31 maggio 2012
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Biografia di Marco Mancini
• Castel San Pietro Terme (Bologna) 1960. Ex numero tre del Sismi (capo della divisione Antiterrorismo) arrestato il 5 luglio 2006 con l’accusa di aver collaborato con gli americani che il 17 febbraio 2003 in via Conte Verde a Milano rapirono l’imam Abu Omar; secondo arresto il 12 dicembre 2006, accusato di aver raccolto, “passato” e venduto informazioni riservate a Emanuele Cipriani, affermatissimo investigatore privato di Firenze che serviva la Sicurezza del gruppo Pirelli-Telecom diretto da Giuliano Tavaroli. Scarcerato il 2 giugno 2007 (arresti domiciliari), «non ha ammesso neppure il reato meno grave, cioè di essersi lasciato corrompere dall’investigatore Emanuele Cipriani, l’amico fraterno che dopo l’arresto ha ammesso di avergli versato poche migliaia di euro al mese in cambio di notizie segrete (secondo i magistrati minimizzando le cifre)» (Corriere della Sera).
• «Agli inizi degli anni 80 era un brigadiere dei carabinieri, come il suo “gemello”, l’amico Giuliano Tavaroli, poi diventato responsabile della sicurezza Telecom. Lavorano nella squadra del famoso Bonaventura nella lotta alle Br. Sono bravi, dicono i colleghi, e vogliono fare carriera in fretta. È Mancini a compiere il primo salto. Entra nel Sismi, attorno all’84, ufficio di Bologna, e ritrova Bonaventura, nel frattempo diventato responsabile della nuova Divisione anti-crimine. All’ombra dell’ufficiale Mancini cresce, smania e non abbandona mai il rapporto di ferro con Tavaroli» (Guido Olimpio).
• Il processo di primo grado del 2009 e la sentenza d’appello dell’anno successivo si sono conclusi con il “non luogo a procedere” sia per Mancini che per l’ex capo del Sismi Nicolò Pollari. Il 19 settembre 2012, però, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio per un nuovo processo d’appello la sentenza del 2010, ritenendo che il segreto di Stato non coprisse tutti i comportamenti dei due imputati. Il 13 febbraio 2013 la Corte d’Appello (processo d’appello bis) ha condannato Pollari a 10 anni e Mancini a 9 anni di reclusione. Nel frattempo, i quattro governi che si sono succeduti in Italia dal 2006 (Prodi II, Berlusconi IV, Monti e Letta) si sono pronunciati tutti a favore del riconoscimento della ragion di Stato. Il 14 gennaio 2014 la Corte Costituzionale ha confermato il principio secondo cui i governi possono avvalersi del segreto di stato a protezione della sicurezza nazionale. Il mese successivo la Corte di Cassazione (Prima sezione penale), applicando la sentenza, ha annullato senza rinvio le condanne comminate a Nicolò Pollari, Marco Mancini e ai tre agenti dei servizi, in quanto «l’azione penale non poteva essere perseguita per l’esistenza del segreto di Stato». Si è tornati, in sostanza, alla prima sentenza di assoluzione: quando Pollari e Mancini erano stati prosciolti proprio in base al “segreto di stato”.
• «È il presidente del Consiglio – così scrivono i custodi supremi della Costituzione – ad avere diritto di vita e di morte sul segreto di stato, e nessun giudice può “menomare” in alcun modo, con alcun processo, con alcuna sentenza, questo sacrosanto diritto – eccetto il caso di attentato alla Costituzione, dal quale ovviamente qui siamo lontani. (…) Il processo celebrato nei loro confronti è stato in realtà un processo al segreto di stato, interpretato come dimostrazione di una copertura istituzionale a reati dei quali non ci sono altre prove. (…) All’inizio di quest’anno la Consulta ha rimesso i poteri in ordine, ristabilito il principio secondo cui i governi possono avvalersi del segreto di stato a protezione della sicurezza nazionale» (Il Foglio) [Fog 26/2/2014].
• Il segreto di Stato aveva già permesso a Mancini di sottrarsi al processo per i dossieraggi della Security di Telecom.