31 maggio 2012
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Biografia di Leonardo Messina
• San Cataldo (Caltanissetta) 22 settembre 1955. Pentito, a suo tempo mafioso. Detto “Narduzzo”.
• Di famiglia modesta, abbandonata la scuola dopo la licenza elementare non trova di meglio che andare a rubare, finché non commette una rapina e, finito in carcere nel 78, ci resta per quattro anni. Dopo la scarcerazione, sottoposto al soggiorno obbligato, viene affiliato nella famiglia di San Cataldo, nel ruolo, in crescendo, di soldato, capo decina e sottocapo, tutto ciò mentre ufficialmente lavora come caposquadra nella miniera di zolfo di Pasquasia. Nel frattempo diventa uomo di fiducia di Giuseppe Madonia detto “Piddu”, legato ai corleonesi. Finito in carcere nell’84 con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di un trafficante di droga, esce nell’89 e nel 91 viene assolto. In libertà gestisce il narcotraffico per conto del Madonia, ma nell’aprile 92 viene di nuovo arrestato mentre sta per tendere un agguato al mafioso che gli contende la guida della famiglia di San Cataldo. Illuminato, lui dice, dalle parole di Rosaria, moglie dell’agente Vito Schifani, morto nella strage di Capaci (che al funerale disse piangendo: «Io vi perdono, ma voi inginocchiatevi»), il 30 giugno 1992 si pente davanti al giudice Borsellino, che però muore ammazzato prima di dare il via all’operazione che grazie alle sue rivelazioni il 17 novembre 1992 porta all’esecuzione di oltre duecento arresti in tutta Italia (operazione “Leopardo”).
• Dichiarazioni Al processo a carico di Andreotti dichiarò che dopo l’appello del maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone, Cosa Nostra era tranquilla che tutto sarebbe finito “a farsa” e in “una bolla di sapone” in Cassazione, perché alla Prima sezione penale c’era Carnevale «uomo di Andreotti», e così via, ma soprattutto fu quello che disse di sapere che il senatore era stato punciutu tanto che gli uomini d’onore lo chiamavano «zio».
• Tra i principali testimoni del processo sulla c.d. Trattativa Stato-Mafia, iniziato a Palermo nel maggio 2013, in aula ha dichiarato che nel 1991 avrebbe voluto uccidere Umberto Bossi perché ce l’aveva coi meridionali. Ma lo fermò il capo mafia di Enna Borino Micciché: «Questo è solo un pupo, disse. L’uomo forte della Lega è Miglio che è in mano ad Andreotti. Insomma, si sarebbe creata una Lega del Sud e la mafia si sarebbe fatta Stato. In Cosa nostra si diceva che Andreotti era uomo d’onore, che era punciuto e che ci avrebbe garantito al maxiprocesso: si riteneva che sarebbe finito in barzelletta. Poi quando si seppe che invece a presiedere il collegio giudicante che avrebbe celebrato il maxi sarebbe stato un altro si capì che i politici si erano allontanati» (a dire che il collegio non sarebbe stato presieduto da Corrado Carnevale). (a cura di Paola Bellone).