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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Vanna Marchi

• Castelguelfo d’Imola (Bologna) 2 settembre 1942. Teleimbonitrice. «Spogliatevi nudi e guardatevi davanti allo specchio. Fate veramente schifo!».
• Il 4 giugno 2008 è stata arrestata a Milano insieme alla figlia Stefania Nobile (Bologna 16 novembre 1964): il 27 marzo la quarta Corte d’Appello di Milano l’aveva condannata a 9 anni e mezzo riconoscendola colpevole di associazione a delinquere finalizzata alla truffa (in primo grado aveva preso 12 anni e 6 mesi) più un risarcimento di 2,3 milioni di euro ai truffati parti civili (9 anni e 4 mesi per la figlia). I giudici hanno motivato il provvedimento col pericolo di fuga. Il 5 marzo 2009 la Cassazione confermò la condanna a 9 anni e 6 mesi, dichiarando «inammissibile» il suo ricorso contro la sentenza d’Appello. Dall’ottobre 2011 in semilibertà, il 30 novembre 2013 il Tribunale di sorveglianza di Milano l’ha ammessa all’affidamento in prova ai servizi sociali. Oggi lavora nel bar-ristorante milanese, La Malmaison, gestito dal fidanzato di sua figlia, Davide Lacerenza.
• Nel chiedere la condanna, il pg Piero de Petris aveva parlato di «una grande intuizione imprenditoriale e delinquenziale»: «“L’intuizione, spiega, è stata quella di creare una struttura televisiva per far leva sulla credulità popolare; la tv canonizza tutto e anche un cameriere diventa un mago”. Ma era “delinquenziale” quest’idea perché la struttura di Vanna Marchi era destinata “a truffare un numero enorme di persone; come un’esca gettata in mare con cui si aspetta che il pesce abbocchi ed emerga per poi arpionarlo”. L’esca era la promessa di ottenere, in cambio di una piccola somma, “numeri garantiti” per vincere al lotto. Chi vi abboccava e telefonava agli addestrati centralinisti della Asciè (la società di Vanna e famiglia) veniva “profilato individuando i suoi punti di fragilità”. Così quando, inevitabilmente fallita la grande vincita, richiamava per protestare veniva imbonito (“compri i nostri sali contro il malocchio”) e minacciato (“si ammalerà; suo figlio avrà un incidente; suo marito perderà il lavoro; finirà in miseria”)» (Susanna Marzolla). Il sistema andò avanti sin quando (fine 2001) la signora Fosca Marcon di Solaro (Milano) telefonò al Gabibbo e Striscia la notizia si scatenò.
• Figlia di contadini poverissimi, studiò solo fino alla quinta elementare. A quindici anni andò a fare la cameriera a Milano, nella casa di Vergottini, il parrucchiere delle dive. «A forza di vedere tinte, lozioni, unguenti, e donne che si lasciavano fare di tutto in testa e poi uscivano col sorriso soddisfatto sulle labbra, si convinse che poteva provarci. Prima fece un po’ di apprendistato presso un’estetista. Poi affittò un garage per 18 mila lire il mese e costruì un impero fondato sui cosmetici e sulla credulità italiana. Con l’aiutino, ovviamente, della tv» (Bruno Ventavoli).
• «Tra gli Ottanta e i Novanta la signora conobbe un periodo di popolarità sfolgorante, e fu invitata nei migliori show delle reti pubbliche e private. Ebbe le copertine dei settimanali. Venne applaudita come Regina del Trash, genio della comunicazione popolare. Considerata simpaticissima e spiritosissima, comprese le urla belluine, comprese le creme “scioglipancia” che facevano dimagrire di dieci chili in una settimana» (Michele Serra).
• Già a Fantastico (nell’88-89 come testimonial del ministero delle Finanze), nel 1990 partecipò ai Promessi Sposi di Lopez-Marchesini-Solenghi (spacciava alghe miracolose per sconfiggere la peste).
• I guai con la legge cominciarono negli anni Ottanta, quando il Comitato difesa consumatori di Milano presentò un esposto su un prodotto per la ricrescita dei capelli: dentro c’era una sostanza vietata dal ministero della Sanità; nell’87 il Giurì dell’istituto di Autodisciplina pubblicitaria s’interessò allo “scioglipancia Vanna Marchi”, giudicando non accettabile una pubblicità in cui si affermava che «con sole 200 mila lire la vostra grassa pancia diventerà snella pancia in 30 giorni»; tre anni dopo il tribunale di Bologna dichiarò il fallimento di una delle sue società, cui seguì l’arresto per bancarotta fraudolenta.