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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Marco Minniti

• (Domenico) Reggio Calabria 6 giugno 1956. Politico. Ministro dell’Interno nel governo Gentiloni (dal 12 dicembre 2016). Sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi di informazione e sicurezza nel governo Letta (2013-2014) e nel successivo governo Renzi (2014-2016). Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel D’Alema I (1998-1999), all’Informazione nel D’Alema II (1999-2000), alla Difesa nell’Amato II (2000-2001), viceministro dell’Interno nel Prodi II (2006-2008), ministro dell’Interno nel governo ombra di Walter Veltroni (2008-2009). Eletto alla Camera nel 2001, 2006, 2008 (Ds, Pd), al Senato nel 2013 (Pd).
• Laureato in Filosofia.
• «Figlio di un generale dell’Esercito, negli anni Settanta scelse il Partito comunista. Primo incarico segretario nella piana di Gioia Tauro. Prova del fuoco l’uccisione per mano di mafia del dirigente comunista Peppino Valarioti. “Hanno voluto colpirci per lanciare un messaggio del tutto simile a quello dei terroristi”, le parole del giovane Minniti. Da allora una scalata al potere che ha subìto alti e bassi. Fatta, come ricordano in Calabria, senza avere pacchetti di voti a disposizione» (Enrico Fierro) [Fat 15/12/2016].
• Dal 1988 al 1992 segretario della federazione Pds a Reggio Calabria, dal 1992 al 1994 segretario regionale. È stato uno dei cosiddetti Lothar di Massimo D’Alema (dal nome dell’assistente calvo del fumetto Mandrake). «Da giovane avevo una massa enorme di capelli biondi e ricci».
• Allontanatosi da D’Alema, si è avvicinato dapprima a Veltroni, poi a Renzi: «Con Massimo abbiamo condiviso un’esperienza politica per certi versi straordinaria. Raggiunti gli scopi, ognuno ha preso la sua strada» (a Marco Sarti) [Ink 9/1/2012].
• «Come tutti i vecchi Lothar dalemiani, è stato attratto dalla stella della rottamazione» (Claudio Cerasa) [Fog 27/2/2014].
• «Procede nel ruolo di ministro ombra con la grazia di chi si è inespertito nel sottobosco del ministero dell’Interno, dove però, nel ruolo di viceministro, ha forse imparato il dovere della riservatezza. Uomo ombra in fondo lo è da sempre, e lo è stato pure in passati ruoli di governo. Il partito lo ha scelto per la proverbiale arte di parlare soltanto se ha qualcosa da dire, perché in quel caso (quando può) lo fa con coraggio. È un dirigente schivo, cresciuto politicamente in Calabria, dove a cinquantun anni è finito a fare il capolista per riassettare come poteva gli equilibri del Pd. Lì è riuscito a filtrare i gridolini che provenivano dalla locale Margherita con il piglio di chi non ha paura di parlare di ’ndrangheta. Col Pdl usa invece una tecnica consolidata: applica ciò che la disciplina filosofica gli ha insegnato di concreto, senza fare troppa filosofia» (Francesco De Remigis).
• Nel 2009 è stato tra i promotori della Fondazione Icsa (Intelligence Culture and Strategic Analysis), «il primo think tank italiano sui temi della sicurezza che ha radunato gli esperti più qualificati tra ufficiali, prefetti, ambasciatori e professori» (Gianluca Di Feo) [Esp 6/5/2010]. Ne è stato presidente dalla fondazione (con Francesco Cossiga presidente onorario) fino al 2013.
