31 maggio 2012
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Biografia di Giovanni Minoli
• Torino 26 maggio 1945. Giornalista. Dal 2013 su Radio 24 col programma mattutino Mix 24. Già direttore di Rai Educational e conduttore de La storia siamo noi (Raitre). «Io sono, sono stato e sempre sarò un uomo di centrosinistra, non cambio quando cambiano i vertici».
• «Vengo da una famiglia della borghesia, avvocati, magistrati, imprenditori. Un bisnonno industriale della moda, finanziatore di Garibaldi e di Mazzini, un nonno grande avvocato. Eugenio, mio padre, faceva parte di quel gruppo che a Torino stava intorno a Norberto Bobbio, alla Utet, alla Torino colta. Un grande padre, un grande uomo. Si è laureato a 20 anni, è andato in cattedra a 28, Procedura civile. È stato l’inventore dell’arbitrato internazionale. A 30 anni ha avuto una conversione, fantastica, mistica, è diventato grande amico di La Pira e di Dossetti. È morto a 60 anni in un incidente d’automobile. Ha lasciato otto figli» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti).
· Studi superiori dai gesuiti, laurea in Giurisprudenza. La carriera in Rai iniziò «nel lontano 1971 non come autore ma come produttore di programmi, realizzando documentari, servizi giornalistici, reportage, fino alla sua prima rubrica, A come agricoltura, nel 1978. Nell’80, anno chiave in cui i partiti riprendono il controllo della Rai riformata e il Psi si impadronisce di Raidue, gli viene assegnata la rubrica Mixer che diventerà e resterà per anni il fiore all’occhiello della rete socialista. Minoli – che non è ancora giornalista e se ne cruccia – inventa i faccia a faccia aggressivi all’americana che con le batterie di domande prefabbricate paiono mettere in croce i politici. I quali, però, finiscono per fare la fila. E Craxi, presidente del Consiglio, nell’87 andrà da Minoli ad annunciare il suo rifiuto a concedere alla Dc la promessa “staffetta”. Più tardi Minoli per l’amico Bettino girerà uno spot elettorale, col garofano in mano alla cassa di un supermercato. Come capostruttura di Raidue, Minoli firma altri programmi di economia, informazione, politica e persino varietà come Quelli della notte di Renzo Arbore, progetti di trasmissioni di successo come Aboccaperta con Funari, Piccoli fans con Sandra Milo, Più sani e più belli con Rosanna Lambertucci, scopre il duo Patrizio Roversi-Siusy Blady. Mentre Mixer continua espandendosi nella cultura, verso i giovani, fino a diventare una struttura a sé. Minoli è ormai pronto per il salto da direttore di rete, cosa che gli riesce nel 1994, nella prima Rai berlusconiana quando prende la guida della rete Due. Minoli l’ultratrasversale ha tante amicizie anche nel Pds-Ds, nella sua bella casa di Filicudi ospita spesso la cugina Giovanna Melandri (che lì conoscerà il padre di sua figlia) e politici dell’Ulivo. Così non stupisce che il cda di Enzo Siciliano lo nomini direttore di Raitre, dove continua a inventare programmi, uno per tutti il Report di Milena Gabanelli. È con la svolta dalemiana in Rai che cominciano le difficoltà. Celli non lo ama. Gli affida la direzione di un servizio che deve produrre format serali a basso costo ma il budget è troppo basso, così con una lettera infuocata al direttore generale, Minoli sbatte la porta di viale Mazzini. Così come farà a Stream» (La Stampa).
• Ideò Un posto al sole, storica soap tutta italiana in programmazione dal 1996 (Raitre): «Quando proposi Un posto al sole, non ci credeva nessuno. Il Centro di produzione Rai di Napoli, dove viene realizzata, era in disarmo, la tv pubblica non conosceva ancora la lunga serialità, né tantomeno una produzione industriale della fiction. Fu la Rai dei “professori”, presieduta da Letizia Moratti, a darmi il via. In particolare, l’allora consigliere d’amministrazione Elvira Sellerio, che appoggiò fortemente il mio progetto». Ci riprovò con Agrodolce, megaproduzione da 240 puntate con la Sicilia protagonista e con lo Stato che per la prima volta partecipa al finanziamento: riprese a ritmi serrati nella primavera del 2008. Esperienza molto meno fortunata che finì in tribunale, con Minoli accusato dal produttore Luca Josi di indebite intromissioni, nepotismi e abusi. Nel 2013 la denuncia venne archiviata.
• Continuò a condurre con successo La storia siamo noi, che definì «il più grande progetto europeo di storia in tv, con le sue 240 puntate l’anno», anche se Rai Educational (che produceva il programma) fu costretta a migrare tra le reti Due e Tre della Rai: il direttore di Raidue Antonio Marano ne bocciò da ultimo la collocazione in fascia preserale quotidiana. Nel gennaio 2012 a New York il programma fu premiato con l’History Makers International, l’oscar del congresso mondiale dei produttori televisivi di storia.
• In predicato più volte per tornare a dirigere una rete: all’inizio del 2007 il direttore generale Cappon lo propose per Raidue ma il Consiglio di amministrazione si spaccò (centrosinistra a favore, centrodestra contrario). Riproposto in maggio come «l’unico capace di ricollocare Raidue in un’offerta da servizio pubblico», indicato a settembre per la guida di Raitre.
