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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Marta Marzotto

• (Marta Vacondio) Albinea (Reggio Emilia) 24 febbraio 1931 – Milano 29 luglio 2016. Dama. Ex moglie di Umberto Marzotto.
• «Travolgente regina dei salotti quando era la bionda moglie dell’industriale Umberto Marzotto, madre di cinque figli e amante senza infingimenti (la loro liaison durò vent’anni) di uno dei più grandi artisti del Novecento italiano, Renato Guttuso. Ferita al cuore dalla tragica morte di una figlia (Annalisa, nell’87 per fibrosi cistica a soli 29 anni – ndr). Divorziata da Marzotto (lui si è risposato con una signora meno appariscente, lei è single). Una donna pasticciona quanto ingenua e generosa» (Chiara Beria di Argentine).
• Figlia di un casellante ferroviario e di un’operaia, il suo primo lavoro fu quello di mondina nei campi della Lomellina, con le foglie di riso che le tagliavano le gambe e i carbonazzi, enormi bisce nere, che le sgusciavano attorno alle caviglie [Marco Cicala, il venerdì 17/6/2016].
• Da piccola, insieme al padre, vendeva il carbone e le rane nei ristoranti [Ferruccio Sansa, Fat 17/3/2016].
• Frustrazione di Marta Marzotto da bambina, quando le impedirono di mangiare un topo cucinato per il fratello (secondo sua mamma l’avrebbe aiutato a non fare più la pipì a letto). «Io non facevo la pipì a letto, quindi niente sorcio. Alla fine mi fu concesso solo d’intingere un pezzo di pane nel sughetto» [Stefano Lorenzetto, Visti da lontano, Marsilio 2011].
• Ha raccontato che da ragazza era «troppo magra, longilinea, con qualcosa di selvatico e nulla di mediterraneo» [Marco Cicala, il venerdì 17/6/2016].
• «Umberto Marzotto era il principe azzurro. Io, a quindici anni, già facevo sfilate ed ero molto corteggiata. Allora non si parlava di top model, ci chiamavano mannequin volanti. Ero alta, lunga, forse la ragazza più alta di Pavia... Ero poverissima, la povertà particolare del primo dopoguerra. Una volta qualcuno ci regalò un chilo di pane e io, mia mamma e mia sorella lo mangiammo, lo sbranammo in cinque minuti, fino a sentirci male. Abitavo a Mortara, per andare a scuola e poi per lavorare viaggiavo in littorina – così si chiamava – in terza classe. Umberto arrivò come l’angelo salvatore: aveva tutto quello che una ragazza può sognare, biondo, occhi azzurri, intelligente, colto, sportivo. Un nobile. E correva in auto. Ero sinceramente innamorata. Cercavo il mio posto al sole: non sapevo bene cosa volevo dalla vita, ma questo traguardo mi era chiaro. Uscire dalla mia condizione sociale, la condizione dei paria. E tuttavia di Umberto Marzotto mi innamorai: abbiamo fatto cinque figli insieme. Se avessi voluto il patrimonio dei Marzotto, un figlio solo sarebbe bastato, o no? Ci sposammo nel 1954».
• Diventata modista e poi modella, fece innamorare di sé Umberto Marzotto, che le diede il titolo di contessa e cinque figli. Pur vivendo negli agi, prese una depressione da cui guarì trasferendosi a Roma [Marco Cicala, il venerdì 17/6/2016].
• «A guarirmi, a salvarmi non è stata la psicoanalisi: è stata Roma... Non era più la città della Dolce vita, ma quella di De Chirico, Sciascia, Moravia, Elsa Morante, Rossellini, Visconti. E naturalmente di Guttuso».
• «Guttuso lo conobbi l’anno in cui nacque il mio primo figlio, Vittorio. Fu l’anno in cui vinse il premio Marzotto: a una cena in casa di Rolly Marchi (1921-2013), che si occupava di vendere i suoi quadri. Eravamo seduti spalla a spalla. Vidi un quadro bellissimo ed esclamai: io questo lo voglio! E una voce bellissima alle mie spalle: daglielo, Rolly. Chissà, forse era un regalo. Ma Rolly me lo fece pagare. Com’era giusto. Passò tanto tempo. Tanti anni. Un giorno in cui Graziella Lonardi (1928-2010) mi obbligò a telefonargli: voleva che glielo presentassi, per acquistare un suo quadro, in realtà, credo, per conoscerlo. Ma, prima, ricordo un emozionante incontro con Valerio Zurlini: una mezz’ora di magia, di conversazione brillante, effervescente. Poi scese la moglie, Mimise... Una doccia fredda. All’improvviso i due uomini cambiarono: due mummie. Uscendo, Valerio mi disse una cosa profetica: Mimise, disse, non mi perdonerà mai di averti portato qui. Dopo una settimana, ero a Cortina, lui mi fece avere il suo primo regalo: il ritratto della mia faccia, con i soli lineamenti». Al ventennale della morte del pittore (2007) ci fu un forte scontro tra la Marzotto e monsignor Angelici, il quale raccontò su Avvenire della sua conversione in punto di morte. «Renato era un ateo granitico e come tale è defunto» sostiene invece la contessa.
