31 maggio 2012
Tags : Giampiero Mughini
Biografia di Giampiero Mughini
• Catania 16 aprile 1941. Giornalista. Scrittore. Scrive su Libero. Tra i suoi ultimi libri: Un secolo d’amore (2000), La mia generazione (2002), Che belle le ragazze di via Margutta (2004), Un disastro chiamato Seconda repubblica (2005), Et la donna creò l’uomo (2006), Sex Revolution. Muse, eroi, tragedie di un’avventura che ha cambiato il mondo (2008), Gli anni della peggio gioventù. L’omicidio Calabresi e la tragedia di una generazione (2009), tutti editi da Mondadori; In una città atta agli eroi e ai suicidi. Trieste e il “caso” Svevo (2011), Addio, gran secolo dei nostri vent’anni (2012) e Una casa romana racconta (2013), per Bompiani. Star juventina della trasmissione tv Controcampo, di cui è stato ospite fisso per dodici anni. Nel 2008 nella giuria di qualità del Festival di Sanremo, nel 2010 in quella de Il più grande (italiano di tutti i tempi), condotto da Francesco Facchinetti su Raidue.
• Figlio di Gino, fascista di grande influenza, amico del federale della città, in gioventù fondò Giovane critica, importante rivista di dibattito culturale a sinistra. Trasferitosi a Roma, ha fatto il giornalista al Manifesto, Paese Sera, l’Europeo, infine a Panorama. Ha scritto anche sul Foglio. Adesso collabora con Libero. «Sono stato molto rapido nel revisionismo. Mi dimisi dal Manifesto già nel marzo 1971, ero stato uno dei dodici fondatori. E non mi avevano certo chiamato al Washington Post. Perdevo le mie 150 mila mensili e entravo in disoccupazione. Mi presero a Paese Sera. Resistetti 5 anni. Cinque lunghi anni da anticomunista, in un giornale comunista. Poi andai all’Europeo. Prima c’era Pirani, poi venne Lamberto Sechi. Da lui ho imparato tutto quello che so di questo mestiere. Nell’87 ho scritto Compagni, addio, un pamphlet che ora potrei mettere nelle mani di D’Alema, sarebbe d’accordo su tutto. Ma io l’ho scritto troppo presto, e mi sono procurato aggressioni da ogni parte» (a Lidia Ravera).
• Tra i ricordi delle riunioni al Manifesto, «le magnifiche gambe di una Ritanna Armeni ai suoi debutti giornalistici e alla quale non finivo di raccomandare di indossare gonne sempre più corte» (da Addio, gran secolo dei nostri vent’anni).
• Nel 2007 fu radiato dall’ordine dei giornalisti: dopo essere stato sospeso per via della sua partecipazione a uno spot pubblicitario di una marca di telefonini, aveva continuato a scrivere. «Sanzione sorprendente perché, non avendo Mughini mai scritto in tutta la sua carriera un solo rigo sui telefonini, pare difficile che nel suo caso si potesse configurare un intollerabile conflitto d’interessi tra il giornalista e il testimonial di una campagna di pubblicità» (Pierluigi Battista).
• Due libri sulla Juventus (Un sogno chiamato Juventus e Juve. Il sogno che continua): «Ama esagerare. Lo fa a parole, lui che ne è un fantasista, così ogni sua esortazione, verbale o avverbiale, si arricchisce di consonanti e vocali: “Evvvaaai”, “Edddaaai”» (Marco Pastonesi).
• Porta occhiali con la montatura colorata (un tempo bianca, come si vede in Ecce bombo di Moretti) e veste, per dir così, assai originale: giacche del giapponese Yoshij Yamamoto o della sua ex moglie Rei Kavakubo oppure di Issey Miyake, occhiali «a firma di un tedesco, che per quella montatura ha vinto un premio prestigioso tra i designer di occhiali» ecc.
• Nel giugno 2008 parlò per la prima volta del tumore alla prostata che gli era stato diagnosticato nel 2006 e dell’operazione che ne era seguita: «La mia identità di uomo non è più la stessa, ma lo accetto. D’altronde, non sono più un ragazzino e non ho un corteo di spogliarelliste ventenni dietro la porta (...) Vale che sono vivo e che sto bene» (Ok Salute).
• Vive a Roma in una casa-collezione dove ha raccolto quello che ama: pezzi liberty, il design italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, le prime edizioni di letteratura italiana del Novecento, fotografie, tavole originali dei grandi illustratori italiani del Novecento, quindicimila libri, «3 mila tomi molto rari (una prima edizione dei Canti orfici di Dino Campana e una prima edizione degli Ossi di seppia di Eugenio Montale) e 12 mila volumi che Mughini chiama “da lavoro”» (Mirella Serri). Nel soggiorno della casa dove stava prima, aveva una ventina di cassette pornografiche poggiate nel soggiorno e gli ospiti, che non chiedevano mai di vederle, andandosene, non parlavano d’altro. Ma che collezioni anche il porno è falso.
• «Ogni tanto affiora uno degli oggetti preziosi che compongono quello che i suoi amici chiamano il “Muggenheim”; perché la “casa romana” è anche un museo che, com’è scritto sulla parete d’ingresso, “onora Gaetano Pesce, Leonardo Sciascia, Ico Parisi, Giuseppe Prezzolini, Bruno Munari, Andrea Pazienza, Alessandro Mendini, Beppe Fenoglio, Giorgio Caproni”» (Aldo Cazzullo).