Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Gabriello Mancini

• San Gimignano (Siena) 7 agosto 1946. Banchiere. Dal 2006 al 2013 è stato presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
• Ex sinistra Dc poi Margherita (zona Franco Marini), dal 1991 al 1995 fu consigliere regionale, prima Dc poi Popolari.
• «Profondo conoscitore del territorio, noto per spostarsi di preferenza con i mezzi pubblici» (Gianluca Paolucci).
• Nel Novembre 2011 Mancini comunicò che la Fondazione da lui presieduta, all’epoca azionista di maggioranza assoluta di Mps, si era indebitata per un miliardo e ha ipotecato le azioni della banca. Banca che, entro il 20 gennaio 2012, doveva trovare 3,2 miliardi di euro richiesti dall’Europa per rafforzare il capitale. Inizia così lo “scandalo Montepaschi” (vedi Giuseppe Mussari). Si viene a sapere che Mps dal 2009 avrebbe nascosto, coprendole con azioni sospette, perdite di bilancio conseguenti ad acquisizioni avventate e a rischiosi investimenti in derivati. «I dieci anni che hanno messo in ginocchio la banca più antica del mondo sono cominciati con l’acquisto ad assai caro prezzo della Banca del Salento» (Marco Panara). L’acquisizione della quota di maggioranza della banca salentina avviene nel 1999 e si perfeziona nel 2005. Nel novembre del 2007, alla vigilia dell’esplosione della grande crisi, ci fu l’acquisto di Antonveneta per 9 miliardi euro, poi l’accumulo in portafoglio «di una montagna di titoli del Tesoro italiano per un ammontare record pari al 316 per cento del patrimonio netto tangibile, la percentuale di gran lunga più alta tra tutte le principali banche italiane» (Marco Panara). L’ultimo, fatale, errore (estate 2011), è stato aver impegnato 1,1 miliardi nell’aumento di capitale della banca (per non diluirsi) «E non capendo che il piano di ristrutturazione finanziato con l’aumento si sarebbe rivelato un flop nel giro di pochi mesi. La Fondazione, oltre a contrarre un debito da 600 milioni, garantito da titoli Mps, ora ridotto a 350 vendendo il vendibile, aveva anche stipulato una serie di contratti derivati Otc, complessi e rischiosi (i derivati tossici esistono anche da noi. Assurdo che una Fondazione li compri; e che le banche glieli vendano)» (Alessandro Penati) [Rep 25/8/2012].
• «Il 23 agosto 1995, con il conferimento dell’azienda bancaria, la Fondazione Mps acquisiva un patrimonio di 2,7 miliardi. Esattamente 17 anni dopo si è praticamente azzerato, essendo per la quasi totalità costituito da azioni Mps in pegno alle banche. Con i costi operativi e gli interessi da pagare, gli impegni per le erogazioni già deliberate, non potendo contare sui dividendi della banca, e il debito da rimborsare, fosse stata un’azienda, avrebbe già portato i libri in Tribunale» (Alessandro Penati).
• Nell’ottobre 2013 la Consob ha multato Mps di 300 mila euro e la Fondazione di altri 200 mila per «carenza informativa» relativa alle obbligazioni “Fresh” del 2008. Anche i nuovi vertici di Mps, il presidente Alessandro Profumo e l’ad Fabrizio Viola, sono stati indirettamente coinvolti nel procedimento sanzionatorio, perché nel 2012 non avrebbero detto nei tempi e nei modi corretti che Mps sapeva che la Fondazione aveva sottoscritto 490 milioni di obbligazioni (Fresh) attraverso il derivato “Tror”. Nel 2014, anche l’indagine della procura di Siena, che fino a quel momento si era interessata quasi esclusivamente alla banca, si è spostata sulla Fondazione. La procura sta raccogliendo informazioni sull’acquisizione di Antonveneta per 9 miliardi a fine 2007, su come l’operazione fu finanziata e come la Fondazione Mps abbia potuto accumulare fino a 1,1 miliardi di debiti nei due aumenti di capitale di Mps del 2008 e del 2011, sottoscritti integralmente per non diluirsi sotto il 50%. Due aumenti, si è detto, che hanno messo a rischio il patrimonio dell’ente e contemporaneamente hanno fatto concentrare in maniera eccessiva il patrimonio della Fondazione sulla banca conferitaria. Anche i pm senesi sono particolarmente interessati ad approfondire come la Fondazione sia stata autorizzata a sottoscrivere 490 milioni di obbligazioni Fresh nel 2008, dal momento che l’ente, non disponendo di liquidità, scelse di sottoscrivere dei titoli derivati (Tror), prendendo a prestito il capitale ma rimanendo esposto alle oscillazioni di valore dell’obbligazione. Nel 2011 invece l’ente sottoscrisse un prestito da 600 milioni dando in pegno le sue azioni Mps. Punto centrale di questa nuova indagine sono le dichiarazioni dell’ex ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ai tempi degli aumenti di capitale direttore generale del ministero. Grilli allora non seguì direttamente l’autorizzazione ma si informò sul tema: l’operazione del 2011, dice «Era dovuta ad una fase correttiva tenuto conto del portafoglio di titoli di Stato detenuto da Mps. Quanto alla Fondazione, l’autorizzazione è stata data per l’importanza di finalizzare un aumento di capitale a salvaguardia dell’integrità della banca stessa e quindi dell’investimento stesso della Fondazione. Non essendo contra legem era poi nel giudizio della Fondazione considerare bene i rischi. La preoccupazione del Tesoro era anche quella di salvaguardare il sistema finanziario italiano» (Fabrizio Massaro)[Cds 4/3/2014]. Identiche parole sono state pronunciate più volte da Mancini a difesa del suo operato «I Consigli comunale e provinciale erano al corrente della situazione, conoscevano esattamente la capacità finanziaria della Fondazione e ci hanno ordinato lo stesso di procedere sulla strada dell’aumento di capitale nella scorsa primavera. Tutto perché nelle loro intenzioni si doveva salvaguardare la non scalabilità della banca a tutti i costi. Chi non era d’accordo se ne poteva andare a casa». Così nel 2011. Concetto ribadito nell’agosto del 2013, nel suo ultimo giorno di presidenza «Siamo stati traditi e ingannati. Su Mps ci siamo mossi secondo gli indirizzi indicati dagli enti nominanti, ci siamo attenuti a documenti vincolanti. Conoscendo la reale situazione di Mps non avremmo sottoscritto l’aumento di capitale nel 2011» [Cds 10/8/2013].
• Nel frattempo, il piano di ristrutturazione presentato da Profumo e Viola al nuovo presidente della fondazione Antonella Mansi prevedeva, nel 2013, una diluizione della Fondazione in Mps al 33,4%, sia perché Palazzo Sansedoni non possiede capitali sufficienti per seguire l’aumento di capitale della banca sia perché dovrà rimborsare i 350 milioni di debiti vendendo parte delle azioni Mps in portafoglio.
• Nel 2014 la quota posseduta dalla Fondazione è scesa drasticamente al 2,5%.