31 maggio 2012
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Biografia di Gianni Morandi
• Monghidoro (Bologna) 11 dicembre 1944. Cantante. Attore.
• Vita Figlio di un ciabattino, «la domenica pomeriggio, cantava durante gli intervalli tra un film e l’altro nel cinema del paese natale, e poi riprendeva a vendere noccioline e caramelle, tanto per arrotondare le entrate. Andò in giro con un complessino per le balere di campagna, venti canzoni per sera a mille lire, e lui s’arrangiava anche con la chitarra e la batteria. Aveva quattordici anni e mezzo, si esibiva alla periferia di Bologna, quando la maestra che dirigeva il complessino gli consigliò il ritorno a Monghidoro: stava cambiando voce, non aveva un futuro. Previsione sbagliata, non aveva ancora riacquistato confidenza con la bottega di ciabattino, e già la nuova voce si rivelava, al contrario, più che passabile. Gianni riattaccò a cantare, non dispiaceva a un pubblico alla buona. Finché una sera lo notò un certo Leonetti, arbitro di pugilato e a tempo libero cacciatore di talenti di ogni genere. Leonetti possedeva qualche juke-box, aveva relazioni e rapporti con case discografiche, ottenne per il ragazzo di Monghidoro un provino alla Rca, a Roma. E Morandino andò in città quasi più alla cieca di come ci andava Moraldino, nel finale dei Vitelloni di Fellini. Cantò Non arrossire, e fu un mezzo disastro: a parte tutto, le esse erano una sfida per la sua pronuncia emiliana. Ma alla Rca c’era il paroliere Migliacci che seppe vedere più che sentire in lui la stoffa del cantante. E da allora Gianni iniziò la sua ascesa» (Oreste Del Buono).
• «Nell’Italia del boom la straripante energia di Morandi unita alla simpatia hanno presa immediata. Il cantante segna gli anni Sessanta con una raffica di successi: Fatti mandare dalla mamma, In ginocchio da te, Non son degno di te, Se non avessi più te, La fisarmonica, Un mondo d’amore. Fotogenico e ragazzone, in tv Morandi sfonda il video. E non scandalizza l’Italia benpensante nemmeno quando canta educato C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones e punta l’indice contro la guerra nel Vietnam. Ma il vento gira. E negli anni Settanta, anni di piombo, Morandi si scopre superato. La goccia che fa traboccare il vaso sono i fischi del pubblico milanese quando si esibisce prima di un concerto dei Led Zeppelin. Gianni va in esilio: s’iscrive al conservatorio romano di Santa Cecilia. E scompare. Anche la sua vita familiare va a rotoli: si separa da Laura Efrikian, la madre di Marianna (Roma 14 febbraio 1969, attrice, ex moglie di Biagio Antonacci) e Marco (Roma 12 febbraio 1974, cantante), l’attrice sofisticata e più grande di lui che ha sposato contro il parere della famiglia, “ma che mi ha insegnato a parlare l’italiano”, ricorda Gianni ancora oggi. All’inizio degli anni Ottanta Morandi prova il rientro, tra lo scetticismo generale. E invece il successo torna, più grande di prima. Perché l’Italia non si è scordata di lui, perché le nuove generazioni lo scoprono e perché ad aiutarlo accorrono nomi importanti come Mogol, orfano della collaborazione con Lucio Battisti. È un crescendo irresistibile che culmina nella vittoria a Sanremo 1987, con Tozzi e Ruggeri e la canzone Si può dare di più. Nel 1994, altro colpo di scena: ecco il Morandi catto-comunista. Che canta a Lourdes e confessa: “Mi sono sentito fragile, stupido, pieno di vizi. Io non sono cambiato, ma il comunismo forse mi ha deluso. Ma mi sento sempre di sinistra, non gridate al miracolo”. Nel 1995 torna a Sanremo in coppia con la bolognese Barbara Cola, sua protetta. La canzone è In amore, arriva seconda alle spalle di Giorgia, ed è considerata la vincitrice morale. Anche la vita privata va a gonfie vele. La sua compagna Anna Dan gli dà un nuovo erede, Pietro. E la figlia Marianna col piccolo Paolo lo trasforma nel nonno cinquantenne più famoso della musica leggera. Poi c’è lo sport. Altro capitolo importante. Fonte di buone public relations. Non solo Morandi fa il maratoneta (corre pure a New York), ma dall’81 è membro fondatore e animatore della Nazionale cantanti. Di che si tratta? È un’iniziativa benefica capace di rastrellare cifre notevoli con sfide calcistiche contro improbabili nazionali di politici, magistrati o piloti di Formula 1 che riempiono gli stadi di giovani fan. Ma è anche una delle più potenti lobby nel mondo dello spettacolo. Il 1999 è un’altra annata doc per Morandi. A Sanremo è l’ospite d’onore. A Modena, al Pavarotti & Friends, duetta con Big Luciano. E corona la stagione con il trionfo di C’era un ragazzo, programma per Raiuno dove ricostruisce la sua carriera. Ad aiutarlo anche questa volta si muovono artisti, autori, intellettuali, politici: da Lucio Dalla a Michele Serra. Cinque puntate, ascolti trionfali (10 milioni di media) e una leggendaria ospitata canterina di Massimo D’Alema» (Stefano Pistolini).
