31 maggio 2012
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Biografia di Francesca Mambro
• Chieti 25 aprile 1959. Ex terrorista. «Ho subìto sentenze ingiuste, ma anche giuste».
• Prima dei quattro figli di un maresciallo di pubblica sicurezza, madre casalinga, iniziò l’attività politica col Movimento sociale: «Era la mia famiglia, mi ero iscritta a quattordici anni. Poi ho capito. Erano quelli che ci mandavano a fare a botte in piazza sperando che magari ci scappasse il morto, così il giorno dopo il partito poteva chiedere la pena di morte. Non volevamo sentirci complici dello Stato. Volevamo dimostrare che la nostra destra non era stragista, che non stava al soldo dei servizi segreti, delle questure. Stiamo parlando di un tempo malato. Non era normale che un’intera generazione crescesse seppellendo i propri amici. Non era normale che un ragazzo crepasse mentre tornava a casa perché gli sfondavano la testa a colpi di beta 36. Sapevo che la nostra storia era a termine: ammazzati o in galera. Ai più fortunati di noi sarebbe rimasto solo il privilegio di spiegare perché tutto questo era accaduto. Sono una sconfitta. Ma non mi sento di dissociarmi dalla mia vita e da quegli anni. Ci sono stata dentro, ero consapevole e me ne sono sempre assunta tutte le responsabilità» (da un’intervista di Claudio Fava del 1998).
• Dopo la militanza nei movimenti giovanili missini, all’inizio dell’80 entrò nei Nar (Nuclei armati rivoluzionari). Arrestata il 5 marzo dell’82 a Roma (dopo un conflitto a fuoco in cui restò ucciso un passante e lei rimase gravemente ferita), fu condannata a 8 ergastoli per la strage alla stazione di Bologna (la mattina del 2 agosto del 1980, 85 morti e oltre duecento feriti) e per alcuni omicidi, fra i quali quello del giudice Mario Amato (Roma 1980).
• Il 27 settembre del 2011 è uscito il cortometraggio Uno studente di nome Alessandro (Nastro d’Argento 2012), del regista Enzo De Camillis, cugino di Alessandro Caravillani, il passante rimasto ucciso nella sparatoria del 5 marzo 1982, che ha portato all’arresto della Mambro. Il corto «racconta che è stata lei a uccidere al modo di un’esecuzione il ragazzo che passava da piazza Irnerio (…). De Camillis ha sostenuto che la Mambro avesse visto il ragazzo caduto per terra, lo avesse preso per un agente in borghese e fosse tornata indietro a dargli il colpo di grazia. E laddove esiste una triplice sentenza ad asseverare che la pallottola che uccise Caravillani lo aveva incocciato di rimbalzo dopo essere partita da 7-15 metri di distanza da un fucile d’assalto adoperato nell’occasione da un altro dei Nar (…). L’avvocato della Mambro, Ambra Giovene, aveva richiesto, il ritiro del film perché falsava «i fatti veri» cui diceva di ispirarsi. La Procura di Roma ha respinto la richiesta e perché reputa che un film ha il diritto di ricostruire come vuole una vicenda cui fa riferimento e perché la Mambro, che di condanne all’ergastolo per fatti di terrorismo ne ha avute sei, non ha un gran che di reputazione da difendere. “La mattina di piazza Irnerio portavo sotto l’ascella una Smith & Wesson 59 ma non ho sparato a nessuno. Il povero Caravillani non l’avevo proprio visto mentre fuggivamo dopo l’arrivo della polizia; ho saputo di lui e della sua morte dai miei camerati che cercavano di portarmi in salvo ridotta com’ero dalla raffica di mitra che mi aveva passato da parte a parte”» (Gianpiero Mughini) [Lib 28/8/2012].
• Condannata definitivamente per la strage di Bologna (con Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini), si è sempre dichiarata innocente. Giovanni Bianconi: «Nel tempo s’è formata una nutrita pattuglia di opinionisti disposti a credere alla loro estraneità alla strage che s’è allargata anche al popolo di sinistra». Nel 2007 uscirono i libri Storia Nera - Bologna, la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti (Andrea Colombo, Cairo editore, dove si riconsiderano le responsabilità di Fioravanti, Mambro e Ciavardini nella strage di Bologna, con una ricostruzione che smentisce le indagini ufficiali), e Tutta un’altra strage (Riccardo Bocca, Rizzoli, citò una testimone convinta di averla vista quella mattina alla stazione).
