31 maggio 2012
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Biografia di Enrico Manca
• Roma 27 novembre 1931 – Roma 5 luglio 2011. Giornalista. Politico. In Rai dal 1961, deputato (socialista) dal 1972 al 1994, fu ministro del Commercio con l’estero nel Cossiga II e nel Forlani (1980-1981), presidente della Rai dall’86 al 1992. Lasciò la presidenza Rai perché sentì “troppo forte il richiamo della politica”, da lui paragonata a “un rapporto erotico”. Nel 2002 aderì alla Margherita e, nel 2007, al Partito democratico. Non dimenticò però mai la “questione socialista”, battendosi perché le diverse esperienze della sinistra italiana confluissero nel Pse.
• «È stato uno di quei socialisti che nel centrodestra non sono voluti andare, nemmeno quando l’allora Pds (siamo nel ’94) non se la sente di offrirgli un seggio in Parlamento. E un socialista che nell’86, quando arriva, anzi, quando torna a viale Mazzini, ha una lunga e importante storia politica alle spalle. Chi pensa che a viale Mazzini, negli anni dell’ascesa delle tv berlusconiane, Enrico vada a fare l’uomo di Craxi non coglie nel segno. E non solo perché tra i due non mancano i dissapori. Certo, restano memorabili le contese con il direttore generale Biagio Agnes, amico e sodale di Ciriaco De Mita, che in anni lontani aveva guidato il telegiornale di cui Manca era caporedattore. Ma sia Manca sia Biagione, pure tanto diversi, sono, in ultima analisi, uomini Rai. E poi Manca interpreta il suo ruolo senza mettere da un canto le sue posizioni politiche, che coincidono solo in parte con quelle del leader socialista, cui di lì a poco, quando comincerà a profilarsi la crisi finale del Psi, darà l’ultima battaglia. La partita si gioca, eccome, anche a viale Mazzini, ed è forse una delle ultime, grandi partite della Prima Repubblica» (Paolo Franchi) [Cds 6/7/2011].
• «Ho avuto con Craxi rapporti alterni: l’ho sostenuto al Midas e mi sono contrapposto alla sua politica nel congresso di Torino, pressoché l’ultimo non dominato dal sistema craxiano. Nell’89, dopo la caduta del Muro, ho votato nella Direzione del partito contro la riedizione dell’alleanza con la Dc e a favore dell’avvio di un processo di unità a sinistra. Ho poi contribuito a schierare il Psi a sinistra nelle elezioni del 1994 e non ho mutato posizione».
• Che voleva dire essere anticraxiani nel Psi alla fine degli anni Settanta? «Loro sostenevano a parole l’alternativa, noi il compromesso politico, la grande coalizione tra Dc, Psi e Pci. La nostra era una posizione simile a quella di Moro e Fanfani» (a Dario Di Vico).
• «A chi gli contestava che sotto la sua direzione la Rai era l’espressione più tangibile dei partiti, lui, senza scomporsi, recitava come un mantra che la riforma del 1974 aveva previsto il passaggio della Rai dal monopolio della Dc e dalla dipendenza diretta dal governo al controllo del Parlamento. E dunque al pluralismo.“Era un latifondo Dc – diceva della Rai - abbiamo fatto un piano urbanistico”. E sulla lottizzazione aggiungeva: “L’Italia è l’unico Paese dove l’opposizione ha avuto un canale tv e Craxi me lo rinfacciava con parole dure”. Di una cosa, però, ricordando i suoi sei anni alla presidenza, si diceva pentito. “Di essere stato l’uomo della pax televisiva che firmò l’armistizio con Berlusconi, mettendo fine alla guerra fra tv pubblica e privata e riconoscendo all’avversario lo status di controparte alla pari”. Per questo fu attaccato dal Popolo, quotidiano Dc, che lo definì “un infiltrato di Berlusconi”» (Alberto Custodero) [Rep 6/7/2011].