31 maggio 2012
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Biografia di Nunzio
• (Di Stefano) Cagnano Amiterno (L’Aquila) 14 maggio 1954. Scultore. «Non amo la piacevolezza e cerco di spostare il mio lavoro su un altro livello, che io trovo più scomodo, più misterioso, più profondo».
• All’Accademia di Belle Arti a Roma fu allievo di Toti Scialoja. «In quegli anni non c’era la scultura o il quadro, c’era l’opera, l’intervento dell’artista. Quello che contava era il senso dell’evento. Era l’epoca degli happening, delle performance, dell’arte povera. Esperienze molto stimolanti. Poi c’è stata la Transavanguardia. Io ho iniziato a esporre negli anni Ottanta, insieme con altri artisti che come me erano passati attraverso la sperimentazione, ma ritenevano fondamentale il ritorno alla centralità dell’opera».
• Noto per le sculture in ferro arrugginito che ricordano reperti preistorici e per quelle ottenute con legni anneriti e rosicchiati dalla combustione. Ferro e piombo «sono il punto d’arrivo d’una ricerca iniziata alla fine degli anni Settanta con opere in gesso e tempera come Quarto Ponte, quattro coppie di frammenti sospesi sulla parete, un’essenziale composizione legata alla memoria. “In quel periodo il mio lavoro consisteva nel creare attraverso colate di gesso forme presenti, che con l’uso del colore diventavano immateriali. Concavo e convesso erano per me i parametri d’una stessa esperienza, che mirava a sottrarre l’idea di corporeità implicita in ogni dimensione plastica. Quando sono passato al legno, ho usato la combustione per eliminare tutta la piacevolezza del materiale, sfruttandone invece le qualità più oscure, come per tirarne fuori il simulacro. Adesso, è vero, lavoro su altri materiali. Ma per me ferro, piombo o bronzo non sono che gli strumenti attraverso i quali mettere in rapporto forze contrarie per far nascere nuove possibilità di creare spazio”» (Il Foglio).
• «Sono più donatelliano che michelangiolesco: nelle mie sculture la tridimensionalità e la spazialità sono suggerite e alluse più che compiute a tutto tondo. Molte mie sculture hanno dei buchi, delle aperture, propongono una sorta di visione che genera uno spostamento da uno spazio all’altro» (a Franco Fanelli) (Il Giornale dell’Arte, dicembre 2011).
• Vive tra Torino e Roma.