31 maggio 2012
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Biografia di Mogol
• (Giulio Rapetti) Milano 17 agosto 1936. Paroliere. «Non ci sono i musichieri, ma solo musicisti e noi siamo autori, non parolieri».
• Quattro volte vincitore del Festival di Sanremo: Al di là (1961, cantata da Betty Curtis e Luciano Tajoli, musica di Carlo Donida), Una per tutte (1963, cantata da Tony Renis e Emilio Pericoli, musica di Tony Renis e Alberto Testa), Se piangi se ridi (Bobby Solo, Gianni Marchetti e Roberto Satti, 1965), Se stiamo insieme (1991, cantata da Riccardo Cocciante, autore della musica). Altri suoi grandi successi: Stai lontana da me, Grazie prego scusi, Una lacrima sul viso, Riderà, Perdono, L’immensità. Dal 1965 all’80 lavorò con Lucio Battisti (Mi ritorni in mente, Non è Francesca, Acqua azzurra acqua chiara, Fiori rosa fiori di pesco, Emozioni, Pensieri e parole, La canzone del sole, I giardini di marzo, Il mio canto libero). Nel 1992 fondò ad Avigliano Umbro (Terni) il Centro europeo di Tuscolano (Cet, una sorta di università della musica leggera).
• Figlio d’arte: il padre Mariano, direttore della musica leggera alla Ricordi, con lo pseudonimo Calibi scrisse canzoni famose come Vecchio scarpone e Le colline sono in fiore: «Mio papà era un pianista che integrava il suo stipendio andando a suonare con un’orchestrina, la sera, dopo cena, nei bar. E quando ero bambino mi suonava I tre porcellini. Poi mi faceva ascoltare La primavera di Grieg, bellissima, e io tutte le volte lo guardavo come fosse un genio, perché la suonava benissimo». Al padre non piaceva l’idea che suo figlio scrivesse testi un po’ per tutti: «Gli amministratori dell’azienda gli avevano detto che quelle mie libertà non erano opportune. Io lo riferii a mia madre e lei mi consigliò di porre a mio padre un semplice quesito, del tipo “preferisci che continui a scrivere o che lasci la Ricordi?”. Funzionò. Servivo all’azienda, ero il capo della promozione, e continuai a scrivere per tutti».
• «Il nome d’arte me lo diede la Siae. Mi chiesero un elenco di pseudonimi, gliene mandai trenta. Non ne approvarono neanche uno, allora ne inventai centoventi, e tra quelli c’era Mogol. Fu scelto, non capii mai perché, a me sembrava cinese. Volgeva l’anno 1959. Adesso Mogol è entrato a far parte del mio nome vero».
• «Andai a parlare con Carlo Donida Labate, musicista di grande successo, un genio della musica. Avevo appena scritto Al di là. Donida la mandò a Sanremo, ma arrivò ventunesima e venne esclusa dalla rosa delle venti canzoni prescelte. Accadde però che qualcuno, credo l’autore della ventiduesima canzone, ebbe da ridire. Fu così che ne vennero recuperate ventiquattro e noi, automaticamente, ci ritrovammo a Sanremo. Il pezzo venne affidato a Luciano Tajoli, una scelta che ci lasciò interdetti, era un cantante già allora considerato di un’altra epoca. Tajoli, invece, ci venne a trovare calmo e felice: “Ragazzi”, ci disse, “so che non siete contenti. Ma secondo me avete scritto una canzone che merita di vincere il Festival. Dunque, se non ce la fa, è solo colpa mia”. Mi ero appena sposato e dovevo partire per Barcellona, in viaggio di nozze. Prima però decisi di passare per Sanremo. Papà mi aveva avvertito che, alle prove, Al di là cantata da Tajoli aveva fatto venire i brividi a tutti e io vidi con i miei occhi la gente che si alzava in piedi ad applaudire. La canzone vinse, fu ripresa da Emilio Pericoli e arrivò in ventisei paesi del mondo» (da un’intervista di Silvana Mazzocchi).
• Il binomio con Battisti rivoluzionò la musica leggera italiana «sprovincializzandola, regalandole una dimensione di originalità, sublimandola nella poesia. Un itinerario di grandi successi che, fatte salve le proporzioni dei diversi mercati, alcuni critici hanno paragonato a quello di John Lennon e Paul McCartney. Frutto di una chimica speciale, di una fusione di sensibilità che si attraevano con la forza di un magnete» (Gianni Perrelli).
• «Lucio mi venne raccomandato da un’amica comune. Quando l’ho conosciuto la sua produzione artistica era di poco conto. Confesso che fui attratto più dal sorriso, dalla faccia simpatica, che dalla qualità dei suoi brani. La nostra collaborazione nacque così, un po’ per caso, senza particolari programmi né speciali ambizioni. Il successo è arrivato subito. Come un processo naturale».
• «Lucio mi proponeva le basi musicali. E io scrivevo i testi davanti a lui. In diretta. Scherzando. Bevendo caffè. Una bottega artigiana. A volte, di mattina, li dettavo al registratore mentre dalla casa di Molteno guidavo la macchina verso Milano, prima di farglieli ascoltare in sala di incisione. Un lavoro di creazione. Ma anche un divertimento. Io non ho mai provato gelosie. E neanche lui, che pure era molto assorbito dalla difesa dei suoi spazi, me le ha mai dimostrate. Era rispettoso delle mie libertà. No, non ricordo che ci siano mai stati attriti caratteriali. Lucio era una persona dolcissima. E neanch’io sono un orco. Sono solo un po’ più asciutto di quanto fosse lui».
