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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Alberto Michelotti

• Parma 15 luglio 1930. Ex arbitro di calcio. Diresse 114 match in serie A, 115 in B, 86 internazionali. Top della carriera la finale di coppa Uefa 1979 (Borussia Mönchengladbach-Stella Rossa).
• «Sa come mi chiamavano nell’ambiente arbitrale? Il metalmeccanico perché differentemente dai colleghi che da assicuratori durante la settimana vestivano in giacca e cravatta, io indossavo la tuta blu e andavo in officina» (da un’intervista di Enrico Campofredda).
• «Meglio dirlo subito: non ha mai fischiato in un Mondiale (per questione politiche). Non perché non avesse fiato. Ma perché troppo povero, troppo comunista, troppo perbene. Però Alberto Michelotti è stato lo stesso un grande arbitro italiano e internazionale. (…) Grande anche in senso fisico. Un gigante, già alla nascita, 6 chili. Uno che non si faceva mettere sotto da nessuno. Come sua nonna, Marietta, analfabeta, ma che sapeva a memoria il Lohengrin di Wagner, e come sua mamma Elsa, venditrice ambulante di frutta, che prende a zoccolate il maestro di solfeggio perché si permette di chiamare suo figlio, Alberto, “un bastardo”. A Parma, in Oltretorrente, questo e altro. Perché mamma Elsa, negli anni Trenta, decide di non sposarsi: “Li ho fatti io e portano il mio cognome”. Anche se a casa c’è poco da mangiare, solo avanzi: “Una mela con il baco, una pera marcia, un peperone con un buco”. E Alberto, che smette di andare al Conservatorio, lo capisce a 13 ani, di essere un figlio illegittimo: “Tutti avevano un padre, io no. Ma non ho sofferto, mia madre ricopriva i due ruoli”. (…) A 14 anni Alberto Michelotti, ormai capofamiglia, entra a lavorare in officina, per 25 centesimi alla settimana. (…) Michelotti gioca come portiere e quando smette si lascia convincere a fare l’arbitro, a 28 anni. Non è uno accomodante. In una delle prime partite stende con un cazzotto un centravanti che ha offeso sua madre (guai a chi gliela tocca), e poi quando è già famoso, sospende nel ’72 una Roma-Inter ad un minuto dalla fine, a causa di un’invasione di campo. Che non guarda in faccia nessuno lo si capisce dagli episodi: a Napoli, nega un rigore ai padroni di casa e gli tocca fuggire con un’autoambulanza, in una partita decisiva per lo scudetto assegna a Cagliari un rigore contro i rossoneri e Rivera gliela giura per tre anni (poi Nereo Rocco impone la pace). Tranquilli, c’è anche la dura polemica con Mario Corso che lo minaccia e poi si scusa. E gli anni in cui da pensionato continua a fischiare ovunque serva un uomo di sport che faccia valere le regole» (Emanuela Audisio) [Rep 14/7/2010].
• In occasione dei suoi 80 anni, Claudio Rinaldi gli ha dedicato il libro Dirige Michelotti da Parma (Mup, 2010).