Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Ennio Morricone

• Roma 10 novembre 1928. Compositore. Autore di celebri musiche da film. Premio Oscar alla carriera nel 2007 e premio Oscar per la miglior colonna sonora originale per il film di Quentin Tarantino The Hateful Eight nel 2016 (era alla sua sesta candidatura). In tutto ha scritto le musiche di oltre 500 tra film e serie tv. Le sue composizioni sono state usate in più di 60 film vincitori di premi. Ha vinto tre Grammy Awards, tre Golden Globe, sei Bafta, dieci David di Donatello, undici Nastri d’argento, due European film awards, un Leone d’oro alla carriera, un Polar music prize. «Il successo di una musica non dipende solo dalla scrittura, ma dalla scelta degli strumenti. Le prime note della colonna sonora di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto sono eseguite dal mandolino e da un pianoforte volutamente stonato».
• Vita «Quando il Duce annunciò la dichiarazione di guerra mia madre, che lo ascoltava alla radio, scoppiò in lacrime, e io con lei. Mio padre suonava la tromba. Non eravamo poveri, ma con la guerra arrivò la fame: i surrogati, il pane appiccicoso, la mollica che sembrava colla. Mio zio aveva una falegnameria, e io impolveratissimo andavo con il triciclo a prendere sacchi di trucioli per portarli dal fornaio: ogni dieci sacchi, un chilo di pane. Le notizie arrivavano come attutite. Al mattino studiavo al conservatorio, la sera suonavo la tromba per gli ufficiali tedeschi, riuniti in un locale di via Crispi, a ballare i valzer di Strauss con le ragazze romane. Un giorno in piazza Colonna incontrai un prete partigiano, don Paolo Pecoraro, che mi disse: tra poco ne sentirete delle belle. Seguì un botto. Era la bomba di via Rasella. Poi arrivarono gli americani, e suonavo per loro negli alberghi di via Cavour. Non ci davano soldi ma cibo – pane bianco, cioccolata, anche pietanze cucinate – e sigarette; io non fumavo, rivendevo le sigarette e portavo i soldi a casa».
• «Tra i 14 e i 16 anni, Ennio Morricone, d’estate, suonava con un gruppo al Florida, nei pressi di via del Tritone. Nel locale “c’era un clima un po’ da casa di tolleranza, sotto i tavoli succedevano cose sconce. Ogni tanto la polizia faceva una retata e una volta una delle ragazze, per non farsi arrestare, finse di essere la mia fidanzata, acchiappandomi e dandomi un bacio. Io, prima d’allora, non avevo mai baciato una donna. Ero sconvolto. Lei riuscì ad andarsene indisturbata”» (Leonetta Bentivoglio).
• Perse il fratellino Aldo quando questi aveva solo tre anni: «Come accadde? “Fu una morte assurda, provocata dall’insipienza di un medico. Aldo aveva mangiato delle ciliegie cadute da alcuni vasi. La sera prese a vomitare. Pensammo a un’influenza. Era estate e il nostro dottore di famiglia era in vacanza. Chiamammo il sostituto che sbagliò completamente la diagnosi (…). Morì per un enterocolite acuta, scambiata per un banale mal di pancia (…). Fu terribile (…), mio padre finì con l’accentuare il suo lato più severo. In contrasto netto con l’atteggiamento della mamma, la cui bontà assoluta era spesso fuori luogo. C’era un’esagerazione in entrambi i sensi che mi disorientava. Cercai sempre più rifugio nella musica» (ad Antonio Gnoli).
• «Per guadagnare, iniziai a fare i primi arrangiamenti musicali alla radio (…), poi un giorno mi chiamò Luciano Salce e realizzai le musiche del mio primo film. Il regista mi fece vedere il filmato e lo musicai. Quell’esperienza andò bene e per qualche anno collaborammo assieme. Poi vennero gli altri registi».