• «L’uomo che più di altri ha rappresentato la forza del nostro Paese in materia di sicurezza, contro la minaccia della jihad, è proprio lui, il senatore Minniti. Un ruolo decisivo, considerato che la guerra al terrorismo è di fatto il nuovo conflitto che mette a rischio la stabilità interna e internazionale. Sessant’anni, calabrese, una laurea in filosofia e una lunga esperienza a Botteghe Oscure, (…) porta al vertice del Viminale la sua lunga esperienza di uomo ombra nella cosiddetta back diplomacy. Dal caso Regeni, grazie a una lunga e complessa mediazione con l’entourage del presidente Al Sisi, alla recente liberazione dei tecnici italiani rapiti in Libia, con la delicata trattativa con i Tuareg, la regia delle operazioni dei nostri 007 ha sempre la firma di Marco Minniti. Al punto che non è né semplice né scontata la sua sostituzione: la delega ai servizi segreti resta ad interim nelle mani del premier Paolo Gentiloni. (…) Grande esperto di storia e profondo conoscitore di Medio Oriente e delle minacce del Califfato, Marco Minniti – che ha alle spalle una famiglia di generali – ha dimostrato di contenere l’emergenza terroristica con una linea basata sul confronto dei potenziali rivali sul loro territorio, senza trascurare la mentalità del nemico. Missioni segrete, operazioni riservate per tutelare il nostro Paese. Sempre con le orecchie tese a registrare le minime anomalie. “L’Isis sta perdendo sul campo di battaglia, siamo a un tornante cruciale – ha spiegato poche settimane fa durante un convegno sul terrorismo islamista organizzato dal Comando generale dei carabinieri –. Occorre reagire con le orecchie a terra come i Sioux”. Discreto, riservato, Minniti non ama i riflettori né i social media: niente pagina Facebook e neppure profilo Twitter. Alle parole preferisce i fatti. Ha svecchiato, per esempio, l’immagine delle nostre spie. Ha voluto il declassamento degli atti coperti da segreto e ha puntato all’assunzione di trenta giovani selezionati dalle università su settemila curriculum. Tutto ciò dopo che i servizi segreti avevano svolto una serie di presentazioni nelle varie facoltà. Minniti ha inoltre organizzato una commissione indipendente di analisi contro l’estremismo islamico. Convinto che per combattere il nemico occorra imparare a conoscerlo» (Grazia Longo) [Sta 13/12/2016].
• «Il politico che da anni è il punto di riferimento degli 007 italiani. “Marco è stimato ed è uno che sa”, dicono gli uomini che gli sono più vicini, riferendosi alla sua profonda conoscenza dell’intelligence e dei suoi meccanismi. Altri, invece, indicano proprio nel “sapere”, legato ai lunghi anni di lavoro ai vertici della sicurezza nazionale (sottosegretario con delega ai servizi in vari governi, viceministro dell’Interno, ministro ombra ai tempi del Pd veltroniano), la fonte del suo potere. “È il Cossiga degli anni Duemila”, dicono i detrattori. “Quando i compagni di viaggio cercano di autonomizzarsi o di prendere potere, scatta sempre una buona inchiesta che li tiene sotto schiaffo. E sono in molti a pensare che dietro queste inchieste ci sia spesso la mano di Marco…”, scrive il sito de “La C News 24”, una tv calabrese molto vicina ad ambienti Pd. Veleni in riva allo Stretto ai quali Minniti è abituato» (Fierro) [cit.].
• «A dispetto del cranio lucido, è un sex symbol della politica italiana. Sempre elegantissimo» (Luisa Pronzato).
• Sposato, due figli.
• Amante delle poesie di Catullo e degli aerei (voleva diventare pilota). Interista.
• «Lui è uno così, strano, un po’ pazzo, con la scintilla negli occhi. Uno che sente Lou Reed al buio, Street Hassle, e s’indentifica col Sindaco del Village, che purtroppo non c’è più. A Minniti le entrate delle grandi occasioni verrebbero bene come le faceva Lou Lou. Magari senza sculettare, ma sulle note di Sweet Jane» (Stefano Pistolini) [Fog 11/9/2014].
• Appassionato anche di pallacanestro, fu presidente della Viola Basket di Reggio Calabria: «Quando c’ero io, trionfava» [Fat 31/12/2009].