31 maggio 2012
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Biografia di Leonardo Marino
• Pastorano (Caserta) 27 marzo 1946. Il grande pentito che ha accusato se stesso, Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani dell’assassinio del commissario Luigi Calabresi (Milano 17 maggio 1972). «Errore giudiziario? Otto processi, nove, non ricordo neanche. La revisione, l’appello alla Corte di Strasburgo. Che manca? Tutti questi giudici sono parte di un complotto?».
• Unico maschio dei quattro figli di un casellante di Settimo Torinese immigrato da Caserta con la moglie Filomena, andò a Torino a studiare dai salesiani per tornare a casa da capofamiglia nel 1959 dopo la morte del padre.
• Nel 1966 entrò alla Fiat Mirafiori, reparto verniciatura (uno dei più duri), nel 1968 si iscrisse a Lotta continua: «Sofri lo conquista ai cancelli della fabbrica (“ci sapeva fare”), Marino lo elegge a suo punto di riferimento umano e politico: il leader non ha la patente e Marino lo porta in giro in macchina e fa coppia con lui a calciobalilla (contro Pietrostefani e Bonfiglio). Chiama il primo figlio Adriano» (Aldo Cazzullo).
• «Nell’autunno caldo, quello del 1969, ha un momento di gloria, di relativa popolarità. Al Palazzetto dello Sport di Torino c’è un’assemblea organizzata dai sindacati dei metalmeccanici. Protestano contro la Fiat che vuole licenziare 120 operai. Marino sale sul palco, afferra il microfono, incita allo sciopero con un discorso che infiamma l’assemblea. Pochi mesi dopo viene denunciato dalla Fiat per atti di violenza. Passa un anno e viene licenziato. Lotta Continua gli dà una mano: deve distribuire a Milano e Torino il giornale del movimento. È lì che conosce Antonia Bistolfi, piemontese di Aqui Terme. Nel 1976 Lotta Continua si scioglie e Marino si inventa un nuovo lavoro. Si trasferisce a Morgex, a dieci chilometri da Courmayeur: intanto Antonia lascia il posto alla Sip. È solo a mantenere la famiglia e tenta di tutto. Guida le ambulanze, fa la guardia agli ski-lift, impara l’arte delle crêpes» (Daniele Bianchessi).
• Nel 1988 il pentimento: stando al suo racconto ebbe una crisi di coscienza e si confessò con un sacerdote di Bocca di Magra, don Vincenzo Regolo. Sostiene di avergli parlato già in quel momento del delitto Calabresi, circostanza negata dal sacerdote. Il 2 luglio dell’88 Marino incontrò il colonnello dei Carabinieri Umberto Bonaventura, esperto di antiterrorismo, con lui fino alla confessione ufficiale del 19 luglio. Sua versione dei fatti: il 17 maggio 1972, alla guida di una Fiat 125 blu portò Bompressi in via Cherubini per assassinare il commissario che stava uscendo di casa per andare al lavoro (due colpi di pistola), l’operazione era stata ordinata da Adriano Sofri, capo di Lotta continua, e da Giorgio Pietrostefani, i due mandanti del delitto: Sofri gliene avrebbe parlato durante una manifestazione tenutasi a Pisa sabato 13 maggio per la morte di Franco Serantini. «Io avevo chiesto a Pietrostefani garanzie per la mia famiglia nel caso fossero andate male le cose, e volevo rassicurazioni da Sofri. Loro dicono: a Pisa non ci fu il tempo per parlarsi, si era sotto il palco di un comizio. Ma lui sapeva già tutto, gli bastò un attimo per darmi la conferma. Non c’è possibilità di equivoco. Non si dicono certe cose a chi deve andare a distribuire dei volantini» (Marino a Michele Brambilla) [Sta 26/7/2013].
• Processato con Sofri, Bompressi e Pietrostefani, Marino non fece neanche un giorno di carcere perché le accuse che lo riguardavano andarono in prescrizione. Gli altri tre, invece, furono condannati in via definitiva a 22 anni. La confessione di Marino, piena di contraddizioni, ha dato luogo a un’enorme querelle politico-giudiziaria (vedi Adriano Sofri).
• Sofri e l’opinione che lo sostiene affermano che Marino è stato manipolato dai carabinieri e che in cambio di questo ha risolto i suoi problemi economici. Marino ha risposto: «Non ho mai avuto una lira dallo Stato. Non sono un pentito di Stato, non godo di programmi speciali di protezione. Non mi sono arricchito. Riesco a tirare avanti con il mio lavoro. Sono solo un uomo pentito di quello che ho fatto e che ho pagato in tutti i sensi».
• Abita con la famiglia a Sarzana e continua a vendere crêpes in un camper parcheggiato a Bocca di Magra «Cerco di non ricordare. Tre giorni fa è venuto un signore e mi ha chiesto: “È lei Marino?”. Ho risposto di sì, e lui: “Allora voglio darle la mano”. Ma la maggior parte della gente che passa di qui non sa niente. E a me va bene così» (Michele Brambilla) [Sta 26/7/2013]. Il primo figlio, Adriano, è entrato in magistratura, il secondo, Giulio, lavora col padre. La moglie Antonia fa per hobby la cartomante.