• Diploma in Tromba (nel 1946) e in Composizione (nel 54, sotto la guida di Goffredo Petrassi) all’Accademia di Santa Cecilia, è diventato «il compositore italiano più noto all’estero. Le sue colonne sonore sono entrate nella leggenda. I grandi nomi del rock lo citano e gli rendono omaggi su omaggi. La sua prolificità, poi, è ineguagliabile: anche venticinque film in un anno (oltre 500 dal 1960 a oggi ­– ndr)» (la Repubblica).
• «I Metallica da anni aprono i loro concerti con le note di The Ecstasy of Gold da Il buono, il brutto e il cattivo, e la cosa mi ha sempre divertito molto, perché io con la loro musica non ho nulla a che fare!».
• Nomination all’Oscar per I giorni del cielo (Malick 1978), Mission (Joffe 1986), Gli Intoccabili (De Palma 1987), Bugsy (Levinson 1991), Malèna (Tornatore 2000), The Hateful Eight (Tarantino 2015, vinto); Leone d’oro alla carriera a Venezia nel 1995. Tra i film per cui ha composto la colonna sonora: Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto il cattivo, C’era una volta il west, Giù la testa, C’era una volta in America (1964, 1965, 1966, 1968, 1971, 1984, tutti di Sergio Leone), Uccellacci e uccellini (Pasolini 1966), La battaglia di Algeri (Pontecorvo 1966), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Petri 1970), Novecento (B. Bertolucci 1976), Nuovo cinema Paradiso (Tornatore 1988). «Mi sono trovato bene con tutti, con Pontecorvo, con Montaldo, Bolognini, Elio Petri. Ultimamente, ed è uno di quelli con cui mi sono trovato meglio in assoluto, c’è Tornatore».
• «Sergio Leone era dispettoso, spesso anche velenoso con i suoi colleghi. Nacque tutto con Per un pugno di dollari: voleva mettere nella scena finale, il duello tra Volonté e Eastwood, il popolare Deguello tratto dal film di Howard Hawks Un dollaro d’onore, con le musiche di Tiomkin. Gli dissi che non avrei più fatto il film: non si può togliere a un compositore la soddisfazione di fare una scena importante. Lui allora mi chiese una cosa simile al Deguello, cosa che mi guardai bene dal fare. Ripresi invece, a sua insaputa, una ninna nanna che avevo scritto qualche anno prima per i Drammi Marini di Eugene O’Neill per la tv. La feci sentire a Sergio facendogli credere che l’avevo scritta per l’occasione. Fu entusiasta. Qualche anno dopo glielo rivelai e lui trasformò questa cosa in una regola: mi invitò a fargli sempre ascoltare i temi che altri registi avevano criticato o scartato. Anche per C’era una volta in America utilizzai il tema d’un film che all’ultimo non avevo più fatto». «Ma è vero che da bambini eravate stati a scuola assieme, e che lo scopriste solo quando vi ritrovaste, trent’anni dopo, per la colonna sonora di Per un pugno di dollari? “Appena entrato la prima volta a casa mia – era il 1963 – glielo dissi. Non ci credeva. Allora gli mostrai la foto della terza elementare. C’eravamo tutti e due. Nacque subito un feeling”» (a Paolo Scotti).
• «Pasolini, con il quale ho collaborato in tutti i film tranne che in Medea, mi diceva: “Faccia quello che vuole”. Per questo non lo lasciai mai».
• «Ho paura dell’aereo, è uno dei motivi che non mi fa più lavorare per gli americani. E poi non sono un direttore d’orchestra e, infatti, al massimo dirigo Morricone. Quando salgo sul podio mi piace, ma il mio mestiere è comporre».
• Dal 1946 a oggi ha scritto più di cento titoli di musica non da film: ultimi Silicio e altri frammenti (2006), Vuoto d’anima piena (2008). Nel 1965 entrò a far parte del Gruppo di improvvisazione Nuova Consonanza.
• Sua opera preferita: la Tosca di Puccini.
