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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Nicola Mandalà

• Villabate (Palermo) 8 marzo 1968. Mafioso. Figlio di Mandalà Antonino (vedi). Sposato, un figlio avuto da una relazione extraconiugale. Detenuto dal 25 gennaio 2005, al 41 bis.
• Arrestato per la prima volta il 27 marzo 1995 (negli annali di Villabate ricordato come il “venerdì nero”) per associazione mafiosa e omicidio (esce dopo meno di un mese e finisce assolto). Si sa per certo che è stato affiliato a Cosa Nostra da Francesco Pastoia (capomafia di Belmonte Mezzagno, ufficialmente imprenditore nel ramo autotrasporti, per trent’anni uomo di fiducia di Bernardo Provenzano). Dal 2001 si occupa in prima persona della latitanza di Provenzano, da quando cioè la polizia gli aveva fatto intorno terra bruciata arrestando gli uomini d’onore di Bagheria. Il che vuol dire per Mandalà assicurare la distribuzione della “mesata” a picciotti e familiari (ogni mese, tra tutti, 600 mila euro), recarsi ogni lunedì mercoledì e venerdì a Bagheria a ritirare i pizzini destinati a Provenzano, fargli d’autista all’occorrenza, e accompagnarlo a Marsiglia per un intervento alla prostata. Due le trasferte, destinazione la clinica La Licorne di La Ciotat (Marsiglia), il 30 giugno 2003 e il 30 settembre 2004, entrambe le volte con documento falso a nome di Gaspare Troia che Mandalà si è procurato facendo mettere il timbro del Comune di Bagheria a Francesco Campanella, consulente del sindaco per lo sviluppo locale (la carta d’identità l’aveva messa a disposizione il figlio del vero Gaspare Troia, in cambio di ventimila euro e dell’iscrizione del figlio a una scuola francese di Palermo). Durante la permanenza a Marsiglia non una sera che Mandalà abbia rinunciato ad andare al casinò di Cassis (Lirio Abbate, Peter Gomez).
• «Io gli volevo portare qualche cosa a questo cristiano, siccome ha assai che non gli si fa un pensierino» (intercettato mentre esprime a Pastoia le sue preoccupazioni per Provenzano, una mattina del settembre 2004).
• Intanto però, senza di questo dare conto a Provenzano, anche lui fa qualche trasferta a New York (due, nel 2004, documentate dagli inquirenti), per mettersi in affari con la “famiglia” mafiosa americana degli Inzerillo-Gambino (interrotti dai palermitani dopo la seconda guerra di mafia, vedi Salvatore Lo Piccolo, Antonino Rotolo), trattando personalmente con Frank Calì, segnalato dall’Fbi come wiseguy (“uomo d’onore”), a capo dei Gambino dopo l’arresto dei fratelli John e Joe Gambino. Unico cambiamento rispetto alla vecchia generazione mafiosa che faceva i miliardi con l’eroina, adesso l’oggetto degli affari è la coca: «... ora la prossima settimana ne arrivano uno, due chili... /...ne sono arrivati a loro cinquecento.../... io me ne faccio prendere altri dieci.../...e me la faccio mettere da parte...» (Nicola Mandalà durante una telefonata intercettata).
• Amante della bella vita (locali di lusso, vestiti alla moda, trasferte in aereo Palermo-Torino per vedere la Juventus, di tanto in tanto una sniffata di coca, e soprattutto i casinò), non si faceva mancare nemmeno l’amante, Tiziana. Quando lei gli fa presente che il loro destino è una vita infelice, lui tronca così la discussione: «Ma l’ho scelta io questa vita(...) tu mi hai conosciuto che già l’avevo scelta... Ascolta amo’... tu mi hai conosciuto così, allora basta».
• Aveva già comprato il biglietto per scappare in Venezuela, quando, alle 3.10 del 25 gennaio 2005, viene arrestato (operazione “Grande Mandamento”). Insieme a lui anche Francesco Pastoia, che dopo quarantotto ore s’impicca in cella con un lenzuolo. L’accusa, associazione mafiosa, stupefacenti e duplice omicidio (le vittime Antonio Pleicane e Salvatore Geraci, due uomini del clan dei Montalto, uccisi a Villabate il 30 agosto 2003 e il 5 ottobre 2004). Il 15 novembre 2005, in primo grado, è stato condannato con rito abbreviato a 13 anni e quattro mesi per mafia (come capo di Villabate), e per aver organizzato la trasferta di Provenzano a Marsiglia.
• Nel maggio 2008, per dimostrare che non era più un mafioso e ottenere la revoca del 41 bis, ha dichiarato di avere avuto una relazione extraconiugale prima dell’arresto del 2005, di essere stato tradito dalla moglie (con Mario Cusimano, pentito, come effettivamente confermano le intercettazioni), e di avere fatto uso di stupefacenti (tutte circostanze contrarie al codice di Cosa Nostra), invano, perché i giudici hanno rigettato il ricorso. Da quando è al carcere duro pare che soffra di anoressia.
Antimafia Stante l’imminente rischio di scioglimento del Consiglio comunale di Villabate per infiltrazione mafiosa (vedi Antonino Mandalà), organizzò, con l’approvazione di Provenzano e la collaborazione di Francesco Campanella, una giornata antimafia. Nell’occasione fu premiato l’attore Raoul Bova, che aveva impersonato l’ufficiale dei Ros che il 15 gennaio 1993 aveva ammanettato Totò Riina.
Santina Quando raccontò a Tiziana come si diventa mafiosi. Nicola: «Prendi la santina...». Tiziana: «Per fare?». «Ti faccio vedere come si fa...». «Sì... ti devi fare uscire il sangue?». «Perché, io ti ho detto che esce il sangue?». «Sì!». «Ti ho raccontato pure questo?». «Sì!». «Per filo e per segno? E com’è?». «Si punge il dito, esce il sangue e si passa nella santina... forse il sangue?». «E poi?». «E poi non me lo ricordo più... come si fa...». «E poi si gira... e poi si prende, ci si dà fuoco, si passa da una mano all’altra e devi ripetere tre volte: Se tradisco Cosa Nostra, le mie carni diventeranno cenere come questa cosa, tre volte la stessa frase...».
Ordini «Cosa io dico fanno» (Nicola Mandalà, intercettato una sera del novembre 2004).
Ultime condanne definitive Il 14 ottobre 2010, a 9 anni e 8 mesi, per associazione mafiosa, come capo della famiglia di Villabate (vano il tentativo di svuotare il significato delle sue stesse parole intercettate dagli inquirenti, dichiarando che parlava sotto l’effetto della cocaina). Il 15 dicembre 2010, all’ergastolo, con isolamento diurno per un anno, per l’omicidio, aggravato da finalità mafiosa, dell’imprenditore Salvatore Geraci (in Palermo, il 5 ottobre 2004).
• Il padre Antonino (vedi), porta avanti sul suo blog una campagna contro il 41 bis e contro l’ergastolo, il 13 settembre 2012, riferendosi esplicitamente al figlio: «Dal mio non invidiabile osservatorio percepisco che mio figlio non è più quello di sette anni fa e constato lo smarrimento di mio nipote costretto a sottoporsi al martirio del colloquio mensile col padre, il vuoto del suo sguardo, la mia inadeguatezza a dare risposte alle sue domande mute e il mio terrore per le derive che possono nascere nel suo animo provato». (a cura di Paola Bellone).