31 maggio 2012
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Biografia di Vincenzo Mazzarella
• Napoli 8 maggio 1956.
• Camorrista. Capo dell’omonimo clan (operante in San Giovanni a Teduccio, Forcella e zone limitrofe), alleato dei Misso e dei Sarno contro l’Alleanza di Secondigliano, «stabilmente dedito al controllo di tutte le attività illecite in una strategia di supremazia territoriale e di contenimento di qualsiasi tentativo di infrangere il suo predominio» (Tribunale della Libertà di Napoli, 27 dicembre 2006).
• Alias Vincenzo ’o pazzo.
• Detenuto al 41 bis. Già condannato per associazione camorristica (con sentenza irrevocabile il 15 gennaio 2002), aveva finito di scontare la pena nel luglio 2002 (dopo un periodo di latitanza in Francia, conclusosi con l’arresto, a Nizza, il 3 luglio 1999, e l’estradizione in Italia il 27 gennaio 2000). Sottoposto, quindi, alla misura di sicurezza della libertà vigilata, il boss si era reso irreperibile fin dai primi giorni del novembre 2004, in tempo per sottrarsi alla misura di sicurezza più grave dell’assegnazione ad una colonia agricola, ma il 16 dicembre 2004 viene arrestato a Parigi nel parco EuroDisney, mentre è fermo, in auto, in compagnia di tre cittadini extracomunitari, di cui uno con passaporto diplomatico del Senegal (il sospetto è che stia trattando diamanti con i cartelli africani).
• Nel 2005 chiede invano ai giudici di scarcerarlo per motivi di salute (essendo immunodepresso a seguito di trapianto di fegato).
• Nel novembre 2005 viene colpito da altra ordinanza cautelare, per l’agguato nei confronti di Salvatore Giuliano, detto ’o russ (nel corso della sparatoria, il 27 marzo 2004, morì invece Annalisa Durante, di 14 anni). Movente, dare una lezione a Ciro e Salvatore Giuliano, che abusavano del “sottobanco” (cioè, si trattenevano i profitti, senza renderne conto ai capi), e all’intera famiglia Giuliano (per l’infamia commessa dall’ex boss Luigi Giuliano, che, dopo l’arresto, si era pentito). Incaricato di organizzare l’agguato, Eduardo Bove (morto ammazzato il 5 gennaio 2005), che a sua volta incaricò Antonio Albino, detto Giannino ‘o curt, e a Pacifico Vincenzo, detto Bombò. Per l’agguato Mazzarella è stato condannato in via definitiva a 16 anni e 10 mesi (il 21 novembre 2012).
• Nel luglio 2006, nell’ambito dell’inchiesta “La rosa nel deserto”, viene colpito da un’altra ordinanza di custodia cautelare (oltre a lui altri 47 malavitosi, appartenenti al suo clan e a quello dei Sarno, tra gli altri il fratello Roberto e il consigliori Umberto Ponziglione). Tra i capi d’accusa, associazione camorristica, stupefacenti, estorsione, usura, detenzione di armi e favoreggiamento. Dall’indagine emerge la sottomissione del territorio che va dal comune di Marigliano, passando per le cittadine di Mariglianella, Brusciano, Castello di Cisterna, fino a Pomigliano d’Arco. L’estensione dell’influenza dei due clan è ritenuta anche l’effetto della politica abitativa del post terremoto, che ha trasferito in massa numerosi boss in quartieri diventati roccaforti della malavita.
• Gli imprenditori della zona non ammettono di aver subito pressioni (anche se le intercettazioni dicono il contrario), salvo due aspiranti commercianti, minacciati ancor prima di iniziare, che denunciando gli estorsori hanno fatto partire l’indagine. «Il fatto è che questi vedono fare un buco in mezzo alla strada? Vanno lì e vogliono 100 euro. Fermano un cantiere la settimana scorsa, hanno fermato un cantiere per 200 euro al mese, è stato due giorni sopra ad un cantiere per avere 200 euro, siamo proprio alla fine...» (una vittima, intercettata).
• Vincenzo ’o pazzo ricorre contro l’ordinanza di custodia cautelare, sostenendo che dopo l’arresto del 2004 non può avere continuato a delinquere, in quanto è stato ristretto in regime di massima sicurezza, ma i giudici gli danno torto, perché in nome e per conto suo agivano il fratello Roberto e Umberto Ponziglione, detto ’o vecchio. Il 6 marzo 2009 il Tribunale di Nola lo condanna a 30 anni di reclusione.
• Carlo Di Casola, diventato famoso nel 98 per averlo scarcerato, ritenendo che non ci fossero sufficienti indizi che fosse un camorrista (dopo la scarcerazione ha ripreso la faida, in cui è morto, per primo, proprio il padre dello scarcerato, mentre lo aspettava all’uscita da Poggioreale). Quando il giornalista Goffredo Buccini gli ha chiesto se, di notte, ci pensasse mai a Vincenzo Mazzarella: «Le questioni di coscienza di un magistrato non devono assumere alcun rilievo nella decisione tecnica. Certo che in queste ore, da uomo, me lo sono posto il problema di Mazzarella. Ma il mio sgomento può entrare nelle carte processuali? Sarei un buon giudice, allora? No, no, il problema è l’opinione pubblica». (a cura di Paola Bellone).