• «Film che Ennio Morricone avrebbe voluto musicare: Arancia Meccanica (“Il problema nacque sul luogo dove incidere le musiche. Io volevo registrare a Roma, ma lui non amava volare e chiedeva di incidere a Londra. Le cose si complicarono anche perché in quel momento lavoravo con Sergio Leone, e alla fine rinunciai”), La sottile linea rossa (“In quel periodo viaggiavo molto e il regista Terence Malick non riuscì a trovarmi nel momento in cui si chiudevano i contratti»), L’ultimo imperatore (“Ma in quel caso non sono stato chiamato”)» (Antonio Monda).
• «Ennio Morricone evita i set per i quali scrive la colonna sonora. Tre eccezioni: C’era una volta il west e C’era una volta in America solo per il primo ciak, La leggenda del pianista sull’oceano più a lungo perchè doveva coordinare Tim Roth al pianoforte» (Antonella Amendola).
• Fa ascoltare in anteprima la sua musica alla moglie: «È lei che giudica prima di tutti. Nel passato capitava che spesso i registi mi fregavano: di tutti i brani che proponevo sceglievano i più brutti. Ora non accade più. C’è mia moglie. Non ha una conoscenza tecnica della musica. Ma giudica come farebbe il pubblico. È severissima» (a Federica Lamberti Zanardi).
• La moglie, sposata il 13 ottobre 1956, si chiama Maria Travia. Ha dedicato a lei tutti e due gli Oscar vinti: «È un atto di giustizia. Mentre io componevo lei si sacrificava per la famiglia e i nostri figli. Per cinquant’anni ci siamo visti pochissimo: o ero con l’orchestra o stavo chiuso nel mio studio a comporre. Nessuno poteva entrare in quella stanza tranne lei: il suo unico privilegio». Quattro figli, tre maschi e una femmina, uno solo, Andrea (Roma 10 ottobre 1964), s’è dato alla musica, Giovanni (1966) fa il regista, gli altri sono Marco (1957) e Alessandra (1961).
• «È un signore alquanto stravagante, lontano dagli stereotipi del genio e sregolatezza. Uomo metodico, apparentemente imperturbabile, completamente dedito al lavoro e alla famiglia, con una santa moglie che lo accompagna dovunque: «Vado a letto abbastanza presto, la sera alle 10: mi alzo alle 4 del mattino, faccio ginnastica e una camminata ma non fuori, in casa. Poi esco a prendere i giornali, li leggo e poi non mi fermo più: se ho cose urgenti da fare vado avanti fino a sera”. E se è in tournée? “Se ho il concerto vado a letto tardi, dunque mi alzo un po’ più tardi e non faccio ginnastica”» (Marinella Venegoni).
• Il 25 febbraio 2007, dopo cinque nomination senza esito, gli venne conferito l’Oscar alla carriera per «i suoi magnifici contributi all’arte della musica cinematografica». Gli consegnò la statuetta Clint Eastwood («Io certamente non sarei qui se ogni apparizione del mio Gringo nei western di Sergio Leone non fosse stata accompagnata dalle sue note suggestive»), che tradusse il suo discorso di ringraziamento dall’italiano all’inglese a tutta la platea. Celine Dion cantò il Tema di Debora da C’era una volta in America. Era il primo brano dell’album We all love Ennio Morricone, appena distribuito dalla Sony Classics in tutto il mondo, in cui le sue musiche sono interpretate da star internazionali come Bruce Springsteen, Metallica, Yo Yo Ma, Herbie Hancock ecc. «Ho ricevuto in Italia e nel mondo tanti premi, non so nemmeno quanti, premi importantissimi, da quello del presidente della Repubblica al Bafta britannico, dai Golden Globe al Grammy. Ma l’assenza di un Oscar era come un buco lì in mezzo, un vuoto che mi dava un po’ fastidio, lo confesso».
• All’inizio di febbraio 2007 diresse per la prima volta in America: concerto nella sala dell’Assemblea generale dell’Onu, aperto da Voci dal silenzio, la suite nata dopo l’11 settembre («La dedica è dentro i suoni, e l’ho poi allargata a tutte le stragi della storia umana»), e poi al Radio City Music Hall di New York, «pubblico in piedi e standing ovation a ripetizione» (Gino Castaldo).
