31 maggio 2012
Tags : Lele Mora
Biografia di Lele Mora
• (Dario) Bagnolo Po (Rovigo) 31 marzo 1954. Agente tv. «Prendo delle ragazze e, se hanno la stoffa, le faccio diventare delle star. O curo gli interessi di chi star lo è già». Iscritto nel registro degli indagati per bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale dopo che la sua Lm Management venne dichiarata fallita dal tribunale di Milano nel giugno del 2010 (secondo l’accusa distratti complessivamente quasi 8 milioni e mezzo di euro), fu arrestato il 20 giugno 2011 e condotto nel carcere di Opera, a Milano. Patteggiata la condanna a 4 anni e 10 mesi, fu scarcerato il 1 agosto 2012 in attesa della pronuncia sulla richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali. Dal settembre dello stesso anno è affidato alla comunità Exodus di don Mazzi. Coinvolto nel processo “Ruby bis” con Nicole Minetti ed Emilio Fede, il 19 luglio 2013 fu condannato in primo grado a 7 anni di reclusione e all’interdizione a vita dai pubblici uffici per favoreggiamento e induzione alla prostituzione.
• «Cresciuto in una casa colonica in compagnia di quattro fratelli, diploma alla scuola alberghiera di Adria, aprì una pizzeria in società con l’allora moglie Giovanna Bologna, da cui ebbe due figli (separazione nel 1980).
• «L’ascesa ai vertici dello star system inizia in un bar di Verona, aperto nel 1980 e chiuso poco più di un anno dopo. Solo che Lele ha dimenticato di avvisare della chiusura le autorità, dato che l’attività risulta “cessata d’ufficio per irreperibilità” dello stesso Mora. Torna agli affari poco dopo, nel 1983, quando diventa socio dell’amico Pasquale in un centro di bellezza: “Parrucchiera, sauna, massaggi ed ogni altra attività connessa all’estetica maschile e femminile”. È lì che iniziano i suoi rapporti con il bel mondo. Nella città scaligera impazza Caniggia, talento maledetto del pallone, lunga chioma bionda e una certa predilezione per le righe bianche anche fuori dai campi di calcio. E Lele finisce in mezzo ad un’inchiesta sullo spaccio di cocaina, si fa un po’ di carcere ma ne esce pulito. Comunque anche la società con Pasquale viene sciolta, nel 1989, e Lele inizia la sua corsa. Alla fine degli anni Novanta nasce la Lm Management, sede a Treviglio, provincia di Bergamo; uffici a Milano, dietro piazzale Loreto. Da lì Lele dà la scalata allo star system» (Gianluca Paolucci).
• L’apice del “lelemorismo”, diventato un neologismo ad effetto e molto condiviso, è nei primi cinque anni del nuovo secolo: «È lì che lui salta a piè pari dentro alla strepitosa combinazione televisiva innescata dall’esplodere dei reality show, dei talent-show, dei vaiasapere-show che necessitano di far passare ore e ore spendendo il meno possibile: l’investimento finisce tutto o quasi nelle tasche di chi gestisce legioni di aspiranti vip, tronisti, veline. Una scuderia da 120 “artisti”: ci trovi di tutto, anche Emilio Fede, anche persone che quando gli si chiede perché diavolo avessero bisogno di un agente lasciavano capire che quello è il giro giusto, anzi l’unico, chi c’è c’è. E chi non c’è fatica almeno il triplo» (Antonio Dipollina).
• «A un certo punto fatturava cento miliardi di lire, possedeva due Bentley e due Porsche, era in grado di organizzare feste per duemila persone nelle due grandi ville bianche che possiede in Costa Smeralda» (Franco Cocco). Tra i suoi assistiti Sabrina Ferilli, Irene Pivetti, il tronista Costantino Vitagliano (il suo “capolavoro”), Simona Ventura (brusca rottura da parte di lei nel gennaio 2006 per alcune foto di Fabrizio Corona mentre si stava lasciando col marito Stefano Bettarini).
• Coinvolto a fine 2006 nella cosiddetta “vallettopoli” indagata dal pm di Potenza John Henry Woodcock, è stato infine scagionato dalle accuse di aver ricattato con Corona il motociclista Marco Melandri, Lapo Elkann, il calciatore Francesco Totti ecc. «Ho sempre avuto fiducia nel lavoro della magistratura e non ho mai dimenticato le parole di mia madre: “Male non fare, paura non avere”».
• Causa irregolarità nelle dichiarazioni dei redditi 2003 e 2004 (aveva esagerato con le detrazioni), la Commissione tributaria provinciale di Bergamo l’ha condannato nel 2008 al pagamento di 5,6 milioni di euro (2,7+2,9).
• I figli, Diana e Mirko, lavoravano con lui.
