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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Giuliano Montaldo

• Genova 22 febbraio 1930. Regista. Palma d’oro a Cannes nel 1971 con Sacco e Vanzetti. Pluripremiato per lo sceneggiato televisivo Marco Polo (1982). David di Donatello alla carriera nel 2007. Da ultimo L’industriale (2011). Del 2008 è I demoni di San Pietroburgo (racconta, su uno spunto di Konchalovski, cinque terribili giorni nella vita di Dostoevskij), suo ritorno alla regia dopo 19 anni (Tempo di uccidere, 1989). «Se mi mancava il cinema? A volte di notte gridavo “motore!” e mia moglie, per calmarmi, mi diceva “stop!”».
• Approccio con il cinema abbastanza casuale «Vivevo a Genova, dove ero nato. E per curiosità avevo cominciato a recitare a teatro. In una di quelle sere mi vide Carlo Lizzani che stava preparando il casting per Achtung! Banditi! Mi offrì la parte del commissario politico. Accettai. Avevo vent’anni. Senza quell’occasione forse sarei finito a fare il portuale o lo spedizioniere. Invece, mi ritrovai catapultato in un mondo nuovo. Assaporato il frutto proibito, il cinema, dovevo solo decidere il passo successivo. Andare a Roma. Non fu semplice. (…) Quel po’ che guadagnai con il film di Lizzani, insieme a 35mila lire che mi prestò mia sorella Ines, fu investito per il mio sbarco nella capitale. Arrivai a Roma alla fine del 1950. La città brulicava di pellegrini. Pensavo a mia madre che voleva che mi facessi prete. Ma la città, al di là della patina di sacro, era un luogo di tentazioni continue. Passavo da una pensione all’altra. Ma costavano troppo. Alla fine Lizzani mi suggerì di rivolgermi a una signora che affittava le camere. “Giulià, se sei carino con lei quella te fa dormì gratis”, disse strizzando l’occhio. Andai. Era alta un metro e trenta. Cattivissima e arrapatissima. Dovetti scappare di notte, dopo un assedio durato qualche giorno. Finii nell’appartamento di Gillo Pontecorvo. Un porto di mare. Intanto Lizzani mi chiamò per interpretare Cronache di poveri amanti. Mi attaccai a lui perché volevo capire com’era il mestiere di regista. Fu molto generoso. E quando Gillo cominciò a girare i suoi film mi prese prima come segretario di edizione e poi aiuto regista. Dopo un paio di anni si presentò l’occasione per un film tutto mio» (ad Antonio Gnoli) [Rep 9/4/2014].
• «Il successo arriva con due produzioni internazionali, Ad ogni costo, con Edward G. Robinson e Janet Leigh, e Gli intoccabili, con John Cassavetes, Salvo Randone e Peter Falk. “Avevo fatto un po’ di soldi, potevo dedicarmi finalmente ai film che mi stavano veramente a cuore. Con Andrea Barbato, scrivemmo Gott mit Uns, che bei ricordi... Preparammo anche insieme un soggetto sul Cile di Allende, basato su documenti del controspionaggio. Il presidente cileno lo lesse, nell’ultima scena avevamo previsto la sua uccisione. Lui commentò: può essere. Due mesi dopo fu eliminato. Una terribile, ma prevedibile coincidenza. Nel 1970 arrivò Sacco e Vanzetti. Avevo Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla nel pieno della loro carriera. Con Ennio Morricone pensammo alla colonna sonora, lui voleva una ballata, l’unica che poteva eseguirla era Joan Baez. Sapevamo che era amica di Furio Colombo, le mandammo attraverso di lui la sceneggiatura. Lei mi telefonò al mattino seguente, dicendomi: ci sto! Grazie al nostro film, gli studenti di diritto di Boston ricostruirono il processo in tempo reale e dopo sette anni il governatore Michael Dukakis riabilitò i due italiani nel corso di una cerimonia dove fui invitato”» (a Barbara Palombelli).
• «Di Giuliano Montaldo colpisce innanzitutto la magnifica leggerezza. Un’attitudine speciale a raccontarsi senza mai perdere il tocco ironico, come se tutti gli straordinari eventi che hanno punteggiato una carriera lunga 62 anni fossero cose che potevano accadere a chiunque. E invece no. Non succedeva spesso che un giovanissimo aspirante regista, appena sbarcato nella Roma della dolce vita, si prendesse il lusso, per due volte di seguito, di non presentarsi davanti al Maestro Fellini che selezionava collaboratori per i suoi film. E non succedeva mai, molti anni dopo, che una cantante all’apice del successo come Joan Baez decidesse di incidere una canzone per un film, Sacco e Vanzetti, di un regista italiano che non aveva mai visto. Una vita di miracoli. Piccoli e grandi, seri e buffi, come quello della gatta Giulia che sembrava muta e invece salvò con un potente “miao” la vita di un neonato molto inquieto. “Ero scivolato finendo sotto le coperte, il miagolio servì ad avvertire mia madre”» (Fulvia Caprara) [Sta 5/11/2012].
• Anni addietro gli proposero di girare uno spaghetti-western. «Ero tentato. Vera mi guardò. Ne sei convinto? Mi chiese. Poi, dopo una pausa molto teatrale, aggiunse: tu fallo e io me ne vado di casa. (…) Bisogna essere dei veri artigiani, come Sergio Corbucci, o dei grandi, come Sergio Leone, per trasformare un film di genere in una perla rara. Una volta Leone mi propose di girare in “unità due” alcune scene da un film western, che per vicissitudini varie Damiano Damiani non era riuscito a completare. Sergio ne era il produttore. Quando lo vidi dietro la macchina capii che mai avrei potuto imitarlo. Troppo diverso. Troppo bravo. Perciò rinunciai. Però ho sempre pensato con gratitudine a certi registi di “cassetta”. Loro sono stati i veri martiri della qualità, prendevano un pallino dalla critica e cinque dal pubblico. Ma senza quel fiume di soldi, che facevano entrare nelle tasche dei produttori, noi, quelli più esigenti, non avremmo girato nulla» (a Gnoli).
• «Il momento più magico e meno economicamente tutelato, quello della scrittura, è il fondamento di ogni film. Non so perché, ma da quando è arrivato l’euro le coproduzioni europee sono diminuite. Si allarga il bacino della moneta unica, si restringono i mercati cinematografici. Come mai? Bisognerebbe capirlo».
• Ha paura di volare: «Mentre girava un film in Russia, è andato a San Pietroburgo in treno facendo un viaggio di 32 ore» (Enrico Lucherini).
• Tifa per il Genoa: «Sono uno di quelli convinti che il Genoa abbia le maglie rossoblù perché il rosso è il colore del cuore e il blu quello della nobiltà» (a Sebastiano Vernazza).
• Sposato con Vera Pescaroli, un figlio.