• Il 16 aprile 2007 debuttò al Teatro alla Scala dirigendo la Filarmonica e il Coro in un concerto a favore dell’Associazione don Giuseppe Zilli, presentato da Giorgio Armani. In programma i suoi grandi temi: «Alcune cose le devo fare, altrimenti la gente sta male. Mission, ad esempio, che deve il suo successo a un’intensa carica di ascetismo e spiritualità». L’anno precedente era stato per la prima volta sul podio dell’orchestra milanese per una tournée estiva in Italia.
• Nel 2009 il Presidente della Repubblica Francese, Nicolas Sarkozy, ha firmato un decreto che lo nomina al grado di Cavaliere nell’ordine della Legione d’Onore.
• Nel 2010 e nel 2013 ha ricevuto il David di Donatello per la miglior colonna sonora, rispettivamente per Baaria e per La migliore offerta, entrambi di Giuseppe Tornatore. Per quest’ultimo film ha vinto anche l’European Film award, sempre nel 2013.
• Ha aperto il concerto del primo maggio 2011 (anno del 150° dell’Italia unita), dirigendo una sua composizione, Elegia per l’Italia, ispirata al Va pensiero di Verdi e all’inno di Mameli.
• Nel febbraio del 2016 è il tredicesimo italiano a ricevere una stella, la numero 2574, sulla Walk of Fame in Hollywood Boulevard, Los Angeles.
• Nel 2016 ha ricevuto il suo terzo Golden Globe per la colonna sonora di The Hateful Eight, l’ultimo film di Quentin Tarantino, che ritirando il premio in sua vece sul palco lo ha così definito: «Morricone è il mio compositore preferito, e quando parlo di compositore non intendo quel ghetto che è la musica per il cinema, ma sto parlando di Mozart, di Beethoven, di Schubert». «Ha detto una cosa carina, l’ha detta grossa come è grosso lui, pieno di sostanza. Mi fa piacere che mi abbia fatto un elogio gentile ma non siamo noi a doverci collocare, sarà la storia a decidere e perché arrivi il tempo giusto ci vogliono secoli» (Morricone a Michela Tamburrino) [Sta 12/1/2016]. Per lo stesso film ha ricevuto anche un Bafta.
• Politica «Non ho mai parlato di politica in vita mia. Controlli negli archivi: non troverà una sola intervista al riguardo. Non mi schiero. Non milito. Faccio un altro mestiere (...) Non sono mai stato comunista, né socialista. Sono cattolico, nella Prima Repubblica votavo democristiano. Del resto, Gesù per me è stato il primo comunista. Mi sento dalla parte dei poveri, anche se ho una bella casa; ma i soldi non li ho rubati. Ho ammirato De Gasperi. Ho condiviso il progetto di Moro di aggregare al centro le forze popolari. Avevo un’alta concezione di Craxi. E ho sempre stimato Andreotti: sono stato felice che sia stato assolto, e che abbia sempre rispettato i magistrati, a differenza di altri (...) Della politica di oggi non mi piacciono gli insulti ai senatori a vita, e le calunnie contro Prodi». Eletto nella Costituente del Partito democratico: «A mia insaputa» (ad Aldo Cazzullo).
• Fu designato da Francesco Rutelli come membro del Consiglio di amministrazione del Teatro dell’Opera di Roma in rappresentanza del ministero. Venne sostituito da Bruno Vespa a dicembre del 2008: «Nel maggio 2007 il ministro Francesco Rutelli firmò il mio decreto di nomina quando mi trovavo all’estero. Mi sembrava scorretto sottrarmi. Andai alla prima seduta del Consiglio e dissi: “Guardate, io ho una mia professione, non posso occuparmi di tutto questo, non verrò mai più”. Lasciai anche prima della fine della seduta e informai della mia scelta il sindaco Walter Veltroni. E davvero non tornai mai più. Nessuno ebbe da ridire».
