31 maggio 2012
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Biografia di Mario Moretti
• Porto San Giorgio (Ascoli Piceno) 16 gennaio 1946. Ex terrorista. Giunto ai vertici delle Brigate Rosse dopo la cattura degli altri capi storici, fu il principale artefice del sequestro Moro (in via Fani a Roma il 16 marzo 1978). Arrestato a Milano il 4 aprile 1981. Condannato a sei ergastoli, dal 1994 è in libertà condizionata (coordinatore del laboratorio di informatica della Regione Lombardia). La sera ha l’obbligo di rientrare nel carcere di Opera.
• «Il padre è commerciante di bestiame, la madre maestra di musica. Diplomatosi perito industriale, all’inizio del 1968 è a Milano in cerca di lavoro. Ha in tasca due lettere di raccomandazione: una del rettore del Convitto di Fermo, Ottorino Prosperi, per un posto all’Università Cattolica, l’altra della marchesa Anna Casati Stampa di Soncino, per un impiego alla Sit-Siemens. Lo assumono in fabbrica. Qui diventa subito amico di Corrado Alunni, Giorgio Semeria e Paola Besuschio. Con loro entra a far parte del Collettivo politico metropolitano di Renato Curcio e di Margherita Cagol. Il 29 settembre 1969, in una comune di piazza Stuparich, si sposa con Amelia Cochetti, maestra d’asilo. Avranno un figlio, Marcello Massimo. La scelta della clandestinità arriva, per Moretti, tra l’estate e l’autunno del 1970, quando con il gruppetto dei compagni della Sit-Siemens e del collettivo dà vita a quello che sarà il nucleo storico delle Brigate Rosse. È un teorico ed elabora i primi documenti brigatisti, ma è anche tra i primi a prendere le armi e ad entrare in azione» (La Notte della Repubblica).
• «All’epoca del sequestro Moro era il capo delle Brigate Rosse, fu lui a guidare l’agguato, a interrogare l’allora presidente della Dc nel covo-prigione di via Montalcini, a portare la Renault Rossa con il cadavere in via Caetani. Dal suo punto di vista non ci sono punti oscuri: il sequestro Moro fu un’operazione ideata e realizzata dalla bierre, senza aiuti o suggerimenti esterni. La “versione Moretti” […] deve tuttavia fare i conti con la miriade di supposizioni, suggestioni, voci che dal 1978 si sono accavallate intorno a quell’evento. A dar retta a tutte quelle voci si potrebbe arrivare a dire che in via Fani, quel mattino, oltre ai terroristi c’erano uomini dei servizi segreti, della ’ndrangheta, “osservatori internazionali”, tiratori scelti con un passato nella Legione Straniera» (Renato Pezzini, Il Messaggero 24/3/2014)