ha preso solo due sbornie, «la seconda è stata così umiliante che mai ce ne sarebbe stata un’altra».
• Era ateo: «Detesto pensare che qualcuno da su ci consoli o ci punisca. Le mie consolazioni sono i miei ricordi» (ad Antonio Gnoli) [Rep 25/11/2012]. «Io non sono credente, come non lo era Kafka» [Rep 28/5/2016].
Tifo Era della Fiorentina. Sul calcio: «Il problema nasce dagli allenatori, finché si crederanno più importanti dei giocatori, il calcio non si risolleverà. Lo stesso vale per il teatro, i registi hanno ucciso i grandi attori».