• Guttuso abitava al palazzo del Grillo – il marchese che aveva l’abitudine di gettare il pane ai poveri dal balcone di casa dopo la messa della domenica –. Al piano superiore viveva la moglie. «Tra i due piani c’era una porta sempre sprangata perché la signora non poteva recarsi nello studio del marito dove, invece, aveva libero accesso Marta Marzotto, la sua famosa amante. I giovani amici con i quali giocava a carte avevano il compito di controllare la porta quando la coppia faceva l’amore» [Ferruccio Sansa, Fat 17/3/2015].
• Il loro primo nido d’amore fu la casa in piazza di Spagna del gallerista Romeo Toninelli: «Non dimenticherò mai l’imbarazzo delle prime volte. Ci sentivamo piccoli e intimiditi in quell’appartamento con alle pareti quadri di Braque, Delvaux, Picasso. era la prima volta che tradivo Umberto: dopo quindici anni di matrimonio e cinque figli. C’era un grande trasporto fra noi, ma ci bastava anche guardarci negli occhi, tenerci per mano. Era una cosa che coinvolgeva il cuore ma anche il cervello, perché tutto nasce da lì: una scopata è una scopata, è sempre la solita zuppa, se non c’è altro alla fine ti stufi» [Laura Laurenzi, Amori e furori, Rizzoli, Milano 2001].
• «Nelle sue lettere ripercorreva il nostro rapporto nei minimi particolari, io mi stupivo e mi turbavo. Mi veniva la pelle d’oca: "Sono io davvero ad aver fatto tutte quelle cose lì?". E dopo una settimana, a rileggerle, tutto mi sembrava ridicolo. Voglio dire, l’intimità è un mistero inavvicinabile» [Cesare Lanza, Esp 31/1/2002].
• «Per te potrei anche smettere di bere, mi sussurrava Renato. Gli rispondevo: Non smetterai mai, perché se sei felice brindi, e se sei infelice ti ubriachi per dimenticare. In lui covava un autentico cupio dissolvi» [Marco Cicala, il venerdì 17/6/2016].
• «Lui mi raffigurava nei quadri e a volte lo faceva senza che ci fosse la mia figura, come nella Notte di Gibellina, dipinto ispirato dal terremoto del Belice, dove tra le fiamme del fuoco ci sono le lettere del mio nome» [Maria Corbi, Sta 26/2/2011].
• «Ogni volta che disegno una mela, penso al tuo sedere» (Renato Guttuso a Marta Marzotto) [Laura Laurenzi, Amori e furori, Rizzoli, Milano 2001].
• «Chi l’avrebbe mai detto che avrei visto il mio sedere esposto all’Ermitage?» [Candida Morvillo, corriere.it 29/7/2016].
• «Al Carnevale di Venezia le maschere alludono alle mie corna» (Così scrisse Il conte Umberto Marzotto, nel 1987 scrisse alla moglie Marta che si voleva separare).
• «Se il Padreterno ci avesse voluto fedeli, ci avrebbe fatto fedeli» (Marta Marzotto) [Cesare Lanza, Peccati, Rizzoli, 2002].
• Amante Guttuso e ancora sposata con Umberto Marzotto, incontrò Lucio Magri: «La nostra fu una storia importante, che durò dieci anni. Diceva di amarmi. La verità è che amava solo se stesso». Scrive: «Voleva la tavola apparecchiata con tovaglie preziose e ricamate e le stoviglie dovevano essere d’argento. Sono la sola persona di estrazione proletaria che lui abbia mai frequentato». Ruppero malamente, mentre Guttuso le faceva continue scenate di gelosia, durante le quali scagliava preziosi bicchieri Lalique contro le tele: «La gelosia si rivelò per Renato una straordinaria spinta creativa».
• Renato Guttuso che scrisse contro di Magri una preghiera per Marta Marzotto che iniziava con “Ave Martina” e finiva con un perfido “E liberaci dal Magri amen”» [Luca Telese, Fat 30/11/2011].
