31 maggio 2012
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Biografia di Piero Marrazzo
• Roma 29 luglio 1958. Giornalista (Rai). Dal 2005 al 2009 presidente della Regione Lazio (eletto con il centro-sinistra).
• La sua carriera politica è terminata improvvisamente in seguito a uno scandalo sessuale scoppiato nell’autunno 2009: il 23 ottobre diversi quotidiani diedero la notizia dell’arresto di quattro carabinieri che avevano ricattato l’allora governatore del Lazio con un video che fu definito «compromettente». Il filmato, che non fu mai diffuso pubblicamente, fu trovato durante un blitz degli stessi carabinieri e mostrava Marrazzo in atteggiamenti intimi insieme a un transessuale (si dimostrò poi che il blitz era una trappola). Nel video si vedeva anche della droga appoggiata su un tavolino. L’incontro era avvenuto nel luglio precedente in un appartamento di via Gradoli, nella zona della Tomba di Nerone a nord di Roma, nello stesso condominio dove nel 1978 fu scoperto un covo delle Brigate Rosse utilizzato come base per il sequestro di Aldo Moro. Da indagini successive si venne a sapere che quel condominio era piuttosto frequentato da transessuali che si prostituivano e che Marrazzo era andato all’incontro con l’auto di servizio. Dopo avere ripetutamente negato di essere coinvolto nella vicenda, il 24 ottobre decise di autosospendersi da presidente della Regione Lazio, definendo quello che era successo come il «frutto di una mia debolezza della vita privata». L’autosospensione fu molto criticata da alcuni esponenti perché non prevista dallo Statuto regionale. Il 26 ottobre Marrazzo si dimise ufficialmente dall’incarico di commissario regionale per la sanità – che aveva assunto nel luglio 2008 – e il giorno successivo anche da presidente della Regione Lazio. Marrazzo spiegò tempo dopo che fu Silvio Berlusconi a informarlo dell’esistenza del video, il 19 ottobre 2009: «Un direttore del gruppo Mondadori, forse Signorini, aveva visto un video che mi riguardava e che era inutilizzabile perché non si capiva bene. Aggiunse anche che ce lo aveva un’agenzia di Milano e mi diede un numero al quale telefonai successivamente. Mi rispose una donna, mi confermò di averlo. Le risposi che mi sarei attivato per mandare qualcuno di mia fiducia a vederlo. Poi, dopo forse un giorno, mi richiamò ancora Berlusconi affermando che il video era stato sequestrato dai Ros e che tutto era andato bene. Mi volle tranquillizzare». Nei mesi successivi ci furono due morti legate al caso Marrazzo. Il 12 settembre 2009 Gianguerino Cafasso, colui che probabilmente girò il video con cui Marrazzo era stato ricattato, fu trovato morto per overdose da cocaina. Il 20 novembre fu trovata morta soffocata per un incendio nel suo appartamento anche Brenda, una transessuale coinvolta nello scandalo. A ogni modo, nell’aprile del 2010 la Corte di Cassazione stabilì che Marrazzo «fu vittima di un’imboscata», e confermò le misure cautelari nei confronti di alcuni carabinieri della Compagnia di Roma Trionfale, accusati di ricatto. Nella sentenza si legge che ci fu da parte dei carabinieri una «accurata preparazione di quella scena, che prevedeva non solo la presenza della droga ma anche, nello stesso tavolino, accanto al piatto che la conteneva, della tessera personale della vittima, affinché non vi fossero dubbi sulla identificazione del personaggio» al quale non si voleva «dare scampo».
• Nel 2012 tornò a fare il giornalista, dopo essere stato in disparte per diverso tempo, aver passato un mese chiuso in monastero ed essersi sottoposto per due anni a una terapia di analisi, come lui stesso ha raccontato a Concita De Gregorio: «Un uomo che assume un incarico pubblico non può avere debolezze. Le deve controllare. Per questo mi sono dimesso, per quanto fossi vittima di un reato. Vittima, non colpevole. Ma l’aspetto giudiziario è secondario: so di non aver commesso reati, di non aver violato alcuna legge. Umanamente però, nei confronti della mia famiglia, e politicamente, verso i miei elettori e la comunità che governavo, ho sbagliato. (…) Ho provato a capire attraverso l’analisi, e la parola e l’ascolto, che cosa mi fosse davvero accaduto. Credo di dovere alla terapia molte delle risposte (…) So che non è bello da sentire e non è facile da dirsi, ma una prostituta è molto rassicurante. È una presenza accogliente che non giudica. I transessuali sono donne all’ennesima potenza, esercitano una capacità di accudimento straordinaria. Mi sono avvicinato per questo a loro. È, tra i rapporti mercenari, la relazione più riposante. Mi scuso per quel che sto dicendo, ne avverto gli aspetti moralmente condannabili, ma è così. Un riposo. Avevo bisogno di suonare a quella porta, ogni tanto, e che quella porta si aprisse» [Rep 15/8/2011].
