31 maggio 2012
Tags : Giovanni Luca Nirta
Biografia di Giovanni Luca Nirta
• (detto Gianni) Locri (Reggio Calabria) 18 ottobre 1969. Presunto ’ndranghetista (cosca Nirta-Strangio di San Luca). Detenuto dal 30 agosto 2007, in 41 bis dal 14 dicembre 2007. Figlio di Giuseppe (vedi) e Giorgi Antonia. Vedovo di Maria Strangio, tre figli. La moglie morì ammazzata al suo posto la sera di Natale 2006, in cui due killer, volendo uccidere lui, spararono all’impazzata a colpi di Kalashnikov contro tutta la famiglia raccolta all’esterno dell’ingresso di casa, nel centro di San Luca. Rimasero feriti lui (colpito al piede destro), il figlioletto di cinque anni, il fratello Francesco. Aspettavano per cena Francesco Colorisi, 23 anni, di mestiere macellaio, che non fece in tempo ad arrivare, anche lui colpito dagli stessi sicari mentre stava andando da loro in macchina (fece finta di essere morto, il che sembrava plausibile, vista l’arma che avevano usato). Nirta era uscito di prigione da quattro giorni, grazie all’indulto (scontava una condanna definitiva per rapina). Per paura che i sicari tornassero, questa volta prendendo bene la mira, non partecipò neanche ai funerali della moglie. Era presente invece un cugino di Maria, Giovanni Strangio, adesso ricercato numero uno per la strage di ferragosto (in Duisburg, 15 agosto 2007, tra le vittime Marco Marmo, ritenuto tra gli organizzatori della strage di Natale). Entrambe le stragi, infatti, rientrano nella faida di San Luca (vedi Francesco Vottari, Giovanni Strangio nato nel 1979). Un anno dopo Duisburg, in un’intervista a Der Spiegel, un affiliato della cosca apparso come “don Fedele” dichiarò a proposito dell’omicidio di Maria: «Una donna è sacra, anche solo perché ti può tradire in ogni momento, una donna è come una reliquia, nessuno uccide una donna».
• Nirta aveva ventidue anni, il 14 febbraio del 91, quando il fu Antonio Vottari (fratello maggiore di Francesco) lo ferì per vendicarsi delle uova lanciate nel locale di un Pelle tre giorni prima (mattanza di Carnevale, altri due morirono).
• «Io sarei ‘u boss? La mia casa è blindata? Lo vedete voi, sono qui, niente reti, niente cancelli, io sono solo un bracciante agricolo, coltivo l’orto e sto coi bambini. Da gennaio non esco più di casa perché sono in lutto. Mai indagato per associazione mafiosa e neanche per traffico di droga. Solo un arresto per rapina a Milano nell’89 e mi sono fatto 4 anni e sei mesi di galera da innocente. A San Luca c’è la faida? Non lo so, mettete un punto interrogativo alla risposta. La faida c’è in tutti i paesi. I morti di Duisburg io non li ho mai visti. E poi non sono mai stato in Germania in vita mia. So che Marco Marmo aveva una ditta di ferramenta, che ha fatto anche dei lavoretti in casa nostra, ma le altre famiglie lo sanno che noi non c’entriamo con questa storia. Se sono intelligenti, i Vottari e i Pelle, lo sanno. Quando l’ho saputo dalla televisione ci sono rimasto male, è chiaro, anche a noi dispiace. Intanto, però, io sto ancora aspettando giustizia dalla legge per chi ha ammazzato mia moglie. Se succedeva a Milano li avevano già presi, invece quaggiù si parla e basta. Ci pensi, il ministro Amato. Quella notte hanno sparato a me, a mio fratello, mia moglie è finita in mezzo ed è morta sotto gli occhi dei bambini. E io questo non posso dimenticarlo, i bambini la notte non dormono più, io non posso perdonare e anzi provo rancore. Lei mi manca tanto. Se un giorno sapessi chi è stato, però, non penserei alla vendetta, vorrei solo che andassero in galera. Ma ancora non so perché è morta. Forse all’origine c’è un equivoco: loro pensano che noi abbiamo fatto una cosa che noi invece non abbiamo fatto. Ora si dice che la prossima data a rischio qui a San Luca sia il 2 settembre, la festa della Madonna di Polsi. Io ho paura di morire, certo, però mi auguro che non succeda più niente» (intervista di Fabrizio Caccia, Corriere della Sera, 18 luglio 2007).
• Dall’intercettazione di una conversazione tra Marco Marmo (vittima della strage di Duisburg) e Michele Carabetta, suo sodale, ascoltati da una microspia, alcune settimane prima di quel 15 agosto 2007, mentre parlano del Nirta. Carabetta: «Ma ti ha detto che la chiudono?». Marmo: «La porta!». Carabetta: «Ma la chiudono vero?». Marmo: «… Huhh...». Carabetta: «Come, come la chiude?... Se non muore Gianluca non si può chiudere... quello non ha più niente da perdere Marco... questa è la pericolosità sua, hai capito?».
• Viene arrestato il 30 agosto 2007, quando 500, tra poliziotti e carabinieri, assediano San Luca, per eseguire 40 fermi contro gli appartenenti alle famiglie coinvolte nella faida (operazione “Fehida”). L’accusa è di associazione mafiosa. Il 16 agosto 2008 è stato rinviato a giudizio per associazione mafiosa e per concorso nell’omicidio di Bruno Pizzata (ucciso pochi giorni dopo sua moglie), nel processo alla faida di San Luca, su richiesta dei pm della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri e Federico Perrone Capano. Il 26 maggio 2014 è stato condannato in appello alla pena di anni 14 di reclusione (e assolto dall’omicidio, per cui in primo grado aveva preso l’ergastolo). (a cura di Paola Bellone).