• Ha sempre sostenuto di non avere mai ucciso nessuno «Sono sempre stata condannata per concorso “morale” in azioni terroristiche di cui mi sono assunta completamente le responsabilità politiche e processuali. E difatti non mi sono mai vantata di non avere le mani sporche di sangue, perché noi facevamo delle cose da cui purtroppo il sangue scorreva».
• Sposata dal 1985 con Fioravanti, hanno una figlia. «Qualcuno ci ha perdonato cristianamente, e noi abbiamo accettato solo in quei termini. Non c’entrano le ideologie né la politica, sono percorsi individuali e riservati, che tali devono rimanere».
• Ha narrato la sua vita in carcere ne Il bacio sul muro e altre storie (Sperling & Kupfer).
• Così racconta a Giovanni Bianconi la sua decisione di iniziare la lotta armata: «Appena arrivata chiesi chi fossero i caduti, mi dissero Francesco e Franco. Eravamo pochi, ci conoscevamo più o meno tutti. Con Francesco Ciavatta, poi, avevamo militato insieme nel circolo di via Noto. La reazione immediata, mia e di tanti, fu la paralisi, come quando ti muore un parente. Ci guardavamo in faccia senza capire e senza sapere che fare, mentre dalle varie sezioni della città affluivano gli altri. Si creò un po’ di tensione perché vicino a noi, radunati intorno al sangue per terra, si stringevano i giornalisti, la polizia e i carabinieri. (...) Lanciarono qualche lacrimogeno. Uno colpì Stefano alla gamba, sembrava che il pantalone stesse prendendo fuoco. Stava accanto a me, lo vidi chinarsi per vedere che cosa fosse successo, appena si rialzò fu colpito e cadde a terra. Io pensai a un candelotto, provai a soccorrerlo, ma quando gli misi la mano sotto la testa per sollevargliela e vidi il sangue, capii che era stato un proiettile. Fu quel morto a fare la differenza. Perché non era giusto che morisse e per il successivo comportamento del partito verso chi l’aveva ucciso (...) segnò la rottura definitiva di molti di noi con il Msi. Quell’atteggiamento tiepido e imbarazzato nei confronti di chi aveva ucciso Stefano significava che erano disposti a sacrificarci pur di non mettersi contro le forze dell’ordine. Non poteva più essere casa nostra».
• Nel settembre del 2008 le venne concessa la libertà condizionale e dal settembre 2013 la sua pena è definitivamente estinta. Collabora con l’associazione Nessuno tocchi Caino (quella contro la pena di morte) e con il Partito Radicale.
• Nell’autunno del 2013 l’Avvocatura dello Stato le ha chiesto (insieme a Fioravanti) il pagamento di un miliardo di euro per danni dovuti alla «lesione della personalità ed integrità dello Stato» e altri 59,8 milioni di euro per danno patrimoniale da destinare alla presidenza del Consiglio ed al ministro dell’Interno. I suoi Avvocati hanno definito la richiesta non ammissibile. «I legali ricordano che la sentenza della Cassazione di condanna definitiva per la strage risale al 1995 e si chiedono “perché l’Amministrazione dello Stato abbia aspettato 18 anni per far valere un diritto economico che si prescrive (al massimo) in dieci” (…). In proposito, segnalano anche che il reddito annuo dei due non supera di molto, per ciascuno, i 16mila euro. “Ci chiediamo come una eventuale sentenza di condanna al pagamento del richiesto importo possa essere eseguita nei confronti di due persone che, insieme, in una vita intera, non riuscirebbero a mettere insieme neanche una millesima parte di quanto preteso dagli attori”» [Sta 26/10/2013].
• «Se lei oggi incontrasse la Francesca Mambro di trent’anni fa, che cosa le direbbe? La riconoscerebbe o la prenderebbe a pugni? “Dopo molti anni e con un immenso sforzo sono riuscita a fare pace anche con lei”» (Mughini, cit.).