• «Una domanda a Beppe Grillo: “Perché non dire le stesse cose, ma senza urlare?”. Aveva dimenticato di chiederglielo quella sera a Modena per l’anniversario di Pavarotti, quando lo hanno immortalato accanto all’ex comico (…). “Uno scatto con nessuna valenza politica ma di simpatia – ci tiene a precisare –. Mi faceva ridere quando faceva il comico mentre oggi ha intrapreso un’altra strada”» (a Simone Pieranni).
• «Il mio sogno è sempre stato reinterpretare l’inno di Mameli. L’ho realizzato per Cefalonia, il film per la tv: una versione più lenta, solenne. Ma quando diressi al Quirinale il cerimoniale mi bloccò».
• Musica «Cinema e musica hanno una qualità identica che è la temporalità: se vogliamo dare un parere su un film dobbiamo aspettare che finisca e lo stesso vale per la musica, che sia di Beethoven o di Mozart. Questo vuol dire che la durata dell’evento sonoro applicato al film deve essere della stessa qualità temporale di quest’ultimo. Se un regista chiede un pezzo di 20 secondi, si può essere certi che non funzionerà».
• «È importante il silenzio nella musica? “È la sua parte più segreta e intima. Qualche tempo fa Riccardo Muti ha eseguito a Chicago una musica che scrissi nel ricordo della tragedia delle Twin Towers e che ho chiamato, non a caso, Voci dal silenzio. C’è un istante, dopo un grave trauma, in cui tutto si ferma. Tutto tace. È in quel momento che il suono manifesta la sua forza. Viviamo in una società del rumore che ha sconfitto il silenzio”» (ad Antonio Gnoli).
• «Non condannerei il rumore. È una risorsa per la musica. I rumori non sono difetti, non sono errori (…). Sono una fonte di ispirazione, perfino sgradevoli ma di brutale bellezza, densi di esperienza e di vita. Nei western di Sergio misi anche colpi di frusta, di martello, di campane. E poi la voce umana, ma usata come uno strumento. Voce che canta, che fischia, che si schiarisce la gola, che schiocca la lingua… In una partitura dedicata all’inverno misi perfino dei colpi di tosse».
• «Suono il pianoforte piuttosto male, ma ho sempre pensato che se il regista lo accetta così, quando lo avrò strumentato, con le suggestioni timbriche e l’orchestrazione gli piacerà ancora di più. Purtroppo con il regista si tratta di intendersi sempre e solo sul discorso tematico, trascurando quello che c’è attorno alla melodia, che secondo me è molto più importante».
• «Ascoltavo Bach, ma ora non più perché c’è una convergenza tra sperimentazioni per il cinema e altre che seguo per le mie composizioni libere. La musica del cinema non è solo musica sinfonica, è musica del nostro tempo. Il compositore si rivolge a una platea vasta e deve tenere conto di tutto quello che succede in musica. Bisogna avere le carte in regola per scrivere una sinfonia, ma se serve una canzone da cantautore io la scrivo. In Uccellacci e uccellini, Pasolini mi disse: “Vorrei una musica per accompagnare i titoli, cantati da Modugno”, e allora ho scritto una filastrocca».
• Vizi Ha investito tutto quello che ha guadagnato in un grande appartamento vicino all’Ara Coeli, in Roma, con le finestre che si affacciano sul Campidoglio. Mille metri quadri coperti: ogni mattina fa footing facendo il giro completo di tutte le stanze.
• Appassionato di scacchi, ogni tanto gioca contro qualche campione, in simultanea o no.
• Tifoso della Roma: «Allo stadio ora non vado da tanto, devo dire la verità, mi piace stare a casa. Ho questo schermo grandissimo in cui vedo la testa di Totti enorme. Quando andavamo allo stadio con Sergio Leone ricordo sempre il delirio, il parcheggio, l’entusiasmo della folla ma anche le file. Quanto alla mia prima volta allo stadio, ho un ricordo nitido. Andai a Campo Testaccio con mio padre, ero piccolo. Avevamo un posto in piedi dietro alla porta» (da un’intervista sul sito ufficiale della Roma).