· Nel 2012 si candidò pubblicamente alla carica di presidente o direttore generale della Rai e inviò il proprio curriculum a Mario Monti, al tempo Primo ministro; che scelse altrimenti.
• Con i suoi articoli sul Riformista mise in guardia sui rischi che avrebbero corso i palinsesti Rai se Mediaset avesse acquistato una quota di controllo di Endemol (vedi Marco Bassetti), chiese la riabilitazione del direttore di Rai Fiction Agostino Saccà, attaccò il programma del Tg3 Primo piano e lo spot di Bianca Berlinguer che si opponeva a una diversa collocazione in palinsesto («Corporativo, il punto più basso dell’arroganza della casta»).
· In pensione dal 2010, ebbe con la Rai un successivo contratto di tre anni: fu direttore della struttura Italia 150, istituita per le celebrazioni dell’Unità. Il contratto non venne rinnovato, con polemiche a seguire: «Ti ha mandato via Luigi Gubitosi, il direttore generale nominato dal governo tecnico di Mario Monti. “Gubitosi non mi ha trattato bene e penso si sia sbagliato. E penso che si possa anche essere pentito. Dirigenti come lui forse pensano che la televisione sia un’industria qualsiasi”» (a Salvatore Merlo) [Fog 29/3/2014]. Gubitosi ha poi risposto: «L’abitudine in Rai è quella di farti fare pressioni e poi di venirti a parlare. Ogni politico che incontro mi dice che Minoli è andato a farsi raccomandare (…). Il suo è un contratto molto oneroso per la Rai: 2,499 milioni per tre anni. Inoltre, si è tenuto alcuni diritti del programma: restano alla Rai per 10 anni e poi tornano a lui (…).Vede, Minoli è stimabile e apprezzabile per la sua conoscenza del prodotto, ingiustificabile per i metodi che usa, mi fa martellare da chiunque» (a Emanuela Fiorentino) [Pan 30/5/2013].
· Dal 2009 al 2013 presidente del Museo d’arte contemporanea del castello di Rivoli, incarico abbandonato con qualche strascico. Nella lettera di dimissioni ha augurato al sindaco Fassino di non essere solo un testimonial giramondo per Torino: «Fassino non aveva nascosto infatti sia prima della sua elezione a sindaco sia in tempi molto più recenti la convinzione che al vertice di un museo di rilevanza internazionale come Rivoli fosse più utile avere un manager esperto di beni culturali che non una figura come quella di Minoli, più adatta al ruolo di testimonial» (Rocco Moliterni) [Sta 6/6/2013].
• Ha scritto libri, da ultimo La storia sono loro. Faccia a faccia con trent’anni di attualità (con Piero Corsini, Rizzoli, 2010).
• Sposato con Matilde Bernabei (figlia di Ettore). Una figlia, Giulia, che il 4 settembre 2010 ha sposato a Filicudi Salvo Nastasi, all’epoca capo di gabinetto del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi.
• Tifa per la Juve.
• «”Ho vinto la medaglia d’oro al trofeo Carlin per il miglior giocatore del torneo e quell’anno c’erano Agroppi, Fossati, Cereser, Vieri, Mazzola. Avevo 15 anni (…). Giocavo nella squadra dei gesuiti dell’Istituto Sociale, la terza squadra di Torino dopo Juventus e Torino. Un giorno mi vide giocare Nereo Rocco, allenatore del Milan”. Che cosa disse Nereo Rocco quando ti vide? “Disse che andavo bene e mi prendeva”» (a Claudio Sabelli Fioretti) [Sta 13/7/2009].
• «Ero un grande sportivo. 10”8 sui cento metri, Nazionale universitario di sci, serie D a pallone. Il mio sogno era di diventare un grande calciatore. E uno scrittore. Però il calcio a Torino non era conveniente per un borghese. Mia madre non mi ha lasciato. Era come se mia sorella le avesse chiesto di fare la ballerina dell’avanspettacolo».
· «In totale aderenza al suo programma più fortunato, La storia siamo noi, abita in un convento quattrocentesco che ha richiesto 22 anni di restauri, annesso a una chiesa progettata dagli architetti che costruirono il Quirinale e la fontana di Trevi. L’ordine dei nomi sui campanelli è questo: viceparroco, sacrestia, parroco, Bernabei-Minoli. In salotto c’è ancora un passaggio segreto per accedere all’abside» (Stefano Lorenzetto) [Pan 6/11/2008].
· Un piccolo appartamento su via di Monserrato come studio: «La sua è una casetta deliziosa, con una piacevole, piccina terrazza sui tetti del centro e un luminoso soggiorno che ricorda la poppa squadrata d’un galeone spagnolo» (Merlo, cit.).
• Vacanze spesso in Kenia: «Bella vita, a Malindi. “Bellissima, e non meno sicura di quella d’una grande metropoli. Con, in più, la poesia e la forza della natura africana. Ho fatto safari in cui...”. Lei uccide? “Ma no... si trattava di safari fotografici in cui, come le dicevo, ho visto tutto: leoni, leopardi, ippopotami, giraffe...” (...) Dov’è in questo momento? “Sono nel resort di Flavio Briatore. Aveva una villa magnifica che, insieme a Henry Chenot, ha da poco trasformato in un centro benessere”. Dev’essere pieno di belle donne... “Belle? Le dico solo che, l’altra settimana, c’era persino Naomi con alcune sue amiche...”» (Fabrizio Roncone).