• Nel 2006 si è raccontato nel libro Diario di un ragazzo italiano (Rizzoli, scritto con Michele Ferrari). L’anno dopo ha pubblicato l’antologia Grazie a tutti, raccolta di 46 successi rimasterizzati in tre cd in confezione superlusso, con libro fotografico e quattro inediti: Stringimi le mani di Pacifico, Un mondo d’amore con Baglioni, un medley di brani nascosti, Se non avessi più te (1965) in cui è accompagnato da un’orchestra diretta da Morricone. Un provino, «che non venne scelto per il 45 giri perché definito lontano dall’etichetta cucitami addosso con In ginocchio da te». Stesso titolo per la tournée.
• Nel 2009 Grazie a tutti è diventato il titolo di un varietà in onda su Raiuno e condotto con la cantante Alessandra Amoroso.
• Ha presentato due Festival di Sanremo: nel 2011, affiancato da Belén Rodríguez, Elisabetta Canalis e Luca e Paolo (una media di ascolti di 11.492.100 telespettatori con il 48,2% di share, la seconda più alta del terzo millennio dopo l’edizione del 2005 condotta da Paolo Bonolis e Antonella Clerici); e nel 2012, affiancato da Rocco Papaleo e Ivana Mrazova (11.122.000 telespettatori, share del 47,26%, picco di ascolti durante il duetto con Adriano Celentano nella canzone Ti penso e cambia il mondo).
• Il 1 ottobre 2013 è uscito l’album di inediti Bisogna vivere, anticipato dal singolo Solo insieme saremo felici. Il 7 e l’8 ottobre ha tenuto due concerti all’Arena di Verona, trasmessi da Canale 5.
• Frasi «A conti fatti mi si può considerare un giusto impasto tra Claudio Villa e Adriano Celentano».
• «Il successo si paga. È malvagio, subdolo e non coincide quasi mai con la felicità».
• «Mi aiuta l’essere un montanaro di Monghidoro, e il fatto che mio papà, molto realista, mi ripeteva per ogni disco che poteva essere l’ultimo, che non sarebbe durato, e che comunque, qualsiasi cosa fosse accaduta, io un lavoro per mangiare l’avevo, quello del ciabattino».
• «Una cosa mi è mancata: fare un bel film, un film vero. Forse perché mi ricordo di quando, bambino, vendevo le caramelle nel cinematografo di Monghidoro e vedevo questi grandi, immensi eroi americani sullo schermo. Secondo me non mi scritturano perché non riescono a immaginarmi in un personaggio che non sia Gianni Morandi» (a Giuseppe Videtti).
• «Se fossi costretto a scegliere un solo titolo della mia carriera, sceglierei Uno su mille. Per il pubblico è diventata una canzone simbolo, perché trasmette la forza di volontà per superare i momenti difficili».
• «A volte dal palco per tenermi concentrato conto mentalmente gli spettatori. E in genere sbaglio di 50 persone al massimo».
• «Ho girato così tante volte tutta l’Italia, che conosco a memoria i 553 chilometri dell’autostrada del Sole».
• Critica «Povero e ricco, vincitore e sconfitto, spaccone e dubbioso, Gianni è italiano perfetto, colonna sonora perfetta, anche se i cento all’ora fanno ridere, la fisarmonica non la suona più nessuno e se la mamma ti manda a comprare il latte ti spari i soldi in qualche porcata di videogioco. È stato a un passo dalla macchietta, Morandi, alla ripetizione infinita, al grottesco del fare a sessant’anni quello che facevi a venti» (Stefano Di Michele).
• Politica «Sono sempre stato di sinistra. Per dire, ho sempre cantato quasi esclusivamente alle Feste dell’Unità e non a quella dell’Amicizia o dell’Avanti». Da ultimo col Pd.
• Tifo Bologna, di cui è stato presidente onorario dal 20 dicembre 2010 all’11 maggio 2014. Ha detto il primo giugno 2008 festeggiando il ritorno in A: «Ho seguito il Bologna in almeno 30 partite quest’anno e posso dire che ha meritato la promozione».