• Il 13 ottobre 2009, interrogato dai pm nell’ambito dell’inchiesta relativa al fallimento della Corona’s srl, raccontò di aver speso buona parte del suo denaro in regali a Fabrizio Corona, perché «avevo una relazione»: «L’interrogatorio in questione è uno degli atti dell’inchiesta dei pm Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci su una maxievasione fiscale da 17 milioni di euro in cui sono indagati il re dei paparazzi, l’agente dei vip e altre sei persone. Con le accuse, a vario titolo, di emissione di fatture false, dichiarazione fraudolenta, omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, bancarotta fraudolenta e riciclaggio. Per Corona, ha raccontato Mora agli inquirenti, “ho comprato otto autovetture a partire da una Audi cabriolet per arrivare alla Bentley Continental”. Anche l’appartamento “in via De Cristoforis a Milano – ha aggiunto – gliel’ho comprato io. O meglio, ho rifornito Corona di circa 1 milione 500 mila euro in contanti che doveva utilizzare per l’acquisto”. Un bell’appartamento, spiega, che “a me piaceva anche se non del mio genere. Io preferisco il barocco”. In quel periodo Corona era sposato con Nina Moric, che a detta di Mora si era accorta della relazione tra i due. “Nel 2005 – racconta ai pm – sono iniziati i grandi litigi tra Corona e la Moric, avendo lei scoperto l’esistenza della relazione del marito con me. Cosa che io avevo sempre negato e che poi è emerso durante l’indagine Vallettopoli”. Mora ha poi tirato le somme: “Posso quantificare a spanne che nel periodo 2004-2006 il denaro da me speso per Corona è circa 2 milioni di euro”. Prima del 2008, ha aggiunto “Corona ha avuto denaro da me per 10-11 anni”. Mora ha anche tenuto a precisare, però, che ha speso anche per sé: “Molti soldi in contanti io li ho anche spesi perché sono un vizioso spendaccione” (…)» (Rep 27/9/2010). In seguito Corona, intervistato da Striscia la notizia che gli consegnava il Tapiro, negò tutto. Mora, ospite di Domenica 5, ridimensionò poi la faccenda dicendo: «Quello che ho provato per Corona è stato un amore da padre a figlio, un amore platonico».
• La sua vita da quando è stato affidato alla comunità Exodus, per la quale si è inventato la “bancarella della solidarietà”: «La bancarella si trova in piazza Argentina, lungo corso Buenos Aires. Ogni giorno mi sveglio alle sei del mattino, allestisco il banchetto e poi mi dirigo al mercato ortofrutticolo dove raccolgo frutta, verdura, carni bianche e altri generi alimentari per la comunità di don Mazzi. Dopo un’oretta in comunità vado a lavorare, in ufficio da mio figlio Mirko che mi paga 1.200 euro al mese. Il pomeriggio torno alla bancarella, fino alle otto di sera. (…) Chi mi avvicinava in passato lo faceva sempre per ottenere qualcosa in cambio e la riconoscenza serviva a fare ulteriori richieste. Non rinnego la mia attività precedente: l’ho amata, ma non tornerei a fare l’agente. Il mondo dello spettacolo è finto, superficiale e pieno di egoisti. Ho dato tanto a tante persone e la maggior parte di loro si è allontanata. Oggi ho legami sinceri» (Il Messaggero).
• Dice che la sera, prima di andare a letto, recita cinque rosari.
• Nel 2013 è uscito il libro La mia verità (Roberto Maggi Editore), scritto con Matteo Menetti, in cui racconta i 407 giorni trascorsi in carcere.
• Ha il vezzo di farsi intervistare sul letto.
• «Nel 1975 a Verona avevo un locale di fianco alla Caserma dei militari, il cosiddetto Bar Mutanda per le proprietarie precedenti che mostravano volentieri le mutande. È stato il primo locale gay in Italia. Aperto dalle 18 a mezzanotte, l’ora in cui i militari rientravano in caserma. Era frequentato da stilisti, politici, ed ecclesiastici. Tutti facevano sesso. Io no. Già allora avevo capito che per non essere ricattabili bisogna astenersi. Al Mutanda c’erano i primi travestiti: Ava, Iva e Stefania. Di giorno operai, di notte prostitute. Per non farle prostituire, le ho assunte da me come donne di servizio. Ava stirava col barboncino tra le braccia, non si separava mai dal barboncino, era il figlio che non avrebbe avuto mai» (a Teresa Ciabatti) [Ven 7/2/2014].
• «Il mio sbaglio è stato il desiderio di mettermi in mostra. Il momento preciso in cui è iniziata la fine? Con Iacona, quando ho aperto le porte della mia casa in Sardegna alla televisione, a Sciuscià di Santoro. Mi sentivo Dio. Sono stato Icaro. Ha presente Icaro? Pensa di poter volare. Vola vola, fino al sole, senza calcolare che il sole scioglierà la cera delle ali. E precipita in mare. Così Lele Mora. Sono precipitato» [Ciabatti, cit.].
• «Sono tre anni che non faccio sesso. Senza sesso si può vivere benissimo». Da tre anni senza sesso. Alternativa? «Passeggio molto» [Ciabatti, cit.].