• «Non c’è mai stata una vera rottura. Una ragione, per così dire tecnica, fu il contenzioso su una striscia di terreno di un metro per cento che divideva al Dosso, un complesso di ville presso Molteno, la mia proprietà dalla sua. Una bega fra vicini di casa, di cui si occuparono gli amministratori, e in cui io non entrai mai in prima persona».
• «Non è Francesca di Battisti è l’opposto di ciò che sono: non ho mai avuto paura della verità, il personaggio della canzone preferisce invece girarsi dall’altra parte. Le femministe a suo tempo pensavano che fossi un maschilista perché avevo scritto Il tempo di morire, non avevano capito che era un personaggio. Non si può sempre rispondere delle cose che si scrivono, se no finisce che Shakespeare è un assassino».
• La canzone che gli ha fatto incassare più diritti Siae è Emozioni: «L’ho composta al Dosso, in Brianza, poi ho messo tutta la famiglia su una Giardinetta in legno, sono andato in Val d’Orma, vicino a Ovada, e la seconda parte me la son cantata mentre guidavo, senza scriverla, perché avevo i bambini. Quando sono arrivato nella casa di campagna sono andato nella loro cameretta, mi son buttato sul letto e l’ho scritta» (da un’intervista di Luigi Vaccari).
• «Pensieri e parole è autobiografica. Lì vomito la mia vita, c’è il mio dolore. Fui io a suggerire a Battisti la soluzione dei due testi che si intrecciano sulle due linee melodiche. In quella canzone ci sono io, la casa dei miei a Milano in via Clericetti 38, la ferrovia e, oltre, i campi di grano, il laghetto, proprio dove ora c’è l’università».
• Il suo nome è nel titolo di una canzone di Mina, Mogol Battisti, nell’album Bau (2006) scritto da Andrea Mingardi. «L’ho conosciuta che aveva 17 anni, siamo stati molto amici per un bel periodo di tempo (...) A un certo punto non l’ho più vista, aveva scelto la via del ritiro». Ha radici profonde il rapporto con un altro grande interprete, Celentano: «Siamo milanesi nell’anima, cresciuti nello stesso periodo, a tre chilometri di distanza l’uno dall’altro e circondati dagli stessi amici. Ma quello che ci legherà per sempre è il fatto di aver avuto due madri molto, molto simili: due donne del popolo, dolci e concrete, solide e piene d’amore. È una cosa che io e Adriano ci porteremo dentro per sempre» (a Fabio Cutri).
• Da ultimo ha scritto canzoni insieme a Gigi D’Alessio, con Gianni Bella il testo di Forever, cantata da Marcella e Gianni Bella al Festival di Sanremo 2007, e Hai bucato la mia vita, cantata da Celentano. Nel 2009 ha scritto i testi dell’album degli Audio 2, Mogol Audio 2.
• Nel 2008 è stato istituito il premio Mogol destinato all’autore del miglior testo dell’anno. Nella prima edizione è assegnato a Jovanotti per Fango: «Mogol è una delle prime parole che si imparano da bambini: babbo, mamma e Mogol».
• Ha pubblicato un libro, Le ciliegie di Mogol (Mondadori, 2006), raccolta di aforismi.
• Presiede il Tour Music Fest, festival itinerante per la musica emergente.
• Nel 2011 è stato tra i giurati del programma di Canale 5 Io canto.
• Nel 2008 per sua iniziativa è nato un comitato scientifico che si propone di valutare l’efficacia delle cure alternative rispetto alla medicina tradizionale: ne fanno parte Luc Montagnier, Ignazio Marino, Girolamo Sirchia. «Ho sofferto parecchio, per mesi, di una polinevralgia. Dolori dappertutto, immobile nel letto, io che fino a poche ore prima avevo fatto sport da superman. Farmaci non ne volevo. Ero disperato. Mi sentivo finito. Per caso mia moglie ricevette la lettera di una donna con una forma di artrite. Consigliava di provare con una macchina a radiofrequenze, utilizzata in estetica. Beh, sono tornato a vivere. L’ho consigliata ad altre persone come me. Ora voglio andare fino in fondo e vedere se c’è una base scientifica» (a Margherita De Bac).
• Vive con Daniela Gimmelli in una grande casa immersa tra le querce, accanto alla sede del Cet ad Avigliano. Quattro figli: dalla prima moglie ha avuto Mario (manager), Alfredo (vedi Alfredo Rapetti) e Carolina (lavora nella pubblicità). Dalla poetessa Gabriella Marazzi ha avuto Francesco (vedi Francesco Rapetti).
• «Un tempo ho votato repubblicano, liberale. Adesso guardo alle persone. Le stimo indipendentemente dall’appartenenza. E voto indipendentemente. Sono un uomo libero: né di destra, né di sinistra né di centro. L’ho scritto in una lettera pubblica e Ivano Fossati ci ha scritto una canzone che Adriano Celentano ha cantato. Ma lo so, non basta: continueranno a dire che sono fascista» (ad Alessandra Arachi nell’aprile 2008).
• A fine 2013 ha scritto l’inno della Regione Lombardia su richiesta di Roberto Maroni, che si è poi lamentato del risultato, suggerendo delle correzioni. «È una canzone che ha del feeling, con un ritornello easy e un assolo di chitarra elettrica che gli ha dato un profumo quasi rock» [Cds 31/12/2013].
• Tra i fondatori della Nazionale di calcio dei cantanti. Tifoso della Ternana, di cui ha scritto l’inno, Noi siamo la Ternana. Nel 2012 ha poi scritto l’inno della Lega Pro, La nostra canzone.
• Ama le immersioni, lo sci e soprattutto andare a cavallo: nel 2005 1.150 chilometri in trenta giorni, «l’esperienza più bella di sempre: ho conosciuto il mio Paese».