• Nel 2012 collaborò alla produzione di alcuni reportage e di un documentario sull’Armenia andato in onda su Raitre. Nel novembre 2013 ha condotto su Raidue Razza umana, trasmissione sospesa dopo poco più di tre mesi per bassi ascolti.
• Nel 2008 aveva riassunto così la propria vita: «Sono nato a Roma, all’Aventino. Ho tre figlie: Giulia che ha 14 anni, Diletta che ne ha 11 e la più piccolina, Chiara, che da poco ha compiuto tre anni. Con loro e con Roberta, la donna della mia vita (Roberta Serdoz, giornalista, nata a Roma il 10 agosto 1968 - ndr), passo tutto il mio tempo libero. Mi piace giocare a pallone. Faccio parte della nazionale dei giornalisti, con la quale sosteniamo molti progetti di solidarietà. Sono cattolico, cresciuto, come molti ragazzi della mia generazione, frequentando l’oratorio e la parrocchia di Santa Chiara. Mio padre era un giornalista, Giuseppe Marrazzo detto Giò (1928-1985, ndr), uno dei più grandi inviati, autore di inchieste su mafia e camorra, ma anche sui giovani, sulle tossicodipendenze, sulle categorie sociali. Condannato a morte dalla mafia, come ha detto Giovanni Brusca. Sono orgoglioso e fiero di essere il figlio di un uomo così. Purtroppo l’ho perso presto, nel 1985, quando avevo 26 anni, e pochi mesi dopo ho perso anche mamma, Luigia Spina, italo-americana, nata a Minturno e portata a New York dai suoi genitori ad appena 9 mesi, così come tanti altri abitanti del Lazio in varie epoche della nostra storia. Da allora il giornalismo, che fino a quel momento avevo soltanto annusato in casa guardando il lavoro di papà, è diventato la mia vita. Mi sono laureato in Giurisprudenza, e poco dopo sono entrato in RAI. Quindi ho dovuto lasciare l’attività politica giovanile che avevo portato avanti fino a quel momento, come socialista riformista. In Rai ci sono stato vent’anni, come conduttore e inviato del Tg2, poi come responsabile della testata regionale della Toscana e poi, chiamato da Giovanni Minoli, ho lavorato alla Cronaca in diretta, a Drugstories e agli speciali Format. Negli ultimi otto anni ho condotto Mi manda RaiTre».
• «Mi manda Raitre, la trasmissione che lo ha lanciato. Lì il consumatore truffato iniziava ad accusare. L’autore dell’inghippo provava a difendersi. E lui, Marrazzo, interveniva, dando manforte all’accusatore. Trascinando emotivamente i telespettatori. E catturando la simpatia del pubblico. Bonomia napoletana ereditata dal padre, Giò Marrazzo, coraggiosissimo giornalista della Rai più bella, quella post-riforma della fine degli anni Settanta» (La Stampa).
• «È entrato in Rai nell’85 in morte del padre, come l’azienda usava fare allora. Anche il nonno materno, Eugenio Spina, era giornalista per un quotidiano italoamericano. Anche sua madre Gina ha lavorato al Progresso degli italiani d’America. Piero aveva una laurea in Legge, tesi in diritto penale con 110 e lode» (Concita De Gregorio).
• Dal 2012 è legato a Patrizia Mancini, coreografa, insegnante di danza ed ex ballerina tv. «È apparsa una mattina in spiaggia: “Mamma mia”. Ci presentano amici comuni. “Piacere, Patrizia”. “Piacere, Piero”. Pensavo: “Mo’ ricominciamo: Marrazzo, lo scandalo, i trans, la cocaina”. Ma la grandezza di una donna è che quando le piace un uomo non ha pregiudizi: il sentimento è più forte» (a Lavinia Farnese) [Vty 30/10/2013].