• «Mi vedeva come la donna più pazzescamente bella, radiosa. affascinante del mondo: al mio confronto la Madonna era una donnetta» [Laura Laurenzi, Amori e furori, Rizzoli, Milano 2001].
• Il presidente Pertini telefonava a Marta Marzotto tutte le mattine alle 7 e 45 in punto per chiacchierare. Frase ripetuta tutte le volte prima di riagganciare: «Marta, si ricordi che lei è amata da un grande pittore e adorata da un piccolo presidente» [Stefano Lorenzetto, Visti da lontano, Marsilio 2011].
• Nella casa romana che per anni ebbe vicino a Villa Borghese andava sempre il presidente della Repubblica Sandro Pertini. «La adorava e amava le sue celebri mozzarellone», ricorda Corbucci, «una volta, lui le poggiò le mani sulle gambe e lei: “Presidente, mica ci sta provando?”» [Candida Morvillo, corriere.it 29/7/2016].
• Magri (1932-2011), terzo e ultimo dei suoi amori, lo conobbe a casa di Eugenio Scalfari, il giorno in cui nacque Repubblica (14 luglio 1976): «Fu di un’abilità diabolica, nell’accendermi. Chissà, psicologicamente, la castellana voleva prevalere sulla Castellina» (a Cesare Lanza).
• «Detesto la saggezza, sono un’anima vagabonda come mio padre, renitente a tutte le regole, a cominciare da quelle che ho cercato di darmi da sola» (Marta Marzotto).
• Marta Marzotto dal suo divorzio da Umberto, avvenuto negli anni Ottanta, ottenne alimenti annui per 400 milioni di lire all’anno [Alessandro Penna, Oggi 15/12/ 2010].
• Alla prima della Scala del 1992 indossava una giacca della Standa da 195mila lire [Lina Sotis, Cds 8/12/1992]. Al matrimonio di Jaki Agnelli e Lavinia Borromeo s’è presentata con uno dei suoi famosi abiti da 7 euro (linea Vucumprà, colore turchese) [Laura Laurenzi, Il giorno più bello, Rizzoli 2008].
• «Detesto la saggezza, sono un’anima vagabonda come mio padre, renitente a tutte le regole, a cominciare da quelle che ho cercato di darmi da sola» (Marta Marzotto).
• Marta Marzotto possiede quattro corone, una delle quali fu di Laurence Olivier. Un’altra, invece, è «un fuoco d’artificio di cristalli Swarovsky» dono dallo stilista Gai Mattiolo: «Io mi reputo come Bokassa: mi sono incoronata da sola. La tiara si può portare solo per scherzo. Non a Carnevale, quando se la mettono tutti, ma per esempio per andare a cena fuori con gli amici in pizzeria, in jeans. In ogni caso mai vestita da sera. Trovo terribili invece le donne che si sposano con il diadema».
• «Siate costosissime» (I consigli della contessa Marta Marzotto) [Cesare Lanza, Sette n. 31/2001].
• «In India siamo state tre volte e non sono mai riuscita a vedere i poveri. L’India di Marta era tutta case di maharaja, residenze di ambasciatori, sedi di gioiellieri che commerciavano in mirabolanti pietre provenienti dalla miniere di Golconda. Ovunque, si scambiava regali con le maharani, le principesse locali: loro donavano shatush, lei ricambiava con bigiotteria di sua creazione» (Nori Corbucci).
• «La sua capacità di apprendere l’arte era tale che in questo era diventata la più Marzotto dei Marzotto. È stata patrona di giovani artisti come solo Peggy Guggeneheim. Aveva riconosciuto subito qualità di grandissimi come Mario Schifano, Franco Angeli. Io fui preso in simpatia, giovanissimo, e lei mi accolse nel suo giro romano che era il salotto dell’intelligentia di sinistra, dove c’erano Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Mario Bellezza, Lucio Magri, Enzo Siciliano e avevamo tutti la sensazione che stavamo decidendo il futuro. Il suo ruolo era incarnare l’euforia di ogni speranza nel futuro» (Vittorio Sgarbi) [Candida Morvillo, corriere.it 29/7/2016].
• Famose le sue feste in Sardegna: «Apparecchiava tutte le mattine per cento persone, senza inviti, si sapeva solo che all’una a Punta Volpe c’era la colazione, arrivavano da terra, mare, cielo» (Mara Malda).
• «Hemingway? A tavola era già ubriaco. Aveva perso i freni inibitori, ruttava e scoreggiava» [Marco Cicala, il venerdì 17/6/2016].
• Per l’onomastico in Costa Smeralda, con Peppino di Capri al pianoforte al Cala di Volpe di Porto Cervo, si riunivano tutti gli amici più cari: Jean Paul Troilli, il re dei party fastosi che lei amava all’inversomile; Nori Corbucci, la costumista vedova del regista Sergio, che capitanava la pattuglia delle amiche romane, come la principessa Doris Pignatelli, la regista Mimma Nocelli, la signora dei salotti Sandra Carraro. E poi passavano Valeria Marini, Afef Jnifen e amici arabi, russi, kazaki e c’erano le altre amiche milanesi: Umberta Gnutti Beretta, Gabriella Magnoni Dompè. Il salotto di Marta non era un luogo fisico, ma un luogo dell’anima itinerante e trasversale [Candida Morvillo, corriere.it 29/7/2016].
• Sui salotti: «Il mio motto è: vado vengo e non mi trattengo. A 82 anni preferisco occuparmi di restauro o di San Patrignano. Le feste più esclusive? La Fondazione Memmo a Palazzo Ruspoli, quelle nella villa a Morlupo di Marisa Stirpe, artista nel ricevere, dove trovi donna Assunta Almirante e Fausto Bertinotti. Oppure si va da Stefanina Aldobrandini nel giardino botanico in campagna dove gli ospiti sono riuniti in stanze, ognuna con una sua botanica» [Valerio Cappelli, Cds 15/5/2013].
• Confessione della settantaduenne Marta Marzotto di aver rinunciato al sesso: «Uso i miei anni per essere coccolata e gaté. Frequento uomini di ogni età, oggetti del desiderio di molte signore. Andiamo ai balli e in viaggio, spesso per mano. Faccio battute salaci. Ma niente sesso. Le mie amicizie affettuose sono meglio di qualsiasi storia con dentiera sul comodino. Nella mia vita ho avuto tre uomini meravigliosi. Ho volato, ora non mi va di camminare» [Luisa Pronzato, Sette 26/6/2003].
• «Nell’ultima casa di Milano, in via Bigli, riceveva a letto “come Roberto Rossellini”, così amava dire. Marta Brivio Sforza: “Ci siedevamo accanto a lei, gente che arrivava di continuo. Lei, contemporaneamente, preparava il catalogo di una mostra, disegnava una borsa, cercava soldi per aiutare un bisognoso, fondi per il Club del restauro del Museo Poldi Pezzoli e intanto faceva arrivare caviale e ancora caviale. Diceva: Sono nata povera e voglio la tavola ricca”. Che poi la tavola fosse un letto, fa nulla. Nella precedente casa milanese di Piazza della Repubblica, tutta arredata come una tenda marocchina, si mangiava seduti sui tappeti» [Candida Morvillo, corriere.it 29/7/2016].
• Nel 2006 ha creato un club per sole donne all’hotel Bulgari a Milano.
• Collaborava con la rivista Diva e Donna.
• Ultimo libro: Smeraldi a colazione, il libro di ricordi (Cairo editore) un’autobiografia scritta con Laura Laurenzi
• Di lei il figlio Matteo dice: «Continua a divorare di gusto l’esistenza (e a volte nelle sue fauci finisco anche io)» [Maria Corbi, Sta 26/2/2011].
• I figli: Paola (1955), Annalisa (1957-1987), Vittorio Emanuele (1960), Maria Diamante (1963) e Matteo (1966).
• È la nonna di Beatrice Borromeo. È lei che con il tweet «Addio nonita mia» ha dato la notizia della morte della Marzotto il 29 luglio 2016.
• «Tutti dicono che la vita si è allungata di trent’anni. No, s’è allungata la vecchiaia. Quando vado al cinema sono l’unica a esibire la carta d’argento. Le mie amiche, nate nel 1927, fingono d’avere 59 anni. Che cosa vuoi che ti dica, io invece trovo la vecchiaia così interessante, ma così interessante, che, se l’avessi saputo prima, mi sarei aumentata l’età» (a Stefano Lorenzetto).
• «Non baciate la Marzotto. Vi attacca le rughe» (Roberto D’Agostino).
• «Si domanda se sia mai stata felice e si risponde: "Emozionata, gratificata sì, ma felice no. Non ne ho avuto il tempo". Le capita spesso di piangere. Pensando in generale alla ressa che affolla il suo passato e in particolare ad Annalisa, la figlia morta a 32anni. Non crede in Dio. Al limite alla reincarnazione. Ricordando le serate con lei, Alberto Arbasino ha detto: "Il nostro segreto? Era che ci divertivamo a morte". E chi si è tanto divertito andrà in Paradiso. Anche se corre voce che non esista» (Marco Cicala) [il venerdì 17/6/2016].
• «Io no ho età, sono immortale. Bloccatemi se siete capaci».